Market mover: Fari puntati su Fed, inflazione e Pil Usa

Economia & Finanza

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La banca centrale statunitense per la seconda volta consecutiva rialzerà i tassi di tre quarti di punto.

© MANDEL NGAN / AFP

– Jerome Powell, Fed

 

AGI – La prossima settimana l’evento clou sarà la riunione Fed di mercoledì, in cui la banca centrale Usa per la seconda volta consecutiva rialzerà i tassi di tre quarti di punto. Il mercato ha già prezzato un aumento di tale entità e una sorpresa ‘falco’ di un punto percentuale pieno, sebbene di questi tempi non sia del tutto da escludere alla luce della mossa a sorpresa della Bce, appare improbabile dopo le dichiarazioni dei membri del Fomc delle ultime due settimane. In area euro il dato più atteso è quello sull’inflazione preliminare di luglio di venerdì prossimo, attesa in ulteriore rialzo.

Da monitorare venerdì, sempre in area euro, i primi dati sul Pil del secondo trimestre delle principali economie, con un’attenzione particolare a quello francese, che potrebbe registrare una recessione tecnica in caso di andamento negativo nel secondo trimestre, e a quello tedesco che, dopo il forte calo dell’Ifo degli ultimi mesi, potrebbe anche registrare una crescita nulla o addirittura una contrazione. Sempre in Europa resta tesa la situazione sul fronte energetico, visto che l’incertezza sulle forniture del gas russo continua.

In Gran Bretagna lunedì sarà interessante seguire il dibattito televisivo tra i due candidati rimasti in lizza per la leadership del partito conservatore, Rishi Sunak e Liz Truss. Negli Usa, il circoletto rosso è per giovedì quando sarà diffusa la prima lettura del Pil nel secondo trimestre (in prima lettura). Il dato è previsto in lieve crescita, anche se il modello della Fed di Atlanta si attende un calo dell’1,6% congiunturale annualizzato che, se confermato, determinerebbe una recessione tecnica negli Stati Uniti.

Entra intanto sempre più nel vivo la stagione delle trimestrali, con l’arrivo di quelle di parecchi big Usa, tra cui Alphabet, Amazon, Apple, Microsoft e Meta Platform. In Europa usciranno invece i risultati di Bnp Paribas, Deutsch Bank e di diverse società importanti italiane, tra cui Enel, Eni e Intesa Sanpaolo.

Nella settimana appena trascorsa le Borse hanno rimbalzato, ma sono anche cresciuti i segnali di recessione. “Quello iniziato a luglio potrebbe non essere ancora il trimestre del rialzo delle Borse – dice Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte – siamo ancora in una fase ribassista, inframmezzata da rimbalzi temporanei.

Il motivo base? Questo è il trimestre in cui la liquidità non verrà aggiunta ma verrà tolta dalle banche centrali. Il Qe non c’è più e in alcuni Paesi tra cui gli Usa assistiamo a un drenaggio di liquidità. La settimana prossima molto dipenderà dalle trimestrali, visto che escono i risultati dei big come Apple, Amazon, Alphabet. Poi, nel corso del trimestre, il drenaggio di liquidità si farà sentire, il che potrebbe mettere i mercati sotto pressione. Soprattutto entrando nel pieno dell’estate, ad agosto e settembre.

A settembre la Fed raddoppierà i tagli di bilancio, portandoli a 95 miliardi di dollari al mese. E inoltre i mercati fiuteranno sempre più la recessione in arrivo”. Insomma, è chiaro che lo scenario sta rapidamente cambiando. “Il primo trimestre – spiega Cesarano – avevamo tassi al rialzo, commodity al rialzo e Borse al ribasso. Adesso, con l’inflazione alle stelle e la recessione alle porte nel 2023, abbiamo tassi in calo, commodity in calo e Borse in calo.

Tuttavia c’è anche un’importante postilla di cui tener conto e cioè che i tassi in calo danno una mano a un comparto, il cosiddetto ‘growth’, tra cui figurano i tecnologici, in particolare il settore dei chip, che nei prossimi sette giorni dovrebbe ricevere un bel regalo. Negli Usa infatti è in dirittura d’arrivo una legge, sponsorizzata dalla Speaker dem della Camera, Nancy Pelosi, che finanzia con circa 50 miliardi di dollari (più un cospicui credito d’imposta) il reimpatrio della produzione di chip negli Stati Uniti. E questa legge nel breve potrebbe dare una spinta al settore tech”.

