La protezione civile chiamò i Comuni delle Marche dopo le 22

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L’operatore era da solo perché “sulla base del bollettino emesso e sul codice colore (l’allerta era giallo, ndr.), le procedure non prevedevano il raddoppio di sala”-

AGI – L’unico operatore presente nella sala operativa della protezione civile chiamò al telefono i comuni “dopo le 22”, ma le telefonate non furono dirette ai sindaci. È quanto emerge dalla ricostruzione di Susanna Balducci, responsabile della sala operativa della protezione civile della Regione Marche, a proposito di quanto accaduto la notte dell’alluvione, fra il 15 e il 16 settembre scorsi.

L’operatore era da solo perché “sulla base del bollettino emesso e sul codice colore (l’allerta era giallo, ndr.), le procedure anche codificate con delle delibere di giunta ben precise, che vengono condivise con il territorio, con i prefetti e con i sindaci, non prevedevano il raddoppio di sala e soprattutto non prevedevano che fossero attivati sul territorio i centri operativi deputati a prevenire e ad intervenire prontamente per questo evento”.

Secondo il racconto della responsabile, “quando nel tardo pomeriggio, le chiamate in sala operativa hanno cominciato ad arrivare”, l’operatore si è confrontato con il funzionario reperibile e ha richiesto il supporto di un altro collega reperibile. Tutto questo è accaduto “indicativamente intorno alle 21.30”.

La catena di allertamento di quella notte, standard rispetto alle previsioni inziali, è partita solo quando “l’idrometro significativo del Misa” ha superato la soglia di allarme: a quel punto è suonato l’allert all’operatore di sala (erano passate le 22), il quale visto che la situazione evolveva velocemente ed era “talmente caotica per quello che stava accadendo, ha preferito fare le telefonate direttamente a tutti i comuni“.

Balducci non ha fatto alcun riferimento a chiamate indirizzate ai sindaci, ma ha sottolineato che “i nostri operatori si erano sentiti con molti Comuni proprio per confrontarsi, così come fanno gli stessi Comuni per chiederci cosa poter fare e metterlo in atto”.  “La risposta – ha aggiunto – è, ovviamente, attuare il proprio piano di emergenza comunale, dove all’interno ci sono le procedure che permettono di garantire in primis l’assistenza alla popolazione”.

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