Le libertà fondamentali sono in pericolo

Attualità & Cronaca

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Molti fatti in questi anni hanno dimostrato come le democrazie occidentali siano profondamente in crisi, tant’è che le libertà fondamentali delle persone, frutto di secoli di lotte e di elaborazione di pensiero giuridico, sono costantemente violate e messe in discussione. Una di queste libertà fondamentali è la libertà di stampa attaccata proprio da quelle nazioni che tale libertà in teoria difendono anche nelle loro Costituzioni. Si fa riferimento ad  un caso eclatante che è conosciuto in tutto il mondo: quello di Julian Assange, giornalista e programmatore informatico nato in  Australia il 1971, fondatore e caporedattore dell’organizzazione divulgativa Wikileaks il cui torto è stato quello di fare il suo lavoro di giornalista facendo conoscere al mondo i crimini compiuti da soldati americani a Bagdad nel luglio del  2007 ai danni di alcuni giornalisti dell’agenzia britannica Reuters  che giravano nella città per documentare la guerra. Due elicotteri USA  sorvolavano la città e nel momento in cui i soldati a bordo videro il gruppo di uomini camminare per la città semidistrutta chiesero l’autorizzazione a sparargli perché a loro dire erano armati, ma dal video ripreso dallo stesso elicottero si vede chiaramente che non avevano nessuna arma in mano, solo un giornalista aveva a tracolla, ben visibile, la telecamera. Giunta l’autorizzazione ad aprire il fuoco, una pioggia di proiettili colpisce gli uomini, qualcuno muore sul colpo altri cercano, anche se feriti, di mettersi in salvo, ma come in un tiro al bersaglio, come in un gioco, la spietatezza dei soldati americani non dà loro scampo e sghignazzando colpiscono di nuovo. Nel frattempo sopraggiunge un furgoncino con dei bambini a bordo, sempre ben visibili dagli elicotteri americani, e ne esce il padre per aiutare i  feriti, ma di nuovo le raffiche di mitra americane colpiscono così  forte che il mezzo è spostato per alcuni metri. I morti furono diciotto, morì anche il padre dei bambini che rimasero feriti gravemente. Il video fu il primo atto d’accusa contro gli americani per crimini di guerra compiuti in Iraq da soldati americani contro civili inermi; questo video se lo scambiavano i soldati americani su  piattaforme non decriptate. Quando l’agenzia Reuters chiese spiegazioni al governo americano per quanto era accaduto ai suoi giornalisti fu risposto che si era trattato di una normale azione di guerra e non fu data alcuna motivazione per il terribile massacro. Ma nel 2010 questo video arriva nelle mani di un giovane giornalista di nome Assange che lo rende pubblico e il video fa il giro del mondo: l’America esportatrice di democrazia, come viene spesso definita, compie gratuiti atti criminali ai danni di civili inermi. Inoltre Assange rivelò i crimini contro l’umanità commessi dall’Occidente in Afghanistan durante le cosiddette “guerre al terrore “ statunitensi.  Da allora Assange, accusato di cospirazione e spionaggio, è diventato per l’America un nemico pubblico da catturare a tutti i costi. Dopo varie peripezie il povero giornalista è stato incarcerato nel 2019 presso la prigione più temibile della Gran Bretagna, in condizione di isolamento ed in attesa di essere  estradato negli USA con accuse pesantissime che lo condannerebbero a oltre  100 anni di carcere. La persecuzione giudiziaria di Assange sembra stia per attuarsi con l’ estradizione verso l’America. I giudici inglesi già lo hanno condannato, ma i senatori italiani hanno portato il caso dinanzi al Consiglio d’Europa che ha emesso due dichiarazioni a favore del giornalista. In questi giorni si è accesa una speranza perché l’ambasciatrice degli USA in Australia, Caroline Kennedy, figlia di JFK ha accennato alla possibilità di fare un accordo, un patteggiamento e consentire così al giornalista di ritornare in Australia. Ma la vicenda non è ancora conclusa, nonostante il sostegno di Amnesty International, di tanti Paesi nel mondo e di tanti liberi cittadini impegnatisi nella raccolta di firme.

La colpa di Assange è quella di avere fatto giornalismo d’inchiesta ed aver pubblicato documenti che provano la violazione dei diritti umani. Se venisse condannato sarebbe la fine di ogni libertà giornalistica, del diritto all’informazione e la fine della libertà di parola.

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