In Sudan 72 ore di tregua. L’esodo degli stranieri

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È arrivato in Italia il primo gruppo di connazionali evacuato mentre nel Paese infuria la guerra civile. Blinken media un cessate il fuoco e si spera nella fine delle violenze

© Afp – Civili in fuga dal Sudan cercano di salire su un pullman

AGI – Un cessate il fuoco di 72 ore mediato dagli Stati Uniti è entrato in vigore martedì in Sudan dopo che 10 giorni di combattimenti sono costati la vita a centinaia di persone e scatenato un esodo di massa di stranieri e di profughi.

Le forze armate sudanesi (SAF) e le forze di supporto rapido (RSF) hanno concordato il cessate il fuoco “a seguito di intensi negoziati”, ha affermato il segretario di Stato Antony Blinken poco prima che la tregua entrasse in vigore dalla mezzanotte.

Le precedenti offerte di tregua erano fallite, ma ora entrambe le parti hanno confermato di aver concordato la sospensione di tre giorni. “Questo cessate il fuoco mira a stabilire corridoi umanitari, consentendo a cittadini e residenti di accedere a risorse essenziali, assistenza sanitaria e zone sicure, evacuando anche le missioni diplomatiche”, hanno twittato i paramilitari del RSF.

In una dichiarazione su Facebook, la SAF ha affermato che rispetterà anche il cessate il fuoco a condizione che lo facciano i suoi rivali. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha avvertito in precedenza che il Sudan è “sull’orlo dell’abisso” e che la violenza “potrebbe travolgere l’intera regione e oltre”.

I combattimenti hanno contrapposto le forze fedeli al capo dell’esercito Abdel Fattah al-Burhan a quelle del suo ex vice Mohamed Hamdan Daglo, che comanda l’RSF. L’RSF è nato da una costola dalla milizia Janjaweed che l’allora presidente Omar al-Bashir scatenò in Darfur.

Le Forze della Libertà e del Cambiamento, il principale blocco civile che i due generali hanno estromesso dal potere con un colpo di stato del 2021, hanno affermato che la tregua consentirà “il dialogo sulle modalità di un cessate il fuoco permanente”.

Tra le oltre 400 vittime di questi giorni di violenza c’è anche l’assistente addetto amministrativo presso l’ambasciata del Cairo a Khartoum, ha fatto sapere il ministero degli Esteri egiziano, ucciso mentre si dirigeva da casa all’ambasciata per seguire le procedure di evacuazione.

Più di 4.000 persone sono fuggite dal paese durante le evacuazioni organizzate da stranieri iniziate sabato. Gli Stati Uniti e le nazioni europee, mediorientali, africane e asiatiche hanno lanciato missioni di emergenza per portare in salvo il personale delle loro ambasciate e i cittadini sudanesi. Ma milioni di sudanesi non riescono a fuggire da quello che è uno dei Paesi più poveri del mondo, con una storia di colpi di stato militari.

Stanno cercando di sopravvivere alla grave carenza di acqua, cibo, medicine e carburante, oltre che ai blackout elettrici e di Internet. Le agenzie delle Nazioni Unite hanno riferito che alcuni civili sudanesi sono riusciti a fuggire “in Ciad, Egitto e Sud Sudan”. “Dobbiamo tutti fare tutto ciò che è in nostro potere per tirare indietro il Sudan dall’orlo dell’abisso”, ha detto Guterres.

Un convoglio delle Nazioni Unite che trasportava 700 persone ha completato un arduo viaggio su strada di 850 chilometri fino a Port Sudan, sulla costa del Mar Rosso, dalla capitale, dove si sono lasciati alle spalle colpi di arma da fuoco ed esplosioni. Il capo della missione delle Nazioni Unite, Volker Perthes, ha fatto sapere che il convoglio è arrivato dopo un viaggio di trentacinque ore.

Con l’aeroporto di Khartoum messo fuori uso dai combattimenti molti stranieri sono partiti da piste di atterraggio più piccole verso paesi tra cui Gibuti e Giordania. Tra questi gli italiani atterrati all’aeroporto militare di Ciampino a bordo del primo dei due velivoli che stanno riportando in Italia 96 persone, tra cui 13 stranieri.

Il capo della politica estera dell’UE Josep Borrell ha affermato che più di 1.000 cittadini dell’Ue sono stati portati fuori durante un “fine settimana lungo e intenso”. La Cina ha affermato di aver “evacuato in sicurezza” un primo gruppo di cittadini e di “cercare ogni mezzo per proteggere le vite, le proprietà e la sicurezza di oltre 1.500 connazionali cinesi in Sudan”.

Il Giappone ha dichiarato di aver evacuato 45 dei suoi cittadini e dei loro coniugi e di aver chiuso temporaneamente la sua ambasciata a Khartoum. La capitale, una città di cinque milioni di abitanti, ha subito “più di una settimana di indicibili distruzioni”, ha scritto su Twitter l’ambasciatore norvegese Endre

Stiansen dopo la sua evacuazione

 

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