“Ti metto dentro una Renault 4”, la band che inneggia alle Br e all’omicidio di Aldo Moro

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Il gruppo trap emiliano P38-La Gang  si esibisce in passamontagna, sventolando le iconiche bandiere delle Brigate rosse. I componenti utilizzano nomi d’arte e scrivono testi dai contenuti violenti che citano episodi del passato. La figlia dell’ex presidente della Dc assassinato: “Questa non è libertà di pensiero, ma istigazione al terrorismo”

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© screenshot – P38 – La gang

 

AGI – “Ti metto dentro una Renault 4. Brigate Rosse scritto sul contratto. Presidente, non mi sembra stanco. La metto dentro una Renault 4”. È uno dei passaggi del brano “Renault” composto dalla band trap emiliana P38-La Gang, che fa esplicito riferimento, nel testo e nelle grafiche, alle Brigate Rosse e all’omicidio di Aldo Moro. La formazione, il cui nome richiama la pistola P38 utilizzata durante gli anni di piombo dai gruppi armati, si esibisce in passamontagna, sventolando le iconiche bandiere delle Br. I componenti utilizzano nomi d’arte – Astore, Papà Dimitri, Jimmy Pentothal e Yung Stalin – e scrivono testi dai contenuti violenti che citano episodi del passato, senza risparmiare politici e personaggi attuali. Sempre in “Renault”, ad esempio, sono presenti versi violenti indirizzati contro Lega o contro l’ex premier Mario Draghi.

Altrettanto “crude” le strofe del brano “Nuove Br”: “Io non lavoro in banca, meglio rapinare una banca. Spara al padrone di casa che ti fa pagare 300 una stanza”; o ancora “Ghiaccio Siberia”, che contiene la frase incriminata “vengo, spendo, sparo agli sbirri dal bando”.

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La band indagata dalla procura di Torino per aver inneggiato alle Brigate Rosse

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Le canzoni e le esibizioni, divenute virali grazie al web, hanno turbato alcuni familiari delle vittime del terrorismo. Fra questi Bruno D’Alfonso, figlio di Giovanni, il carabiniere ucciso dalle Br nel giugno del ’75 in provincia di Alessandria, che ha presentato una denuncia alla questura di Pescara, replicando il giorno dopo a Reggio Emilia. Proprio in un circolo Arci della città emiliana la band si era esibita durante un primo maggio, con la digos che aveva steso un rapporto poi recapitato alla Procura di Torino.

Dopo D’Alfonso, anche la figlia di Moro, Maria Fida, aveva presentato un esposto alle forze dell’ordine, rilasciando poi un’intervista alla Gazzetta di Reggio in cui spiegava come “questa non è libertà di pensiero, ma istigazione al terrorismo”.

Lo scorso novembre i magistrati di Torino Enzo Bucarelli e Paolo Scafi hanno deciso di aprire un fascicolo d’inchiesta a carico della band, ipotizzando il reato di istigazione a delinquere. Contestualmente, il Ros dei carabinieri, in collaborazione con i militari di Bologna, Bergamo e Nuoro, ha perquisito i componenti del gruppo, sequestrando materiale informatico. Da allora, la band ha scelto il silenzio, organizzando una raccolta fondi per sostenere le spese legali

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