Svelato l’ultimo cablo della più grande spia del Mossad

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A quasi sessant’anni dalla sua impiccagione a Damasco, emergono nuovi dettagli sulla cattura di Eli Cohen al quale è stato dedicato un museo. La sua storia ha ispirato anche una celebre serie tv

di Cecilia Scaldaferri

© MENAHEM KAHANA / AFP –

 

AGI – A quasi sessant’anni dalla sua esecuzione, il Mossad ha svelato l’ultimo cablogramma inviato da Eli Cohen poco prima che venisse scoperto dai siriani a Damasco.

La storia di una delle più famose spie israeliane è ancora ammantata da incertezza e polemiche, soprattutto riguardo ai motivi della sua cattura: gli storici ancora si chiedono se sia stato incauto, inviando troppi messaggi che alla fine sono stati intercettati, o se siano stati i suoi superiori a fare troppe pressioni tanto da farlo scoprire.

Inaugurando un museo a lui intitolato a Herzliya, il capo del Mossad David Barnea ha rivelato al grande pubblico il contenuto dell’ultimo cablo di Cohen, sostenendo che non c’è nessuno da “incolpare” per la sua fine. “Semplicemente le sue trasmissioni sono state intercettate e triangolate dal nemico”, ha affermato, sottolineando che succede anche ai migliori e “lui lo era”. Nel messaggio, la spia riferiva di un incontro tra l’allora presidente siriano Amin al-Hafez e gli alti comandi militari nel pomeriggio del 19 gennaio 1965, giusto poco prima di essere preso.

Di Cohen, Barnea ha lodato lo “spirito combattivo, il coraggio, i valori e la devozione” a Israele, ricordando “il suo sacrificio e la sua dedizione”.

Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1924 da una famiglia ebraica siriana di Aleppo, nel 1957 lasciò l’Egitto per lo Stato ebraico dove si arruolò nell’intelligence israeliana e venne scelto per quella che divenne una delle più famose operazioni sotto copertura del Mossad.

Dopo un periodo in Argentina, dove si costruì il personaggio di un intraprendente imprenditore siriano erede della ricchezza di uno zio, si trasferì a Damasco dove entrò in contatto con il bel mondo siriano e divenne un noto esponente dell’alta società.

Per cinque anni, ‘armato’ di una radio-trasmittente e una chiave per linguaggio morse, passò informazioni sostanziali agli 007, tanto da permettere allo Stato ebraico – anche dopo la sua morte nel 1965 – di prevalere sui vicini Stati arabi nella guerra dei Sei Giorni.

Venne catturato a Damasco il 19 gennaio e impiccato sulla pubblica piazza quattro mesi dopo. La sua storia è stata portata di recente sul piccolo schermo dall’attore Sasha Baron Cohen con una serie per Netflix che ha riscosso grande successo.

Il mistero ammanta anche la sua sepoltura: non si conosce l’ubicazione delle sue spoglie, della cui ricerca si sarebbero occupati nel 2021 i russi nell’ambito di complessi negoziati tra i due vicini mediati da Mosca. Ma alla notizia, in parte confermata dall’allora premier Benjamin Netanyahu, non è seguita alcuna svolta.

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