La Prima Generazione (certa) di nostri Migranti ha completato la sua fase d’inserimento nei Paesi ospiti nel 1930. Erano, quelli, gli anni tra i due conflitti mondiali e il Vecchio Continente aveva aperto le sue frontiere per lavori che i locali non intendevano più esercitare. La Seconda Generazione è finita nel 1970. In tempi assai meno amari dei precedenti. L’intolleranza non era del tutto debellata, ma la nostra Comunità già aveva iniziato quel percorso d’integrazione che si sarebbe completato con l’affermarsi della nostra Terza Generazione. Inquadrata col 1990.
Nata all’estero, sempre meno psicologicamente italiana e molto bene assimilata con la società ospite. Questa fitta umanità andrà a terminare il ciclo di monitoraggio quest’anno. Fuori d’Europa, il processo d’integrazione è stato anche più rapido. Per l‘America meridionale è normale scrivere già di Quarta Generazione. In pratica di cittadini, con passaporto nazionale, che non parlano neppure bene la loro lingua originaria ed hanno più interessi nel Paese che li ospita che nella lontana Italia.
I futuri cicli generazionali andranno a perdere le tradizioni, la cultura, le usanze della Penisola e l’italianità saranno più un senso di nostalgia del passato, che orgoglio d’origine. Ne prendiamo atto; non potendo fare altrimenti. L’Italia dei Migranti nel Vecchio Continente ha terminato la sua impresa storica. Ora sono tutti cittadini europei.
Manca, però, sempre un giusto peso politico, in pratica di rappresentatività, per gli eletti nel Parlamento italiano dall’estero. Probabilmente, prima del completarsi di questo ciclo generazione, il diritto di voto sarà modificato. Se ciò si dovesse verificare, ovviamente con una nuova legge elettorale, il concetto d’equità, a lungo cercato, potrebbe completarsi. Più che un auspicio ci sembra una certezza.
Giorgio Brignola