L’inquinamento da plastica

Ambiente, Natura & Salute

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E’ diventato quanto mai urgente promuovere ed affermare a livello internazionale, ma anche locale, politiche volte alla eliminazione totale della produzione di plastiche. La UE è molto sensibile al problema e ha chiesto un accordo mondiale per porre fine ai rifiuti di plastica. E’ importante ottenere in seno alle Nazioni Unite delle disposizioni giuridicamente vincolanti sulla produzione primaria della plastica; entro la fine del 2024 i delegati di oltre mille governi, ONG, industrie e società civile dovranno trovare una opportuna soluzione giuridica per eliminare il problema dell’inquinamento da plastica. Le previsioni parlano di una triplicazione della produzione di plastica entro il 2060, la questione è perciò alquanto urgente per tutelare la salute del mondo acquatico e di quello terrestre e umano. “Urge un trattato internazionale sulla plastica per porre fine a questo tipo di inquinamento introducendo norme mondiali per tutto il ciclo di vita  della plastica”, ha dichiarato il Commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevicius. Molto va fatto a livello di sensibilizzazione della società civile e di formazione anche nelle scuole per far comprendere le dimensioni e la gravità dell’inquinamento da plastica. La UE lavora a misure per eliminare e limitare i prodotti di plastica sostituendoli con  materiali ecologici e promuovendo il riciclo; essa ha un ruolo guida nella lotta mondiale contro la plastica infatti sostiene la High, coalizione impegnata nei negoziati per l’eliminazione dell’inquinamento da plastica entro il 2040.  C’è il rischio che potrebbe essere solo un’isolata azione europea e quindi senza efficacia perché un problema globale può essere risolto solo globalmente. E’ quindi importante che sia condotta un’azione unitaria da parte di tutte le Nazioni del mondo, soprattutto da parte di quelle in via di sviluppo. Secondo uno studio pubblicato su “Scienze” sono cinque le nazioni che immettono maggiore plastica nel mare: Cina, Filippine, Thailandia, Vietnam e Indonesia, questi Paesi da soli sono responsabili del sessanta per cento di tutti i rifiuti che finiscono annualmente negli oceani. I rifiuti di plastica stanno soffocando mari ed oceani, secondo gli esperti del settore si calcola che nel 2050 nelle acque del pianeta si potrebbero trovare più scarti di questo materiale che pesci. E’ un grave problema globale perché le correnti marine ed oceaniche trasportano tali materiali per migliaia di chilometri infatti mesi fa le spiagge pugliesi sono state invase da migliaia di barattoli di maionese e ketchup di produzione statunitense come documenta l’articolo su “Ecocentrica” di Teresa Gelisio. Bisogna ricordare che il problema dell’inquinamento da plastica non dipende da quali Nazioni ne producono di più perché non sono queste che ne gettano necessariamente i rifiuti a mare; in un mondo globale e delocalizzato i Paesi occidentali, maggiori produttori di plastica, de localizzano anche i loro rifiuti quindi lo smaltimento viene affidato ai Paesi più poveri e poco sensibili alle problematiche ambientali. Sono soprattutto nazioni asiatiche che o bruciano questi rifiuti a cielo aperto in enormi discariche, creando così un grave inquinamento dell’aria per l’emissione di tossine, o li rilasciano in mare. Il problema dello smaltimento quindi non è affrontato in modo radicale dagli Stati più sviluppati che fanno maggior uso di tali prodotti, ma viene semplicemente spostato dall’altra parte del Globo. A livello ambientale la situazione è drammatica perché le acque inquinate subiscono un’alterazione dei processi di fotosintesi che impattano sulle piante marine e si ha conseguentemente minor rilascio di ossigeno, ma le acque vengono contaminate anche da sostanze chimiche nocive, tutto ciò porta inevitabilmente alla distruzione delle barriere coralline, anche tutta la vita acquatica ne rimane vittima tant’è che nello stomaco di cetacei, delfini, tartarughe e altri esseri sono state trovate enormi quantità di plastica che li uccidono. Inoltre spesso molti animali marini restano vittime di lenze, reti, sacchetti e lacci. Col tempo le plastiche più sottili vengono frantumate dai fenomeni naturali e diventano microplastiche insidiosissime che si depositano sui fondali e anche nei pesci di cui ci nutriamo, in tal modo anche l’uomo rimane vittima  dei suoi danni all’ambiente; nell’uomo sono state trovate tracce di microplastiche, scoperte a seguito di interventi chirurgici. Il problema è estremamente complesso, la plastica esce anche dai nostri rubinetti a causa della contaminazione delle falde acquifere, scarichiamo microplastiche a mare anche attraverso lo scarico della nostra lavatrice quando laviamo indumenti sintetici. Ci siamo dimenticati di far parte della catena biologica arrogandoci il diritto di devastare il mondo di tutti gli esseri viventi di cui facciamo parte, la nostra casa; abbiamo perso  quel rispetto e quel sentimento di sacralità che gli indiani d’America avevano per la madre terra e pensare che noi ancora oggi li reputiamo selvaggi e la democratica America li ha decimati e poi chiusi nelle riserve. Abbiamo dimenticato il messaggio più profondo del cristianesimo che invita ad avere cura ed amore per il creato. Soltanto attraverso un radicale cambiamento culturale da parte di tutti sarà possibile affrontare e risolvere questo complesso problema.

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