Il Bari, il mercato finito e Pirandello

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Che dovesse essere un mercato al risparmio era risaputo. Bari non è Napoli dove i milioni di euro si spendono, con raziocinio, ma si spendono senza tanti investimenti in prospettiva ma per competere per lo scudetto e per la Champions. Bari è Bari, la società satellite della Filmauro che, una volta arrivata in B e dopo aver passato i vari “Rubiconi” della D e della C con grande capacità imprenditoriale e spendendo soldi a fondo perduto, deve andare avanti con ben altri risparmi. Era risaputo, inutile girarci intorno, ed è inutile fare parallelismi che non reggono. Però è altrettanto inutile far finta di nulla: dai De Laurentiis era lecito attendersi qualcosa in più in termini di rinforzi di spessore anche perché nessuno, qui, voleva vedere spendere decine di milioni ma almeno qualcosa in più che prestiti di giovani promesse si poteva fare. Sono arrivati Benali e Molina, giocatori esperti che, però, non fanno impazzire la tifoseria. Ma tant’è. Forse si è appena rinforzato, chissà.

Certo, si può non condividere l’operatività della società e riteniamo che Ciro Polito, deux ex machina della stessa, c’entri poco perché sta ottenendo il massimo con poche risorse a disposizione e, occorre ammettere, fino adesso ha sbagliato poco, molto poco, forse il solo Di Gennaro è stato un flop ma lui non ha particolari colpe dal momento che dal giocatore ci si aspettava che giocasse, appunto, da Di Gennaro che eravamo abituati a vedere e ad ammirare, ed invece è stato una meteora che non ha lasciano segno.

Diciamo anche che è mancato il “colpo finale” quel colpo che avrebbe potuto essere il valore aggiunto, colui che avrebbe potuto fare il salto di qualità in una rosa già abbastanza rodata e di qualità, ma ormai queste operazioni sono sempre più rare per tutti, non solo per il Bari, bisogna riconoscerlo. Del resto non ci risulta che le altre squadre, soprattutto quelle favorite per il salto in A, abbiano effettuato chissà quali “colpi”. La sola Spal, forse, ne ha fatto uno anche se occorre verificarne la tenuta e la volontà nel voler confermare il suo valore, ci riferiamo naturalmente a Nainggolan, ma la Spal annaspa ancora nei quartieri medio bassi. Forse, se proprio si vuol trovare il pelo nell’uovo, non si può fare a meno di evidenziare come mai certe operazioni debbano essere effettuate all’ultimo minuto con un mese a disposizione, soprattutto i prestiti: inconcepibile che per ottenere Matino in prestito ci si debba ridurre all’ultimo minuto.

Polito ha fatto arrivare a Bari giocatori giovani abbastanza promettenti, di prospettiva, diciamo vere e proprie scommesse ed anche calciatori da essere rilanciati che provengono, magari, da periodi in cui sono risultati fuori progetto o che hanno giocato poco nelle società di appartenenza prima di arrivare a Bari. Del resto il mercato di gennaio va sempre così, inutile pretendere Pelè a gennaio, e nemmeno il centravanti da 20 gol che si tengono ben stretto, a gennaio ci sono pochi soldi e girano solo i suddetti giocatori, “Così è se vi pare”, per citare Pirandello. Ed è anche inutile e fuori luogo star lì a dar sentenze inopportune, perché la storia ha insegnato che proprio i giocatori con scarso appeal, alla fine, sfondano e convincono. Solo il campo potrà giudicare.

Diciamo che il mercato ha detto che, quantomeno, c’è la volontà nel continuare a rimanere lì, tra le prime dieci con sguardo sempre alle spalle perché è bene tenere gli occhi sempre aperti visto l’equilibrio che regna sovrano tanto lì dietro quanto in avanti, e proprio in virtù dell’equilibrio, forse con qualche innesto in più, si sarebbe potuto puntare a cercare la promozione diretta ma evidentemente i De Laurentiis, “Uno nessuno e centomila” per quest’anno, non ne vogliono sapere deludendo una grossa fetta della tifoseria. Poi, certo, il campo potrà dire altro, ma a naso, questa squadra, per quanto competitiva, non crediamo possa lottare per i primi due posti. C’è da aggiungere che la società, oltre a puntare sui giovani, sta già provvedendo al prolungamento di alcuni contratti, su tutti quello di Maita, un ennesimo segnale di prospettiva e di volontà nel riuscire nell’intento della promozione a step by step.

