Festival di Sanremo 2023: bilancio della seconda serata

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Decisamente meglio la seconda puntata del Festival di Sanremo 2023. Quest’oggi niente bonus e malus da individuare, perché i commenti non possono che essere all’unanimità positivi (anche se qualche eccezione non manca di certo). Lo dimostra lo share del 62,3%, non calato rispetto alla prima serata – come invece accade di consueto ogni anno. Tutto è filato liscio, la musica è stata padrona per l’intera durata, nonostante i monologhi di Fagnani, Pegah e il comico Angelo Duro e la promozione Rai.

I due picchi di ascolto maggiori sono stati registrati per l’esibizione dei tre moschettieri della musica italiana, Morandi-Al Bano-Ranieri. Rispettivamente 78, 79 e 71 anni ma con voci sconcertatamente ancora superlative, uniche nel panorama artistico passato e attuale, ma soprattutto manifesto della nostra cultura. Il monumento dell’italianità, il ritratto di cantanti irriducibili dotati di repertori personali di fama mondiale, che riescono tutt’oggi a catalizzare l’attenzione del pubblico in live e in differita tv con “Uno su mille”, “Nel sole” e “Perdere l’amore” tra le altre. Si potrebbe pensare che i loro unici fruitori siano appartenenti solo alla vecchia generazione, ma i post sui social da parte dei più giovani sintonizzati con il Festival sono uno specchio del contrario. Ulteriore punto a favore l’umiltà e l’umorismo delle loro eccezionali personalità. E i piegamenti di Al Bano? Qual sarà il suo segreto di longevità? Si accettano supposizioni.

L’altro picco di oltre il 70% se l’è accaparrato il momento sicuramente più atteso per gli amanti della competizione canora ma senz’altro quello che mette più in crisi le nostre capacità di resistenza al sonno: le classifiche, quella della seconda serata e la prima complessiva ma provvisoria dei 28 artisti. Mengoni senza alcuna sorpresa non abbandona la prima posizione e probabilmente non lo farà mai perché lui è da fuori gara, dovrebbe essere un super ospite del Festival e lo sappiamo tutti. Farei, però, molta attenzione alle canzoni ascoltare ieri sera che hanno dato filo da torcere a chi li ha preceduti, ribaltando il podio.

Al secondo posto – ma primi nella classifica della puntata (e in una classifica ideale se non ci fosse Mengoni) – Colapesce e Dimartino, il duo rivelazione del 2021 che con “Splash” conferma anche quest’anno, nonostante le sonorità differenti, che è possibile far cantare e ballare mentre si lanciano messaggi potenti. Due voci calde e rassicuranti che insieme funzionano perfettamente, perché espressione di menti di un altro livello e di una qualità autorale sopraffina. > https://www.raiplay.it/video/2023/02/Sanremo-2023-seconda-serata-Colapesce-Dimartino-cantano-Splash-f6e06a28-b98d-43e4-925c-58a570d5fda3.html La terza posizione è stata meritatamente conquistata da Madame e la sua “Il bene nel male” con cui si immedesima nella storia di una prostituta che si innamora di un uomo, il quale la vede però solo come uno sbaglio. Argomento originale e portato in scena con tanta grinta, un timbro inconfondibile e un sound elettronico esclusivo. Decretata a mani basse una delle prime  hit del Festival e i risultati già da oggi lo dimostrano.

Stupisce molto la profondità della ballad di Tananai, “Tango”, la sua grande rivincita dopo l’epilogo dello scorso anno; scendono ahimè i Coma Cose, ma sono fiduciosa della loro risalita con le prossime esibizioni; giustamente in basso Giorgia che, aldilà della sua strabiliante voce e di una palpabile emozione per il ritorno dopo 22 anni all’Ariston, non ha colpito come ci si aspettava e, infine, quattordicesime Paola & Chiara, pur essendo state delle dee tornate dal passato per ricordarci gli anni d’oro del Festivalbar, dei lustrini, delle coreografie e del tormentone. Hanno dato al pubblico quello che voleva, quello che sui social definiscono in modo ironico “il ripristino della vera egemonia culturale” e che sicuramente con il televoto si farà sentire a gran voce. > https://www.raiplay.it/video/2023/02/Sanremo-2023-seconda-serata-Paola–Chiara-cantano-Furore-bfbb5d70-6ffe-4153-9df3-ff380d5bbc10.html

