Intervista a Danilo Bruno, un mazziniano nel XXI secolo

Arte, Cultura & Società

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In questo momento di estrema delicatezza intervistiamo un intellettuale, Danilo Bruno, la cui vicenda politica ha attraversato varie fasi della sinistra italiana degli ultimi decenni, denotandosi per una costante e incrollabile fede negli ideali mazziniani. Una di quelle figure che privilegiano l’analisi critica della storia per comprendere a fondo gli attuali fattori di trasformazione sociale. La conversazione verte sul valore che possono assumere arte e cultura quando si punta a rafforzare la società civile, la coesione sociale, la libertà di espressione, dedicando particolare attenzione ai contesti comunitari, con accenni ai nuovi fronti sui quali in questa era  – il “Globantropocene mediatizzato” – si gioca questa cruciale partita: “sociatria” e “sociurgia”. Viene introdotta infine la sua ultima fatica letteraria: “I doveri dell’uomo di Giuseppe Mazzini”.

D: Qual è oggi a parere tuo la funzione sociale dello scrittore? Può esprimere un valore in termini di “Sociurgia” (*)?

R: Lo scrittore deve esprimere le proprie valutazioni e sensazioni anche se il termine “scrittore” è molto vasto .Io preferisco nel mio caso anche per ragioni di studio definirmi storico ovvero colui che interroga i mutamenti sociali e il mondo in una prospettiva di lunga durata in modo da coglierne i movimenti , le relazioni sociali e ciò che si è costruito nei secoli. Una relazione di “sociurgia” nel senso che mi hai espresso apre il dibattito ad una comprensione della storia come storia delle mentalità ed anche della cultura materiale e quindi all’idea della “nuova storia” ,come elaborata da Braduel, Le Goff,Duby, Lucien Febvre,…ove prima o poi le scienze umane si sarebbero ricondotte ad unità per lavorare insieme e fornire utili strumenti per la comprensione del mondo e del suo futuro. In particolare ciò deve essere colto oggi dove uomini e donne devono giungere a comprendere che viviamo in una serie di reti e relazioni sociali ed ambientali dove la complessità va compresa , studiata per adeguarsi ad essa ma non per cambiarla.

D: L’arte può rappresentare una cura dei mali di questo mondo corrotto?

R: Io credo che “l’arte” sia un concetto generico e mutevole. Penso invece che, ad esempio, la concezione mazziniana, che vedeva nell’arte e nella cultura lo scopo assegnato all’Italia da Dio nella sua vocazione di progresso, esprima bene un concetto di arte intesa come ricerca e come strumento per giungere progressivamente all’affermazione di concetti, che superino i confini nazionali e il nazionalismo per giungere alla creazione di una nuova cittadinanza europea. In Italia occorre riaffermare il valore della ricerca scientifica in campo umanistico e soprattutto giungere finalmente a consentire condizioni di lavoro dignitose a chi opera nei settori culturali ed artistici.

D: La vera arte prevede un codice d’onore per il quale il messaggio sotteso alla propria opera vale per l’artista con lo stesso senso sacro della parola data?

R: Confesso che “la parola data” mi spaventa un po’. Se opero nel  campo della ricerca storica come posso pensare che ciò che ho scritto possa assomigliare alle “tavole della legge”? In questi anni io, ad esempio, se dovessi rivedere ciò che ho scritto nei decenni addietro mi verrebbe voglia di rivederlo nell’impostazione e magari nei contenuti anche alla luce di ciò che ho maturato o ho elaborato successivamente. Se si accetta questo dato la ricerca storica assume un valore scientifico di contributo per il divenire e ciò che si è scritto può far parte della “buona fede” di chi ha scritto, che però mantiene la possibilità di cambiare opinione. Ti faccio un esempio: sono stato iscritto al PdUP, al PCI e dopo essermi opposto al suo scioglimento ho militato in varie formazioni della sinistra comunista finche’ sono giunto alla considerazione che solo da sinistra liberale di Parri, Rosselli, Gobetti e Mazzini potessero giungere idee concrete per una crescita civile e soprattutto per una educazione morale del paese.