CRESCE LA PAURA PER LA RECESSIONE

La settimana appena passata è andata bene per l’azionario. I listini europei hanno guadagnato circa il 3%, il Nasdaq è salito quasi del 4% e l’S&P del 2,6%, probabilmente per reazione a un eccessivo pessimismo nel breve, come segnalata dal recente sondaggio di BofA ML. I mercati se lo sono scrollati di dosso e c’è stato un ‘rimbalzinò. “Tuttavia i mercati hanno ricominciato anche a pensare alla recessione – nota Cesarano – e c’è stato un marcato calo dei tassi, con il Bund decennale tedesco che è tornato all’1% e il T-bond Usa a 10 anni al 2,79%”.

Il motivo? Venerdì scorso sono usciti diversi Pmi, i dati anticipatori di Markit, riferiti al mese di luglio, parecchi dei quali, sia in area euro sia negli Usa, sono scesi, a sorpresa, sotto la soglia dei 50 punti, che separa le fasi di contrazione da quelle di espansione.

“Questo per i mercati – segnala Cesarano – è suonato come un campanello d’allarme, facendo calare i tassi dell’obbligazionario”. In particolare, il Pmi servizi negli Stati Uniti è sceso a 47 punti, il minimo dal 2020 e anche il Pmi servizi in Germania è calato, scendendo a 49,2 punti. “Tutto ciò – dice Cesarano – ha portato i mercati a pensare alla recessione.

I mercati obbligazionari la vedono in arrivo nel 2023, anche se la settimana prossima escono i dati del secondo trimestre del Pil Usa, che nei primi tre mesi dell’anno ha già registrato una contrazione congiunturale dell’1,6%. Se i dati sul Pil del secondo trimestre Usa di giovedì prossimo segnalassero un calo del Pil (al momento il consenso ipotizza un rialzo), si potrebbe prefigurare una recessione tecnica.

Inoltre, i Pmi di luglio mostrano una contrazione anche nel settore dei servizi sia negli Usa, sia in Germania, che rappresenta la fetta maggiore dell’economia. E questo per i mercati sono tutti segnali preoccupanti”. C’è in atto un rallentamento dell’economia globale, come dimostra anche il calo generalizzato dei prezzi delle materie prime. “Il mal di recessione è evidente”, ribadisce Cesarano.

Perfino le trimestrali, che pure negli Stati Uniti non stanno andando male, brillano soprattutto per i dati consuntivi, mentre le guidance, cioè le previsioni per l’anno prossimo, in alcuni casi zoppicano. Per esempio, Tesla è andata bene sui dati consuntivi ma, quando a Elon Musk hanno chiesto delle prospettive future, lui non si sbilanciato. Ha detto “non lo so, futuro incerto, vi posso solo dire che la domanda delle mie auto è nettamente superiore alla mia capacità di produrle”. Risposta sibillina, ma che non suona per niente rassicurante.

MERCOLEDI’ FED RIALZA TASSI, ATTESO AUMENTO

0,75% La Fed mercoledì dovrebbe rialzare i tassi di 75 punti base. Sembra escluso che il ritocco possa andare oltre, dopo che nelle ultime due settimane diversi esponenti della banca centrale, incluso il ‘falcò James Bullard, hanno gettato acqua sul fuoco. Stavolta non sono previste nuove stime di crescita e di inflazione, per cui l’attenzione degli investitori sarà tutta concentrata sul ‘neutral ratè, cioè su quanti rilazi la Fed ha in mente di fare di qui alla fine dell’anno. I mercati si chiedono fino a che punto la banca centrale è pronta a spingersi per ridurre l’inflazione: al 3%, al 3,5%?

“Powell potrebbe non quantificarlo – sostiene Cesarano – ma dalle sue parole si potranno ricavare informazioni utili in questo senso. Non penso comunque che da questa riunione usciranno spunti eccezionali.