Poi c’è il caso Portanova. Si è andati vicinissimi alla rottura totale tra tifoseria e società. L’Italia giornalistica (e non) ha parlato e ha diffuso l’ennesima immagine distorta di Bari, una città già abbastanza colpita da disgrazie calcistiche. E forse nemmeno la Lolita nazionale avrebbe potuto oscurare tanto oltraggio. Per fortuna ha prevalso il buon senso, ma la fritta mediatica era già fatta. Ora tutta Italia è convinta che a Bari si prendono giocatori potenzialmente stupratori, perché, poi, la gente ragiona in questi termini, per la massa sono colpevoli tranchant senza possibilità di assoluzione.

Diciamo che non si sarebbe nemmeno dovuto prendere in considerazione l’eventualità di portare a Bari il giocatore del Genoa ma non perché ritenuto colpevole, (noi siamo e saremo sempre garantisti), quello lo dirà il terzo grado di giudizio (e ci auguriamo che il calciatore ne esca pulito, sia chiaro), ma perché ci si sarebbe scontrati con l’etica che nel calcio, così come nello sport, dovrebbe essere la regola prioritaria anche se spesso e volentieri la stessa viene meno, vedasi il caso del gol fantasma di Castellana dove l’arbitro ha preso un clamoroso abbaglio e la squadra beneficiaria del gol non ha ammesso, in seduta stante, l’errore arbitrale. Perché nel calcio, rispetto ad altri sport, non sempre prevale la logica educativa del buon senso, nel calcio regna spesso una base di ignoranza, di prepotenza e di spavalderia che non aiuta alla causa. Certo non tutti son così, nel calcio, c’è anche un tessuto sano, ma la percezione è quella che, sotto sotto, c’è un sottobosco a delinquere diffuso.

In questo caso i tifosi del Bari sono stati straordinari, la loro rivolta mediatica ha dato la spallata decisiva all’annullamento dell’operazione che sarebbe risultata ingombrante ed inopportuna, perché portare a Bari un calciatore accusato in primo grado di stupro di gruppo sarebbe stato francamente imbarazzante per la suddetta logica dell’etica sportiva. Tra l’altro è stato proprio il Bari calcio, lo scorso autunno, a promuovere una campagna di sensibilizzazione sulla violenza di genere con tanto di comunicato e, dunque, prendere Portanova e portarlo a Bari avrebbe abbattuto la credibilità della società. Un po’ come in politica: tanti si candidano immacolati salvo poi essere beccati con le mani nella marmellata, giudicati colpevoli in primo grado continuando a sedere sugli scranni del Parlamento, ed anzi, taluni seduti anche colpevoli col secondo grado e addirittura col terzo. Solo che la politica italiana, ormai, è quella che è, poco affidabile e credibile, e i risultati tragici del paese son quelli che sono, lo sport no, lo sport ed il calcio dovrebbero essere veicoli di etica e di moralità. Tra l’altro con quale tranquillità, Portanova, che, lo ricordiamo, è un uomo libero e deputato a giocare regolarmente, sarebbe sceso in campo con la spada di Damocle di una possibile condanna al carcere? Dispiace per il giocatore, comprendiamo bene il suo stato d’animo e ribadiamo il nostro augurio a ché venga prosciolto definitivamente dai vari gradi di processo, ma farlo giocare a Bari sarebbe stato un rischio ed una sfida al tifo che già è sul filo della diffidenza verso la società a causa del fatto che il Bari sarebbe il dio minore nei loro pensieri.

Ora tocca a Mignani. L’allenatore che si è dimostrato bravo anche se in qualche caso ha peccato di inesperienza (capita a tutti i neofiti, dunque non facciamone un dramma, né incolpiamolo, anzi, cerchiamo di supportarlo affinché porti il Bari in alto e affinché la sua carriera si sviluppi e prenda corpo a Bari), avrà 28 giocatori a disposizione salvo escludere qualcuno dalla rosa, avrà un centrocampo, forse, tra i più forti della categoria, una batteria di difensori che non sarà tra le migliori ma se non altro garantisce una certa sicurezza, ed un’altra di attaccanti trainata da Cheddira, rimasto a Bari, e che potrebbe confermare la resa in termini di gol. Poi c’è un certo Caprile, non dimentichiamolo.

E soprattutto ora è il tempo della tifoseria che deve supportare la squadra evitando mal di pancia all’ennesima sconfitta che senz’altro capiterà, perché criticare ci sta, duramente anche, ma che si cerchi di non deviare in pericolosi percorsi destabilizzanti per l’ambiente. Chi sta lì a criticare la squadra vomitando frustrazioni e veleno ad ogni prestazione negativa ed invece bada bene a tacere vilmente quando le cose vanno bene, che stiano alla larga, francamente di costoro se ne può fare a meno. Evviva la critica, abbasso i talebani.

Massimo Longo

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