D: L’arte è una risposta concreta alle tante parole vuote di larga parte di intellettuali e politici?

R: La parola ” arte”, come ho detto prima è ampia e larga. Io preferisco parlare di patrimonio storico artistico, architettonico, archeologico, paesaggistico e naturale della nazione. Esso deve essere tutelato, conosciuto, studiato e valorizzato fino a diventare l’asse portante di una nuova cittadinanza attiva nazionale ed europea. Non esistono altre soluzioni o si parte dalla scuola, dove deve essere ridotto il rapporto insegnanti/ alunni per una didattica coinvolgente contro l’ abbandono scolastico o non si va da alcuna parte.

D: La vera arte, nel caso tuo la scrittura, ha prima di tutto un valore di rappresentazione o uno di catarsi?

R: La scrittura o meglio la ricerca storica per me non è né rappresentazione né tantomeno catarsi ma piuttosto “comprensione” ovvero io cerco di fornire elementi utili alla comprensione del mondo e delle relazioni sociali e culturali, che in esso si realizzano poiché, come sosteneva Mazzini, uomini e donne devono crescere in forma associata poiché al di fuori non vi è né libertà, né democrazia.

D: Tornando alla seconda domanda, se introduciamo il concetto di sociatria (**), mi pare che anche tu ti ponga sul fronte della sua affermazione nell’arte e con l’arte. Questo nella misura in cui la sociatria, attraverso l’arte, può generare una via di verità, alimentando la mente, rieducare o, quantomeno, scongiurare la crescente e pericolosa carenza di pensiero, oltre che tendere ad avvicinare la persona alla virtù, sino a ritrovare in senso un più ampio un rispetto dell’umanità. Più in generale, c’è l’attenzione posta verso l’apertura ad una visione culturale ampia, dove possibili intersezioni fra gli ambiti morale, artistico, economico, educativo, giuridico, religioso…, se da una parte spronano l’individuo alla risoluzione del contrasto di turno, dall’altra schiudono un percorso di crescita. Che cosa ne pensi?

R: Il mondo oggi è complesso e bisogna mantenere e costruire relazioni sociali e culturali, che impediscano di vedere nell’altro o in chi ha opinioni diverso il nemico. Noi dobbiamo coltivare un mondo multipolare e soprattutto pacifico nel senso di abbandono della guerra a favore di sistemi di lotta nonviolenta perché i contrasti si possono risolvere con la discussione così come le enormi differenze sociali esistenti sul pianeta.

Leggere le cose in chiave storica può consentire, a mio parere, una migliore comprensione delle cose e soprattutto se, tornando a quanto ho scritto prima, la storia viene colta non come mero elenco di fatti ma piuttosto come storia della mentalità o ancora meglio come storia sociale, che investe nel profondo l’analisi della società e fornisce strumenti utili  a tutte e a tutti di legge la realtà propria.

D: Viviamo un’era di repentine mutazioni, contraddittorie e talora devastanti, che si riflettono su espansione demografica, mercati finanziari ed economici allargati, nuove tecnologie e mezzi di comunicazione, ecc. che se da un lato uniscono, omologando, dall’altro dividono e annientano, non garantendo dalle molteplici forme del conflitto. C’è chi ha battezzato questa era “Globantropocene mediatizzato”(Globalizzazione + antropocene+ mediatizzazione), ti pare un termine rispondente o una iper-aggettivazione senza costrutto?

R: Confesso che mi apre un termine complesso e di cui sinceramente non sento l’utilità. Il processo di globalizzazione è ormai inarrestabile e o cogliamo che siamo in un mondo costruito da relazioni o associazioni, come diceva Mazzini, oppure veramente rischiamo la definitiva scomparsa di esso.

Credo che la lettura dei Doveri dell’uomo di Giuseppe Mazzini, di cui ho appena curato una edizione critica per Porto Seguro Editore, o della  Laudato Si di Papa Francesco siano tra le cose necessarie in questo momento.