Al nono posto Rosa Chemical, la cui partecipazione ha fatto molto discutere nelle settimane scorse e soprattutto dopo la sua esibizione semplicemente perché rappresentanza diretta del gender fluid e della nostra società variegata. Non si tratta di perdita di moralità, si tratta di realtà e si tratta di volontà di essere sè stessi anche davanti a milioni di persone che non approvano, ma che vanno educate al rispetto dell’altro. “A chi si è sentito sbagliato e invece era solo diverso” ha infatti affermato dedicando il suo brano – tra l’altro tra i più apprezzati, coinvolgenti e forti della serata – a chi è ancora vittima dei beceri ed ignoranti pregiudizi. Ma non ci pensiamo più, perché gran parte degli italiani sta già canticchiando in loop “Made in Italy” e questo è quello che conta.

Da extra palco Ariston c’è stato il freestyle di Fedez presentato sullo stage della Costa Smeralda e che ha creato non poco scompiglio. Gli è stato dato un microfono gigante in mano per potersi esprimere artisticamente e lui, assumendosene la piena responsabilità, lo ha utilizzato come meglio credeva ossia dando voce ai suoi ideali e a quelli di moltissimi connazionali. E ha fatto bene. Ha detto ciò che in pochi avrebbero il coraggio di dichiarare in diretta su Rai 1, perché se qualcosa non lo condividi, lo ritieni pericoloso per la tua esistenza e quella dei tuoi figli e hai la possibilità di puntarci su i riflettori grazie al tipo di “potere” di cui godi, diventa poi quasi un dovere civico e morale quello di non tacere. Si è esibito con il suo stile un po’ strafottente che irrita il Codacons e che punta all’annientare mediaticamente figure politiche che oggi ci rappresentano: il viceministro alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, di cui strappa la foto che lo ritrae in gioventù vestito da nazista e la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, non citata per nome ma attaccata per la recente affermazione “purtroppo l’aborto è un diritto”. Così come avvenne due anni fa in occasione del concertone del Primo Maggio, Fedez non le ha mandate a dire, ci ha messo la faccia e le querele non mancheranno, ma lui è intelligente e se l’ha comunque fatto è ancora più lodevole.

Il monologo della co-conduttrice Francesca Fagnani, perfettamente in linea con la sua “belva” personale e con la sua professione di giornalista, è stata una sorta di breve intervista-inchiesta sulle carceri minorili e sul sistema di rieducazione della pena in Italia. Il monologo è stato da lei scritto grazie alle risposte ricevute dai ragazzi dell’IPM di Nisida (NA), “che scontano la loro pena senza cercare la nostra pena, perché non se ne fanno niente“, ha detto in incipit ricordando che loro non sono animali, bestie o eterni assassini e vogliono solo essere conosciuti, vogliono un’altra chance. “Hanno picchiato, rapinato ucciso, ma se si chiede loro perché, non trovano la risposta che vorrebbero avere, la cercano, la abbozzano, ma non esce perché è inutile cercarla così, bisogna andare al giorno, al mese, alla vita prima. Hanno 15 anni e gli occhi pieni di rabbia e vuoto, hanno 18 anni e lo sguardo perso o sfidante, chiedono aiuto senza sapere quale. La scuola l’hanno abbandonata, ma nessuno li ha mai cercati, non la preside né gli assistenti sociali, né le madri o i padri che quando c’erano non ce l’hanno fatta”. Parlando con tanti detenuti e chiedendo loro ‘cosa cambieresti’ – ha raccontato la Fagnani – “in tanti mi hanno risposto: sarei andato a scuola. Se nasci in quel quartiere, palazzo o da quella famiglia è solo nei banchi di scuola che puoi intravedere la possibilità di una vita alternativa. Lo Stato non può esistere solo attraverso la fondamentale attività di repressione delle forze dell’ordine, deve combattere la povertà scolastica, offrire pari opportunità ai più giovani. È una questione di democrazie, uguaglianza e rispetto della Costituzione. Lo Stato deve essere più sexy dell’illegalità. In Italia la prigione serve a punire il colpevole, non a educare né a reinserire nella società (…) Se non faremo in modo che un giovane, quando esce dal carcere, sia migliore di come è entrato, sarà un fallimento per tutti. Se non ci arriviamo per umanità, o in nome dell’articolo 27 della Costituzione, facciamolo per egoismo, perché conviene a tutti che un rapinatore, uno spacciatore, una volta fuori, cambi mestiere“, ha concluso la giornalista. Efficace, diretto e necessario le tre parole per descriverlo. Ottima performance anche in qualità di co-conduttrice, brillante, simpatica e abile. > https://www.raiplay.it/video/2023/02/Sanremo-2023-seconda-serata-Francesca-Fagnani-porta-Sanremo-le-parole-dei-ragazzi-del-carcere-di-Nisida-cc2d4544-8907-4d58-8b8b-aeb9ba8c8682.html

