Il lavoro 

Diritti & Lavoro

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Senza un lavoro, diritti e doveri si elidono e non rimane nulla per vivere decorosamente In Italia, come nel resto del mondo. Al tramonto di questo 2022 è difficile azzardare previsioni sul fronte occupazionale. In poco tempo, la crisi nazionale ha mostrato il suo aspetto più drammatico. Una realtà che ci portiamo appresso come un fardello sempre più pesante. In tanto squallore, forse, qualche distinguo è ipotizzabile.

Intanto, c’è da tener conto dell’età dell’aspirante a un’occupazione. Poi, si dovrebbe prendere in esame il tipo di lavoro che il nostro mercato richiede. In ultimo, solo per motivi d’elencazione, resta la prospettiva di chi non ha lavorato mai e di chi il lavoro lo ha perduto. Le due realtà, però, non sono la stessa cosa e, di conseguenza, rispecchiano situazioni assai differenti. Chi non ha mai trovato un’occupazione è, solitamente, un giovane. Chi l’ha perduto è un adulto; spesso con famiglia a carico. Insomma, da un lato c’è l’adolescente che “sopravvive”, dall’altro c’è l’adulto che “soccombe”. Del resto il concetto “vado a vivere da solo”, tanto in voga negli anni ’80, oggi non è neppure concepibile.

La famiglia, per necessità, si è allargata e i figli preferiscono non rischiare di perdere il sicuro per l’incerto. Oggi sono i pensionati a supportare quelli che sperano di maturare una pensione domani. Lo spazio generazionale si è ampliato come, del resto, la necessità di continuare, ove possibile, l’attività lavorativa. A questo livello, i contrasti politici non hanno pregio e, spesso, costituiscono una delle concause che hanno determinato il decremento occupazionale. La stessa “qualità” del lavoro sarebbe da rivedere. Soprattutto nella sostanza. Da noi il numero dei diplomati e laureati è sempre più elevato. Tanto da farci ipotizzare una sorta di “limbo” per i titolati. Nel Bel Paese le apparenze, a tutt’oggi, contano di più della sostanza. Ne consegue che la mancanza di lavoro, pur se a differenti livelli, resta una piaga tipicamente nazionale che non ha parametri di paragone col resto dell’UE. Non a caso, sono le maestranze specializzate a lasciare la Penisola e le attività intermedie sono occupate da cittadini extracomunitari che hanno saputo utilizzare, al meglio, quello che il nostro mercato ancora offre.

Quando, poi, sono i politici a farsi carico del problema, la situazione si complica. Il rapporto tra chi offre lavoro e chi lo chiede non può basarsi unicamente su normative che non tengono conto di un mercato nel quale la concorrenza è tanto più spietata quanto maggiore è il divario tra “richiesta” e “offerta”. Per investire in futuro servirebbero diversi rapporti tra chi ancora capitalizza e chi non è nelle condizioni di poterlo fare. Tra la teoria e la pratica rimane, come sempre, la politica.

Giorgio Brignola

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