Confermata anche in appello l’accusa di mafia al clan Casamonica

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La Corte ha accolto le richieste della procura generale che, lo scorso 11 ottobre, aveva sollecitato la conferma delle condanne emesse in primo grado a carico di 40 persone accusate, tra gli altri reati, anche di associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, estorsione, usura e detenzione illegale di armi

di Edoardo Izzo

© Agf
– Blitz carabinieri in una villa dei Casamonica

AGI – Il Clan dei Casamonica è mafia anche per la Corte d’Appello di Roma. I giudici hanno confermato, dopo oltre 6 ore di camera di consiglio, l’accusa al clan nel corso del processo a carico di circa 40 persone accusate, tra gli altri reati, anche di associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, estorsione, usura e detenzione illegale di armi.
La Corte ha accolto le richieste della procura generale che, lo scorso 11 ottobre, aveva sollecitato la conferma delle condanne emesse in primo grado.

Il sostituto procuratore generale Francesco Mollace, con i pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani applicati nel procedimento, in aula avevano ribadito le accuse per il clan chiedendo inoltre l’accoglimento dell’appello proposto dai pm sulle assoluzioni relative ad alcuni capi di imputazione.

“L’indagine della procura di Roma ha posto fine allo strapotere dei Casamonica. Un clan da anni a braccetto con Banda della Magliana e poteri forti della Capitale”, aveva detto Mollace nel suo intervento.

Un clan, aveva sottolineato il pm Musarò, “con una forza di intimidazione impressionante. La galassia Casamonica è quella peculiare struttura dell’organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c’è ‘bisogno'”.

È una sentenza equilibrata. Sono state escluse alcune aggravanti e altre confermate, è stata confermata l’impostazione accusatoria. La procura di Roma ha svolto un gran lavoro e questo è un grande risultato”. Ha detto il sostituto procuratore generale Mollace commentando dall’aula bunker di Rebibbia la sentenza d’appello sul clan Casamonica

Si tratta di “una sentenza che si incanala nel solco di altre sentenze come quelle sui clan Spada, Fasciani, Gambacurta che hanno riconosciuto l’esistenza della mafia nel territorio laziale”, ha aggiunto Mollace, che ha rappresentato in aula l’accusa insieme ai pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani.

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