Profilo biografico dell’intervistato.

Danilo Bruno. Nato a Imperia e residente dal 1987 a Savona. Autore di numerosi testi sul movimento popolare mazziniano tra cui di segnalano: Mazzini tra autogestione operaia e femminismo; un risorgimento del popolo. Ha collaborato con numerose riviste tra cui pensiero mazziniano, atti e memorie della società savonese di storia patria, beudana, nuova museologia. E’ socio dell’associazione mazziniana e della Domus Mazziniana di Pisa e della Società Savonese di Storia Patria. Socio di ICOM ( International Council of Museums) Italia. E’ vicepresidente della sezione Sabazia dell’ Istituto Internazionale di Studi Liguri. Ha fondato e diretto il LASA ( Laboratorio di Antropologia Storica e Sociale delle Alpi Marittime).

La sua ultima opera.

I doveri dell’uomo di Giuseppe Mazzini - commento a cura di Danilo Bruno

Edizioni: Porto Seguro ISBN: 9791254922910

I doveri dell’uomo di Giuseppe Mazzini commento a cura di Danilo Bruno

Sinossi.

Qui si vuole proporre una lettura del testo mazziniano più importante e significativo: I Doveri dell’Uomo con un commento per spiegare la visione di Mazzini che delinea chiaramente la necessità di una Italia nuova in cui tutte le persone (uomini e donne) prendano coscienza delle proprie responsabilità verso la nazione. Solo la scoperta di ciò che unisce l’Italia e soprattutto l’avvio di un grande processo educativo, individuale e collettivo, può portare alla nascita di una Repubblica democratica in cui lavoratori e lavoratrici possano trovare le ragioni della propria coscienza civile.

Nel testo si affrontano poi altri temi importanti come la questione sociale, che viene sviluppata tramite l’estensione delle cooperative e liberando lavoratori e lavoratrici dalla schiavitù del salario. Infine è presente un forte appello alla gioventù, vero motore del cambiamento sociale. Un testo di incredibile attualità unito a un commento che delucida le questioni più complesse di Giuseppe Mazzini. 

Note:

(*) “Sociurgia. In alcuni ambienti della società civile, culturali ed artistici si sta discutendo e portando avanti la concettualizzazione di un termine innovativo: «Sociurgia» (un nome composto ibrido, latino e greco, che da societas, ossia «società», + ργον, ossia «opera», letteralmente significa «opera sociale»). Si denota quindi una funzione sociale attiva, operante, in cui la promozione e la divulgazione costituiscono una dimensione che sul  fronte di cultura, arte, tradizione… inferisce tutto il resto, la conoscenza, la curiosità, la relazione, i valori sociali. Quella interdipendenza naturale, necessaria, etica che non concepisce cultura, arte, ossia tutto ciò che attiene lo spazio dello spirito, appunto, come luogo a parte, elitario e autoreferenziale, ma come bene pubblico. Mezzo comune di progresso e civiltà. Forse nulla di sostanzialmente nuovo, ma una rinnovata dialettica tra contenuti e forme, utile a creare movimento per recuperare dal passato insegnamenti, dalla presente nuova linfa e tentare di oltrepassare contraddizioni sotto gli occhi di tutti.

(**) “Sociatria” deriva da due termini: sŏcius, che in latino significa “amico” o “alleato”, mentre iatreia deriva dal vocabolo greco che corrisponde a “terapia” o “guarire”.  Nella lingua inglese. il termine “Sociatry” fu ideato da Jacob Levy Moreno, uno psichiatra rumeno, naturalizzato austriaco e statunitense, che, a metà del XX secolo, concepì innovative teorie e metodi basati su una nuova forma di ricerca attiva (action methods), oltre che su un nuovo approccio sistemico della psichiatria sociale. Fu, infatti, il creatore dello psicodramma, del sociodramma, della sociometria e di quella che egli chiamò la sociatria, la cura della società attraverso il gruppo.

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