C’è stata anche la quota attualità della seconda serata del festival di Sanremo: l’intervento dell’italo-iraniana Pegah Moshir Pour, attivista e consulente dei diritti umani e digitali che, affiancata in un secondo momento da Drusilla Foer, ha portato all’Ariston lo scottante e rabbrividevole tema dell’oppressione e del dramma che i suoi coetanei stanno vivendo in Iran. “…Il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso”, che però attualmente è “un Paradiso forzato. Sì, perché come altro si può chiamare un luogo dove il regime uccide persino i bambini?” – ha affermato prima di lanciarsi nella riproposizione di “Baraye”, la canzone composta da Shervin Ajipour e scritta con i tweet pubblicati dai ragazzi iraniani circa le loro libertà negate. Drusilla, stringendole la mano, ha recitato in italiano le frasi del brano premiato ai Grammy 2023 nella nuova categoria “Best Song for Social Change” (Miglior canzone per il cambiamento sociale) e a ogni singolo verso, Pegah ha accompagnato la spiegazione del relativo senso nel suo Paese: “In Iran si rischiano fino a 10 anni di prigione se si balla per strada o si ascolta musica occidentale; è proibito baciarsi e stare mano nella mano con la persona che ami; si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità; più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, senza soldi per mangiare; sono moltissimi i bambini sfruttati, che chiedono l’elemosina e vivono raccogliendo i rifiuti; il regime uccide i cani sia di proprietà che di strada. Nella prigione di Evin ci sono più di diciottomila tra intellettuali, dissidenti e prigionieri politici che spariscono nel silenzio; ci sono più di 1 milione di profughi afgani, perseguitati senza possibilità di ricostruirsi una vita. In Iran essere omosessuali è punito con l’impiccagione.” Hanno terminato il toccante momento guardandosi negli occhi e ripetendo più volte “Per la libertà” con la speranza che continuandone a parlare la si possa raggiungere davvero.

Ha concluso la serata in fascia super protetta e dopo l’avvertimento di Amadeus di cambiare canale rivolto ai moralisti, il politicamente scorretto Angelo Duro, che si autodefinisce appunto “comico immorale”. Il suo monologo, con l’irriverenza alla Zelig e gesti shock – si è abbassato i pantaloni e alzato la maglia, rimanendo in mutande –, ha trattato l’ossessione di arrivare sempre primi, omologazione vs trasgressione, l’infedeltà del matrimonio che sfascia le famiglie. Tutte verità dette senza peli sulla lingua. Averlo seguito è stata una scelta per alcuni ingenua e per altri consapevole, ma forse la migliore che a quell’ora potessimo fare.

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