“Il 41 bis serve ma no a mortificazioni inutili”

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Parla all’AGI il giudice Fabio Gianfilippi che ha sollevato questioni di legittimità di costituzionalità sul diritto a cucinare, a vedere i figli senza vetri, ad andare in bagno senza essere spiati da una telecamera

di Manuela D’Alessandro

 

©  (Afp) – Una cella del carcere di Regina Coeli

 

AGI – Diritto a cucinare, alla privacy, a leggere libri e giornali, ad avere colloqui coi figli senza un vetro frapposto. Coi suoi provvedimenti Fabio Gianfilippi, magistrato del Tribunale della Sorveglianza di Spoleto, ha migliorato o cercato di migliorare la vita dei detenuti al 41 bis. “Il 41 bis serve ma non deve trasformarsi in vessazioni” spiega all’AGI.

Il suo è un punto di vista molto ‘ravvicinato’ col regime di massima sicurezza riservato anche ad Alfredo Cospito. “La quotidianità detentiva in regime differenziato è caratterizzata da forti limitazioni anche se funzionali agli scopi del regime – considera -. Una detenzione a lungo protratta, sopportandole, non è quindi sempre esente da un logoramento psico-fisico cui la Corte europea chiede sia data particolare attenzione. Nei loro reclami i detenuti in 41 bis si dolgono di molti diversi profili ma a mio modo di vedere, tra le tante problematiche, resta particolarmente importante che sia loro assicurato un contatto significativo con l’area educativa dell’istituto penitenziario, che siano ridotti gli ostacoli all’esercizio del diritto allo studio e che possa esservi un accesso tempestivo alle cure necessarie, un problema che, in realtà, non riguarda solo i detenuti in regime differenziato, e che impone una costante attenzione di tutte le istituzioni coinvolte”.

“Telefonate, colloqui, aria”, il 41 bis travolge ogni aspetto quotidiano

Sono numerosi gli aspetti della vita quotidiana che vengono toccati talvolta di dubbia costituzionalità. “Ad esempio in materia di divieto di cottura dei cibi, la Corte Costituzionale ha poi valutato come illegittimo il divieto, consentendo ai ristretti in quel regime di prepararsi da mangiare. Più in generale la magistratura di sorveglianza ha, tra gli altri, il compito di rispondere ai reclami in materia di tutela dei diritti dei detenuti, e dunque anche di quelli in 41 bis. In questo ambito sono imposte numerose limitazioni alla quotidianità detentiva, dal numero dei colloqui e delle telefonate, al tempo che si può trascorrere fuori stanza, alla censura della corrispondenza, ma anche altre che riguardano aspetti più minuti della quotidianità”.

Il principio guida della Corte Costituzionale è costante: “Ha più volte chiarito come queste limitazioni siano legittime fintanto che siano proporzionate e funzionali agli scopi del regime differenziato, che non sono punitivi, ma preventivi”.

Il 41 bis è una forma di tortura?

Lo scopo del 41 bis è ben preciso, “ed è impedire, o rendere estremamente più difficile, che detenuti con un ruolo di spicco in contesti associativi organizzati possano dal carcere continuare ad informarsi di fatti criminali e a dare disposizioni ai sodali in libertà” ma tutte “le eventuali limitazioni che con questo scopo non c’entrino, come era per il divieto di cucinarsi, non sembrano dunque compatibili con la Costituzione”.

Il 41 bis presenta profili che possano accomunarlo alla tortura? “La CEDU e la Corte Costituzionale non hanno mai posto in discussione la legittimità del regime differenziato di 41 bis come strumento di prevenzione utile ad interrompere i legami tra un detenuto di elevata pericolosità e il suo gruppo criminale di riferimento.

Ritengo anche io che si tratti di uno strumento importante per il contrasto alla criminalità organizzata. Il lavoro che svolge la magistratura di sorveglianza, e l’insegnamento della Corte Costituzionale hanno come obbiettivo proprio quello di vigilare affinché le limitazioni alla quotidianità detentiva, che sono imposte a chi vi è ristretto, siano soltanto quelle indispensabili agli scopi del regime, e non si traducano mai in afflizioni inutili e vessazioni. 

Sotto questo profilo è fondamentale anche che sia data pronta esecuzione da parte dell’amministrazione ai provvedimenti della magistratura di sorveglianza che accolgano eventuali reclami proposti dai detenuti”.

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