A Civitanova Marche la sfilata senza bandiere di parte, ma solo quelle della Nigeria e con i colori dell’arcobaleno. In corteo anche la vedova Charity Oriakhi e i fratelli.
di Michele Romano
AGI – La moglie Charity Oriakhi e tutti i parenti con una t-shirt nera e la scritta ‘Justice for Alika’, la comunità nigeriana in maglietta verde o bianche con l’immagine del connazionale ucciso lo scorso venerdì e in inglese la frase ‘Tutti abbiamo diritto di essere vivi’, la stessa impressa su uno striscione con i colori della bandiera della Nigeria: le due bande verdi (a rappresentare le foreste) e quella centrale bianca (a simboleggiare la pace).
Tanta gente comune in corteo, un centinaio venuti anche da fuori le Marche, in ritardo per via del traffico da ‘bollino nero’. Tra i circa 500 che hanno sfilato verso Piazza XX Settembre, qualcuno di meno secondo la questura, c’erano anche il sindaco di Civitanova Marche, Fabrizio Ciarapica, e i parlamentari dem Matteo Orfini e Fabrizio Verducci.
‘Ama il prossimo tuo come te stesso’, ‘Le vite nere contano’ c’era scritto su alcuni dei cartelli esposti dai manifestanti. Nessuna bandiera di parte, ma solo quelle della Nigeria e l’arcobaleno della pace, proprio come avevano chiesto gli organizzatori, convinti che fosse l’unico modo per onorare la memoria di di Alika Ogorchuckwu.
“Voglio giustizia per mio marito Alika: era una persona buona e tranquilla con tutti, giocava e salutava tutti”. Lo dice da giorni Charity, la moglie di Alika. Lo hanno ripetuto i cori durante il corteo: “Cosa vogliamo? Giustizia. Per chi? Alika”.
E parla di pace il sindaco Ciarapica: “Civitanova non è una città razzista e tantomeno indifferente o insensibile. Il gesto di una persona non può essere accomunato alla nostra comunità che è sempre stata accogliente, ospitale e aperta, ha sempre lavorato per la pacifica convivenza ed è rimasta attonita dopo questo fatto terribile”.
In piazza XX Settembre si sono ritrovati tutti per i discorsi ufficiali. Charity, i due fratelli di Alika, i rappresentanti della comunità nigeriana e un unico filo conduttore: la morte di Alika “non c’entra con il razzismo, ma si è trattato di un fatto di una violenza disumana”.