Buon viaggio Direttore Nicola Cariglia

Attualità & Cronaca

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Mi unisco con molta umiltà ai tanti che hanno voluto ricordare l’illustre direttore Nicola Cariglia .

Non lo conoscevo personalmente,ho avuto modo di incontrarlo virtualmente con le video chiamate di WhatsApp grazie al mio valido Co-direttore Daniela Piesco.

Quando Daniela iniziò a collaborare con me mi chiese di conoscere il Direttore di Pensalibero con il quale aveva istaurato un rapporto di profonda stima , fiducia e simpatia.E’ inutile dire che accolsi con piacere la sua richiesta.

In una delle nostre videochiamate discutemmo sul futuro dei giovani, che amo tanto, e sulla serietà con la quale portare avanti la nostra missione di giornalisti.

Si perché questo cari lettori è un mestiere, ma non come tanti. Non é una cosa che fai andando a lavorare alle 9 del mattino e uscendone alle 5 del pomeriggio; è un atteggiamento verso la vita che muove dalla curiosità e finisce col diventare servizio pubblico: è missione.

Non è un semplice mestiere non un modo di guadagnarsi da vivere, ma qualcosa di più, che ha una grande dignità e una grande bellezza, perché è consacrato alla ricerca della verità. Ecco il suo valore morale, avvertibile nel modo di raccontare, nel presentare i fatti. Certo la scuola, anche una scuola ad hoc, aiuta, ma è propedeutica, perché nessuna scuola potrà mai insegnarti la missione, non ti dà quella cosa in più di cui hai bisogno: la vocazione. E certe scuole di giornalismo mi hanno fatto l’impressione di essere frequentate da seminaristi senza vocazione. Se uno fa il meccanico e lo fa bene, nulla da dire; ma se uno fa il prete, per farlo bene deve avere qualcosa in più. E il giornalista è come il prete: deve avere la chiamata, la vocazione, sentire la missione

Ricordo che le parole di Cariglia in una delle nostre tante conversazioni:

Caro Antonio senza vocazione, non è un mestiere da fare. Nasce da questo la mia delusione, il mio risentimento, la mia tristezza dinanzi allo stato del giornalismo italiano, dove ho la percezione che ci sia qualcosa, se non proprio di bacato, di distorto. Certo ci sono colleghi bravi e dignitosi, che apprezzo e stimo; ma complessivamente trovo una contiguità, un ossequio, un servilismo nei confronti del potere che sono il contrario di quel concetto di ‘quarto potere’ che dovrebbe caratterizzare il lavoro del giornalista”.

Eh sì Nicola una notizia non dev’essere pubblicata se non è stata controllata. E in Italia, che pure ha tante cose belle, manca la professionalità, manca il rispetto per la notizia, manca ogni tipo di punizione non per chi sbaglia, ma per chi sbaglia per cialtroneria, per chi non tiene assolutamente conto dei diritti del lettore a essere informato correttamente. Il nostro è un grande mestiere, di straordinaria importanza, paragonabile a quello di un medico. Anche chi scrive può influire sulla vita di una persona: la vita si può togliere in tante maniere. E allora ecco la necessità della dignità, che deve essere conquistata (o riconquistata) attraverso il perseguimento testardo, disciplinato di quella cosa che peraltro si sa che non esiste: la verità. Che è un’approssimazione: ognuno di noi vi si avvicina attraverso una ricerca continua, che è il bello della professione; è come mettere un mattone sopra un altro mattone, per costruire una casa.

Per tutta la vita caro Nicola abbiamo perseguito i fatti, e poi ci siamo resi conto che i fatti non sono tutta la verità, ma anzi spesso la nascondono, costituiscono uno schermo.

Ma occorre comunque partire di lì, dai fatti, e dal loro controllo, prima di scrivere una notizia, un articolo.

Conoscerti è stato un onore e conserverò, nel cuore ,le nostre bellissime chiacchierate .

Buon viaggio Direttore.

Antonio Peragine 

 

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