Pietro Orlandi: “Emanuela? Trovata disponibilità a fare chiarezza”

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Il fratello della ragazza ha avuto un colloquio di otto ore con il promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi:  “Ho verbalizzato nella memoria depositata tutto quello di cui ho parlato in questi giorni”

di Gian Franco Coppola

Emanuela Orlandi

AGI –  “Ho verbalizzato” nella memoria depositata “tutto quello di cui ho parlato in questi giorni: la famosa trattativa, i documenti sul trasferimento di Emanuela a Londra, la questione della pedofilia e degli altissimi prelati che potrebbero essere legati alla questione della pedofilia, i famosi screenshot di cui ho sempre parlato, ho fatto i nomi delle persone collegate”. Queste le prime parole di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, dopo il lungo colloquio con il promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi, durato oltre otto ore.

“Devo dire che ho trovato molta disponibilità di fare chiarezza, il fatto stesso che abbiano detto di aver ricevuto l’incarico da Papa Francesco e dal Segretario di Stato di fare chiarezza… indagare a 360 gradi e non fare sconti a nessuno, ovvero indagare dal più piccolo al più grande e se ci sono delle responsabilità anche in alto devono venire fuori. Non e’ la prima volta che ci incontreremo oggi”.

Le parole dell’avvocato

L’auspicio è che il Promotore di giustizia Diddi possa mettere insieme i pezzi del puzzle e si possa scrivere una pagina di storia”. Lo ha detto Laura Sgrò, avvocato della famiglia Orlandi, mentre è ancora in corso l’incontro tra Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, è il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi.

“Abbiamo presentato una memoria” ha precisato, per un approfondimento. Il Promotore sta facendo il suo lavoro. L’auspicio è che si possa fare luce dopo tanti anni e scrivere una pagina di storia, e sarebbe la prima volta in cui Italia e Vaticano avrebbero un vero scambio reciproco di elementi”. Sgrò ha anche detto di aver letto “in chiave positiva” quanto dichiarato alla stampa da Diddi. Nella memoria consegnata oggi sono contenuti “elementi raccolti nella attivita’ degli ultimi anni”

Queste, comunque, le fasi più significative dell’iter giudiziario sul caso di Emanuela Orlandi dalla riapertura dell’inchiesta nel 2005.

Luglio 2005

Una prima (apparente) svolta investigativa si registra in occasione di una puntata del programma ‘Chi l’ha visto?’ quando giunge una telefonata di un anonimo che invita a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare: il defunto è Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei boss della Banda della Magliana, ucciso nel febbraio del 1990.

Giugno 2008

Sabrina Minardi, per qualche anno amante proprio di De Pedis, rivela agli inquirenti che Emanuela Orlandi era stata uccisa e che il suo corpo, rinchiuso in un sacco, era stato gettato in una betoniera a Torvaianica. Secondo la donna, la 15enne sarebbe stata tenuta prigioniera in un’abitazione vicino a piazza San Giovanni di Dio. Pur con tutte le perplessità del caso, i magistrati, che procedono per sequestro di persona a scopo di estorsione e omicidio volontario aggravato dalle sevizie e dalla minore età della vittima, si attivano per cercare i dovuti riscontri. Ma i risultati sono scarsi. Minardi viene sentita più volte dagli inquirenti, cade in contraddizione, smentisce precedenti sue ricostruzioni del fatto finendo lei stessa sotto indagine.

Marzo 2010

Gli accertamenti della procura vengono estesi anche ad altri soggetti vicini a De Pedis: l’autista Sergio Virtù, i due stretti collaboratori Angelo Cassani, detto ‘Ciletto’ e Gianfranco Cerboni, detto ‘Gigetto’, e poi monsignor Pietro Vergari, fino al ’91 rettore della basilica di Sant’Apollinare, dove si trova la tomba dello stesso De Pedis.

Maggio 2012

Viene aperta la tomba di De Pedis: il corpo del boss viene identificato, ma null’altro di utile dal punto di vista investigativo emerge dall’esame dei reperti ossei ritrovati all’interno della cripta della basilica.

Novembre 2013

Altra novità istruttoria: le dichiarazioni rese da Marco Fassoni Accetti, di professione fotografo, per il quale il sequestro della Orlandi ha a che vedere con l’esistenza di trame internazionali ordite alle spalle dell’allora Pontefice. Ma Accetti viene liquidato da chi indaga come inattendibile e non credibile, tanto che la sua posizione finisce in archivio a seguito di una consulenza psichiatrica che ne certifica forti disturbi della personalità.

Dicembre 2014

L’ultima speranza dei familiari di Emanuela Orlandi è legata ad Ali’ Agca: l’ex Lupo Grigio, che aveva sparato a Papa Wojtyla nel 1981, si presenta a sorpresa a piazza San Pietro per portare dei fiori sulla tomba di Giovanni Paolo II. La famiglia si attiva immediatamente per presentare un’istanza alla magistratura affinchè l’ex terrorista turco venga interrogato. Richiesta respinta: anche Agca è ritenuto “soggetto inattendibile” per aver reso piu’ volte dichiarazioni sul caso Orlandi, sia pubbliche che in sede processuale, che si sono rivelate “infondate” e “scarsamente credibili”. Da qui la richiesta di archiviazione inoltrata dalla procura secondo cui “da tutte le piste seguite e maturate sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, di risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati”. Una conclusione recepita prima dal gip e confermata poi dalla Cassazione.

Giugno 2017

In occasione del 34esimo anniversario della scomparsa di Emanuela, la famiglia Orlandi chiede alle autorità vaticane di accedere agli atti conservati sul caso. Ma l’istanza cade nel vuoto.

Ottobre 2018

Durante alcuni lavori di ristrutturazione di un locale annesso alla Nunziatura Apostolica in via Po 27 vengono trovati alcuni frammenti ossei umani. Il pensiero va subito a Emanuela Orlandi e a Mirella Gregori, l’altra 15enne scomparsa nel 1983. Le analisi diranno che si tratta di reperti di epoca romana.

Marzo 2019

Una istanza viene presentata dal legale della famiglia Orlandi al Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per avere informazioni su una tomba del cimitero teutonico all’interno della Santa Sede. Nell’istanza si reputa “opportuna una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l’apertura della tomba” per fugare ogni dubbio sulla vicenda.

Aprile 2019

La Segreteria di Stato vaticana autorizza l’apertura di un’inchiesta per avviare accertamenti sulla tomba del cimitero Teutonico.

Luglio 2019

Il Vaticano dispone l’apertura delle due tombe presenti nel cimitero Teutonico. Dopo l’apertura, sono previste le operazioni di repertazione e catalogazione dei resti. Si dovranno attendere poi le perizie per stabilire la datazione dei reperti e per il confronto del Dna.

Aprile 2020

Il procedimento relativo alla presunta sepoltura nel cimitero Teutonico viene archiviato dal Giudice Unico del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Le verifiche sui reperti trovati concludono che i frammenti rinvenuti sono databili a epoca anteriore alla scomparsa della ragazza. E i più recenti risalgono ad almeno cento anni fa.

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