Le storie appassionanti di Felicia Kingsley

Arte, Cultura & Società

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Intervista a cura di Mariangela Cutrone

Felicia Kingsley, una delle scrittrici di romance tanto amata e acclamata in Italia, è tornata in libreria con il tanto atteso “Ti aspetto a Central Park”, edito da Newton Compton, una commedia romantica ambientata nel mondo editoriale odierno.  Quella della Kingsley è storia appassionante in cui l’amore per i libri regna sovrano e guiderà i suoi protagonisti verso un’avventura sorprendente e memorabile che appassionerà il lettore pagina dopo pagina. Sarà difficile per quest’ultimo staccarsi da questo libro perché Victoria e Knight con i loro battibecchi, i loro ideali e passioni, il loro passato e le loro vite che improvvisamente si intrecceranno e di cui l’una non potrà fare a meno dell’altra, diventano come degli “amici” che si fa fatica salutare dopo aver trascorso con essi momenti magici e densi di emozione.

“Ti aspetto a Central Park” fa venire voglia di immergersi nel mondo dei libri per vivere innumerevoli vite delle quali scoprire l’essenza e con le quali colorare la quotidianità di sfumature accese e non ordinarie. Il romanzo ci fa esplorare il mondo editoriale odierno rivelando dinamiche e meccanismi che si danno per scontato e anche una serie di pregiudizi che si nutrono nei confronti del romance che nonostante ciò costituiscono il genere letterario più letto e venduto perché capace di far sognare ad occhi aperti il lettore.

Del genere romance, di amore litigarello e di come nascono le sue appassionanti storie e i suoi personaggi singolari conversiamo piacevolmente con Felicia Kingsley in questa intervista.

Com’è nata l’ispirazione per la creazione di due personaggi singolari con Victoria e Knight?

Da quando ho cominciato a pubblicare con la Newton Compton, anno dopo anno, sono entrata in contatto con il mondo dell’editoria e ho imparato tanto sull’industria del libro: i meccanismi che muovono il mercato, le regole che regolano il lavoro in casa editrice, il dietro le quinte degli addetti ai lavori. Così ho deciso di raccontare una storia d’amore che in fondo sono due: quella tra due persone e quella per i libri, guidando i lettori all’interno di una casa editrice, svelando loro trucchi e segreti della cucina editoriale.

“L’amore non è bello se non è litigarello” come si evince nel rapporto tra Victoria e Knight?

In parte. Nella realtà temo di no, ma nei romanzi il conflitto dà origine a confronto e crescita dei personaggi, e rende i loro scambi credibili e stimolanti. 

Come emerge dal tuo romanzo perché secondo te ci sono tanti pregiudizi nei confronti del genere romance?

La cultura patriarcale non risparmia nemmeno il mondo editoriale: dato che il romance è scritto e letto soprattutto dalle donne, svalutare il genere porta in automatico a una svalutazione di autrici e lettrici. Personalmente, con le opinioni di chi giudica il romance senza conoscerlo, ci incarto il pesce. Sono orgogliosa delle storie che scrivo, di quelle che leggo, consiglio i romance che ho amato con vivo entusiasmo e ogni volta che mi viene detto: “Ho iniziato a leggere grazie a un tuo romanzo”, sento di aver fatto la mia parte. Il romance non ha bisogno di avvocati, i numeri parlano da soli.

Perché il romance è sempre stato amato più da lettrici femminili rispetto a quelli maschili?

Non saprei, bisognerebbe chiederlo agli uomini. Però già nell’infanzia c’è questa dicotomia: le bambine leggono le storie a prescindere dal gender dei protagonisti e dalla tematica, ma la stragrande maggioranza dei giovani lettori legge solo storie con protagonisti maschili.

Il tuo romanzo insegna che ad ogni “lieto fine” corrisponde un “lieto inizio”. Come ci spiegheresti il concetto?

Ogni romanzo è un viaggio, nei romanzi d’amore il viaggio è l’innamoramento, due persone che si avvicinano e sviluppano un sentimento e all’ultima pagina decidono di proseguire la vita insieme. Quella non è la fine, è l’inizio della loro vita di coppia.

Un messaggio che si coglie dal tuo romanzo è che non dobbiamo mai lasciare tacere il bambino che in ognuno di noi come accade e Kinght. Come mantenerlo allenato?

È difficile, credo che ciascuno debba trovare il proprio modo per tenere vivo il bambino dentro di sé. Forse, la migliore delle partenze è essere sempre sinceri con sé stessi. I bambini non dicono bugie, imparano a dirle imitando noi adulti.

Una caratteristica dei tuoi romanzi è che non si può fare a meno di entrare in empatia con i tuoi personaggi. Ti è mai capitato di fare fatica a finire un romanzo proprio perché ti eri molto affezionata ai tuoi personaggi?

La fine di ogni romanzo è dolce e amara allo stesso tempo: c’è la gioia di aver dato vita a un’altra storia e averla vissuta parola per parola, tuttavia porta con sé anche la triste consapevolezza di dover salutare degli amici (perché a questo punto posso chiamarli amici, non più solo personaggi) con cui si è trascorso molto tempo. Devo dire che in me la sensazione di malinconia dura poco, perché alla porta ho già nuovi amici da fare entrare e che non vedo l’ora di conoscere.

Un romance di successo come deve essere?

Da lettrice dico che un romance deve intrattenermi, emozionarmi, divertirmi, farmi innamorare, avere dialoghi brillanti e un ritmo tale che mi imponga di girare una pagina dopo l’altra. Devo poter vedere il film che si proietta nella mia testa. La scoperta dell’anno è stata la Hoover, e se volesse darci la sua ricetta la prenderei volentieri.

A chi consigli la lettura di “Ti aspetto a Central Park”?

Visto che ne abbiamo parlato prima, lo consiglierei a chi non ha mai letto un romance, purché lo legga senza pregiudizi, abbandonandosi alla storia, dandole fiducia; non a caccia di errori, contraddizioni o cadute di tono, altrimenti non vale. Se ci si avvicina alla lettura così, nessun libro si salva.

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