Mattarella: una scuola che seleziona distrugge la cultura

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Il presidente della Repubblica  ricorda don Milani a Barbiana: “Mai zittire la presentazione dei libri”

©  Ammendola uff stampa / AGF –

AGI – La scuola non seleziona ma aiuta a crescere, perché è di tutti e per tutti, come la cultura si nutre di confronto, non mette a tacere nessuno, nessun libro e nessuna sua presentazione. Sergio Mattarella sale tra i monti del Mugello, a Barbiana, per ricordare don Milani parroco e maestro in una terra povera e dimenticata e, con un inciso in un discorso dedicato al vero concetto di merito, lancia un riferimento alla contestazione con la quale una settimana fa è stata zittita Eugenia Roccella al salone del libro di Torino.

“La scuola di Barbiana durava tutto il giorno – ricorda il presidente della Repubblica – Cercava di infondere la voglia di imparare, la disponibilità a lavorare insieme agli altri. Cercava di instaurare l’abitudine a osservare le cose del mondo con spirito critico. Senza sottrarsi mai al confronto, senza pretendere di mettere a tacere qualcuno, tanto meno un libro o la sua presentazione”.

Ma il centro del ricordo di don Milani è la scuola, è il motto ‘i care’, un motto che per ironico paradosso dall’esilio montano delle poche case di Barbiana ha superato i confini facendo il giro del mondo.

“Nella sua ‘inimitabile azione di educatore’ don Milani “pensava alla scuola come luogo di promozione e non di selezione sociale. Una concezione piena di modernità, di gran lunga più avanti di quanti si attardavano in modelli difformi dal dettato costituzionale” sottolinea il Presidente nel 75′ anniversario della Carta.

E mentre molti parlano di merito, un termine entrato anche nel nuovo ‘nome’ del ministero dell’Istruzione, il capo dello Stato fa notare che “il merito non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all’Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito”.

In ‘Lettera a una professoressa, testo dirompente e brandito non sempre a ragion veduta anche durante il ’68, don Milani criticava la scuola elitaria, metafora di una società, mentre “la scuola è di tutti. La scuola deve essere per tutti. Spiegava don Milani, avendo davanti a sé figli di contadini che sembravano inesorabilmente destinati a essere estranei alla vita scolastica”, ricorda Mattarella.

“Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo di espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose” scriveva il giovane parroco. “Impossibile non cogliere la saggezza di questi pensieri. Era la sua pedagogia della liberta'” chiarisce il Presidente.

Don Milani, “un grande italiano che, con la sua lezione, ha invitato all’esercizio di una responsabilità attiva” ai piu’ giovani forse è noto per il suo motto, “I care”, inno di chi “rifiuta l’egoismo e l’indifferenza”.

Per il capo dello Stato “a quella espressione se ne accompagnava un’altra, meno conosciuta. Diceva: ‘Finché c’è fatica, c’è speranza’. La società, senza la fatica dell’impegno, non migliora. Impegno accompagnato dalla fiducia che illumina il cammino di chi vuole davvero costruire”.

E da cattolico don Milani amava la Costituzione e il valore profondo della politica come servizio: “Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia'” è la citazione, quasi un idem sentire, scelta da Mattarella. “Difficile trovare parole più efficaci”.

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