La Tunisia a un bivio di fronte al Fondo Monetario Internazionale

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Come scrive su La Presse il giornalista tunisino Anis Souadi, “l’accordo della Tunisia con il FMI per un finanziamento di 1,9 miliardi di dollari è un impegno ineludibile per salvare l’economia nazionale”. Occorre però salvaguardare la pace sociale.

Stando a diverse fonti giornalistiche e istituzionali, fra cui il giornalista Anis Souadi che scrive sul quotidiano  tunisino La Presse, la situazione economica della Tunisia è tuttora critica e, soprattutto, ad alto rischio. Vi sono esperti che parlano addirittura di un imminente crollo dell’economia nazionale, o almeno di una possibilità di grave dissesto con un debito estero pari all’80% del PIL, una crescita lenta, una crisi diffusa della bilancia dei pagamenti, un’inflazione superiore all’8,5%, un tasso di disoccupazione medio intorno al 20%, un sistema produttivo ancora in discesa.

Di fronte a una situazione così difficile, con prospettive negative, l’accordo della Tunisia con il Fondo Monetario Internazionale per un finanziamento di 1,9 miliardi di dollari appare ormai a molti nel Paese un impegno ineludibile per salvare l’economia nazionale.

Anche secondo Samir Saïed, ministro dell’Economia e della Pianificazione, “se la Tunisia non raggiunge un accordo con l’FMI, il rating sovrano del Paese potrebbe essere ulteriormente declassato”, ed é quindi necessario “raggiungere un accordo il prima possibile”.

Ritiene Anis Souadi che, almeno per il momento, la Tunisia non ha altre risorse con cui sperare di “fare a meno” del sostegno di una delle più importanti istituzioni finanziarie internazionali, giacchè l’auspicato ricorso ai Brics (acronimo usato nell’economia internazionale per riferirsi allo schieramento costituito dalla Russia, dal Brasile, dall’India dalla Cina e dal Sudafrica) non è ancora un’opzione concreta e attuale.

Certo, l’adesione a questo gruppo (che rappresenta circa il 40% della popolazione mondiale, il 25% del PIL e il 18% del commercio internazionale) sarebbe per i tunisini una opportunità per migliorare il livello di accesso ai finanziamenti, aumentare gli scambi commerciali e beneficiare di un nuovo sistema di finanziamento alternativo al dollaro, ma ancora le ipotesi di ingresso nei Brics appaiono lontane.

D’altra parte ciò significa che per l’Italia e per l’Unione Europea le porte della Tunisia sono sempre più aperte, nell’ottica di accordi commerciali, politici e finanziari ancora più ampi e solidi.

Infatti in questo momento della storia contemporanea la politica estera di alcuni degli Stati che fanno parte dei BRICS, la Russia in primo luogo, si sta collocando non solo in posizione di antitesi, ma addirittura di guerra contro nazioni assai più affini e vicine all’occidente come l’Ucraina.

Ucraina, non va dimenticato, da cui proviene la gran parte del fabbisogno di grano importato dalla Tunisia, che, a dire di Anis Souadi, si trova oggi in una situazione di assoluta urgenza e ha bisogno di una boccata d’ossigeno immediata, il che sembra significare in estrema sintesi che le istituzioni tunisine ritengono indispensabile accettare il prestito di 1,9 miliardi di dollari offerto dal Fondo Monetario Internazionale, preservando in tal modo i partner strategici e migliorando il livello di comprensione con i tradizionali finanziatori del paese.

Però chiedono che la contropartita non sia eccessivamente dura da digerire, che non si pretendano eccessivi sacrifici da parte di un popolo che rischia di precipitare nella povertà e nei disordini qualora dovessero essere revocate una serie di misure a tutela del potere di acquisto del dinaro, prime fra tutte i prezzi imposti per il pane, il latte, la benzina e altri beni di prima necessità.

E’ vero, da un punto di vista meramente finanziario potrebbe sembrare assurdo che una baguette, il tipico pane quotidiano di foggia francese, costi appena 20 centesimi di dinaro, ossia 0,059 euro al cambio di oggi, però si tratta di una misura che consente anche alle famiglie più povere di sfamarsi, e assicura la pace sociale.

E’ dunque una misura che non può assolutamente venire meno, perché una modifica in tal senso rischierebbe di portare la Tunisia al tracollo politico in breve tempo, con conseguente grave destabilizzazione a catena dei rapporti e della sicurezza pubblica internazionali.

Perché la Tunisia è un importante baluardo contro il fondamentalismo e il terrorismo islamici, una terra dell’Islam moderato che investe molte risorse nel controllo e nella sicurezza contro gli attentatori.

Questo noi occidentali non dobbiamo dimenticarlo, e anche il F.M.I. deve fare attenzione a non privare il governo tunisino del consenso popolare.

Anche se, come riconosce Anis Souadi, la scelta tra la “sopravvivenza” dell’economia nazionale e la conservazione di alcune conquiste sociali, in particolare per i più svantaggiati, si sta trasformando in un’equazione complessa e difficile da risolvere.

Proprio due giorni fa, il 2 agosto 2023, a riprova di quanto il tema del prezzo del pane, e quello della penuria di materie prime, sia fortemente sentito in Tunisia, il presidente tunisino Kais Saied ha licenziato nella notte il primo ministro Najla Bouden (la prima donna a capo di un governo in Tunisia) senza spiegazioni e l’ha sostituita con l’ex dirigente della banca centrale Ahmed Hachani, incaricato di superare le grandi sfide che il Paese nordafricano a corto di liquidità deve affrontare.

Non è stata fornita alcuna spiegazione ufficiale per il licenziamento della Bouden, comunicato pubblicamente a mezzanotte, ma diversi media locali hanno evidenziato il malcontento di Saied in particolare per la carenza di pane nelle panetterie sovvenzionate dallo Stato.

Intervenendo alla cerimonia di investitura del nuovo capo del governo Ahmed Hachani al Palais de la Kasbah, nel centro storico di Tunisi, Kais Saied ha affermato che le priorità della Tunisia sono principalmente economiche e sociali.

Lo Stato, ha promesso nell’occasione Saied ai concittadini, non abbandonerà il suo ruolo e la sua missione sociale, benché tutta una serie di riforme si renda necessaria soprattutto ai fini di una riorganizzazione e modernizzazione dell’amministrazione e della burocrazia.

Staremo a vedere, il F.M.I. e Saied devono riuscire a trovare la quadra, senza indugio, e il Fondo Monetario deve permettere al Presidente di stringere l’accordo, indispensabile per le finanze tunisine, senza venire meno alla promessa fatta al suo popolo.

One Reply to “La Tunisia a un bivio di fronte al Fondo Monetario Internazionale”

  1. Barbara ha detto:

    Grazie per questo interessante articolo, e per aver esposto il tutto obiettivamente spiegando bene il punto di vista della Tunisia. Speriamo che il fondo monetario europeo conceda il prestito. Anche perché il momento delicato che sta attraversando la Tunisia, potrebbe influire sull’economia in generale o comunquedi alcuni stati.
    Ancora complimenti.

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