La vera ‘riunione’ da cui potremo ricavare novità rilevanti sarà il simposio di Jackson Hole ad agosto. In quell’occasione la Fed avrà a disposizione dati sulla crescita più freschi in termini di calo dell’economia e lì Powell potrà essere più esplicito su quello che intende fare, che poi significa: “Intendi rallentare sul rialzo tassi, oppure no?”.

VENERDI’ ESCONO I DATI SULL’INFLAZIONE DELL’EUROZONA

Venerdì escono i dati preliminari sull’inflazione dell’Eurozona a luglio e giovedì quelli sui prezzi al consumo in Germania. La previsione è che nell’area euro l’inflazione non abbia toccato il picco e che dall’8,6% di giugno passi all’8,7%, con il dato ‘corè che dovrebbe salire dal 3,7% al 3,9%. Se confermati, si tratta di risultati che spingerebbero la Bce, dopo il rialzo di mezzo punto della scorsa settimana, ad accelerare ancora sui tassi a settembre. In Germania l’inflazione dovrebbe arratrare leggermente dall’8,2% all’8,1%.

L’altra decisione importante presa questa settimana dalla Bce è il varo del piano anti-frammentazione: lo scudo anti-spread. “Si tratta – commenta Cesarano – di un piano un pò farraginoso visto che per la sua attivazione è richiesto l’intervento diretto del Consiglio dell’istituto. Per aiutare i Paesi in difficoltà la Bce ha indicato 4 condizioni, più altre che Lagarde non ha esplicitato e che danno più margini di discrezionalità alla banca centrale. Mi sembra che sia un piano costruito con la finalità di essere un deterrente per i mercati ma anche per gli Stati, poichè li spinge a essere virtuosi nei conti pubblici. La Bce è pronta a sostenerli, ma con aiuti condizionati, non scontati.

In altre parole la Bce dice agli Stati: fate i bravi altrimenti non vi do una mano. E questo, secondo me, rispetto all’Italia che si appresta a un difficile dopo Draghi, è positivo, poichè costringerà i governi a comportarsi bene, a non sforare sul deficit e sul debito, perchè chi lo farà avrà qualcosa da perdere, sia in termini di aiuti sullo spread, sia riguardo ai finanziamenti del Recovery Plan. Così facendo, tra l’altro, la Bce si lega strettamente alla commissione europea”.

ATTESA GIOVEDI PER PIL USA, E’ RECESSIONE?

Suspence giovedì per il datio del Pil Usa del secondo trimestre, dopo che nei primi tre mesi del 2022 l’economia a stelle e strisce si è contratta dell’1,6%. La Fed di Atlanta stima una contrazione dell’1,6% anche nel secondo trimestre, mentre gli analisti prevedono un rialzo dello 0,4%, il che vuol dire che per la Fed gli Usa entraranno, seppure brevemente in recessione, mentre per gli esperti di mercato riusciranno a scamparla.

“La differenza – spiega Cesarano – la faranno i dati sui consumi, che pesano per i due terzi del Pli Usa e quelli sulle scorte. Bisognerà conteggiare bene queste due compomemti, soprattutto le scorte, che sono quelle più volatili. Comunque è già capitato che la Fed e gli analisti abbiano avuto stime così divergenti. E a volte è successo anche che le Fed abbia avuto torto”.

IN ARRIVO LE TRIMESTRALI DEI BIG, OCCHIO ALLE GUIDANCE

Martedì escono i risultati di Alphabet e Microsoft e giovedì quelli di Apple e Amazon. In settimana quelli di Meta Platforms, Airbus, AstraZeneca, Bnp Paribas, Boeing, Chevron, Ford, General Electric, General Motors, Pfizer, Procter & Gamble, Samsung, Shell, Volkswagen, Texas Instruments.

“A influire sui mercati – dice Cesarano – più che i consuntivi, saranno le guidance, le previsioni sugli utili, sui margini e sulle vendite. E da questo punto di vista ritengo che si cominceranno ad avere i primi segnali che non tutto fila liscio sui bilanci, specie se arriveranno gli annunci di tagli sulle asuunzioni e sui posti di lavoro. è sulle prospettive di fatturato e sui margini che le aziende risentono di più l’effetto della possibile recessione in arrivo”.

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