Al Teatro Patologico di Roma recitare fa guarire

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Se è vero che la follia è la vera normalità, non c’è posto migliore per vedere messa in scena la lezione di Pirandello. Da trent’anni in questo piccolo angolo magico la recitazione salva la vita di persone con gravi forme di disabilità psichica. Ne abbiamo parlato con Dario D’Ambrosi, visionario padre del progetto

di Barbara Laurenzi

La “Medea” al Teatro Argentina

 

AGI – Se è vero che la follia è la vera normalità, non c’è posto migliore del Teatro Patologico di Roma per vedere messa in scena la lezione di Pirandello. Da oltre trent’anni, in questo piccolo angolo magico sulla Cassia conosciuto ormai nel mondo, la recitazione salva la vita di persone con gravi forme di disabilità psichica che, prima di arrivare qui, hanno tentato perfino il suicidio. Eppure, una volta entrati nella parte, grazie agli esercizi e alle ore di lezione con i maestri del teatro, schizofrenici, persone con un autismo molto avanzato e persone con altre forme di disagio mentale riescono a mettere da parte ansie e crisi di panico. È l’incantesimo reso possibile dalla mente visionaria del fondatore Dario D’Ambrosi che, dall’86, porta avanti con determinazione questo progetto di teatro-terapia.

“Questo spazio è importante per i ragazzi, perchè qui la loro disabilità diventa una forza, una potenza. Non è un difetto o un handicap. Attraverso il teatro riusciamo a fargli gestire le loro emozioni e in questo modo alzano la testa” spiega D’Ambrosi all’AGI. Un lavoro ambizioso quanto duro, che coinvolge attualmente 60 persone in totale, divise in gruppi, con prove che si svolgono ogni giorno.

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D’Ambrosi con i ragazzi

“La storia che mi ha toccato di più in questi anni è stata quella di Gianluca – racconta D’Ambrosi – sua madre voleva ritirarlo dal teatro perchè aveva delle crisi epilettiche fortissime, invece noi siamo riusciti a recuperarlo e a integrarlo proprio attraverso degli esercizi di teatro terapia che ho ideato in questi anni”. D’Ambrosi ha creato degli esercizi come quello dello tre sedie, dei quattro angoli o dello specchio, nel quale l’attore viene messo di fronte alla sua forma fisica e deve descriversi superando insicurezze e crisi. “Sono esercizi in cui loro si confrontano con la propria patologia, noi non vogliamo sedare i ragazzi ma farli esprimere e fare conoscere il loro intimo. Scateniamo le loro patologie finché non riescono a gestirle” aggiunge.

Le esperienze degli attori

La parte da recitare viene affidata in base al tipo di disabilità e alla potenza fisica e mentale, “in alcuni casi vengono sviluppiati ruoli che, per loro, all’inizio sono proprio difficili da affrontare. Approcciano pensando di non riuscirci, e poi arrivano sul palcoscenico” spiega ancora. “Il teatro patologico è più forte di una bomba, perchè noi riusciamo a fare cambiare idea alle persone” racconta Giulio, uno degli attori della compagnia. Entusiasta dell’esperienza, così come Marina, che arriva a dire: “Da bambina volevo recitare e fare l’attrice ma i miei genitori non mi hanno fatto fare l’accademia. Devo ringraziare la malattia, perchè mi ha dato la possibilità di essere qui. Il teatro dimostra che c’è sempre una possibilità e un riscatto positivo”.

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D’Ambrosi con i ragazzi – spettacolo Don Chisciotte

D’Ambrosi è ora alle prese con una nuova battaglia. Nel 2016 ha ideato il ‘teatro integrato dell’emozione’, primo corso universitario al mondo per persone disabili, portato avanti in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Un caso unico che, però, ora rischia di chiudere. “L’università da quest’anno chiede un cofinanziatore, ma noi non lo abbiamo. Il risultato è che le lezioni non sono ancora iniziate, ma loro non capiscono che questo non è un corso come gli altri, ho studenti con gravi forme di schizofrenia ai quali queste lezioni salvano letteralmente la vita. Chiedo di ascoltare le voci di queste persone e delle loro famiglie” è l’appello lanciato da D’Ambrosi tramite l’AGI.

Cos’è la follia?

Storie che portano lo spettatore a interrogarsi su che cosa si possa definire, realmente, follia. Perchè, come si domanda nel suo monologo l’Enrico IV di Luigi Pirandello, “trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta la logica di tutte le vostre costruzioni”. Per Pirandello la follia è la via per la libertà, perchè porta le persone a scrollarsi di dosso le imposizioni della società. Al Teatro Patologico sono gli spettatori a scrollarsi di dosso qualche preconcetto. In queste ore gli attori speciali sono alle prese con le prove del nuovo progetto che li porterà a viaggiare in tutto il mondo.

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Paolo Vaselli e Claudia Terracini nella “Medea”

La Compagnia Stabile del Teatro Patologico, però, non è nuova a tour mondiali. In questi anni, infatti, ha presentato i suoi spettacoli a Tokyo, Johannesburg, Rio de Janeiro, San Paolo, New York, Los Angeles, San Francisco, Londra, Stoccolma e in numerosi altri paesi. D’Ambrosi e i suoi ragazzi si sono inoltre esibiti presso il Parlamento Europeo, ospiti dell’allora presidente David Sassoli, arrivando anche alle Nazioni Unite a New York, con un pubblico composto da 500 delegati di tutto il mondo. Un’occasione nella quale D’Ambrosi ha ricevuto il titolo di ambasciatore della Disabilità. Proprio la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, ha visitato oggi il teatro e ha assistito alle prove, confermando il suo impegno a sostegno del corso del ‘Teatro dell’emozionè: “Luoghi come questi ci portano a sviluppare una visione di inclusione ed è fondamentale sostenerli, attraverso la collaborazione tra enti pubblici e privati”.

Cala il sipario, si svuota la sala. Mentre la ministra e i giornalisti lasciano il teatro, gli attori speciali della Compagnia del Patologico riprendono le loro prove. Questa sera c’è ancora un’altra magia da mettere in scena. Del resto, come ci ricorda ancora Enrico IV: “I pazzi, beati loro. Voi dite: ‘questo non puo’ essere!’. E per loro può essere tutto”. Al Teatro Patologico, e non solo.

One Reply to “Al Teatro Patologico di Roma recitare fa guarire”

  1. silvia ha detto:

    sono una attrice del teatro patologico mi chiamo silvia sorcini per me il teatro patologico è un luogo magico dove ho imparato molte cose dove si impara ha stare su palco ha recitare io voglio continuare ha frequentare il teatro patologico perchè per me è molto importante sono andata in giro per il mondo ho visto posti bellissimi i miei amici sono molto simpatici io mi trovo bene con loro quando vado al teatro sono felice ci sono ragazzi che hanno dei problemi molto seri cioè sono disabili gli attori ci stimano ci vogliono bene anche se avvolte non è stato cosi ad esempio un attore non ci voleva al suo teatro perchè siamo persone disabili io creo che si deve rendere conto che ci sono persone che hanno delle difficolta ma noi siamo persone con disabilità ma siamo in grado di stare su un palco e recitare io voglio ringrazziare i miei insegnanti che mi hanno aiutato tanto

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