Il WEF intima agli Stati di scovare e silenziare le opinioni critiche?

Arte, Cultura & SocietàMondoPoliticaScienza & Tecnologia

Di

Nelle stanze inaccessibili del World Economic Forum (WEF) pare che stia finalmente cominciando a barcollare quel sinistro disegno su cui molti avevano riposto le proprie speranze: la manipolazione orchestrata delle notizie, da modellare a suon di manovre internazionali d’alta finanza e con l’aiuto del sempre prono mainstream. E, soprattutto, col fine ultimo di mantenere un dominio sulla narrazione mondiale (la quale sembra essere slittata – e velocemente – dal tema Co.Vi.d./19 ai mutamenti climatici, passando per i conflitti in Ucraina e Gaza e puntando, spedita, verso gli allarmismi di una prossima crisi idrica).

“A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”

Statistiche recenti rivelerebbero, infatti, le cifre di una sempre più dilagante mancanza di fiducia (ossia l’elemento su cui tutto “il teatrino” starebbe ancora reggendosi) del pubblico verso le tradizionali fonti di informazione: in soli otto anni la percentuale di chi utilizza televisione e quotidiani come primaria risorsa di aggiornamento è passata dal 66,5 al 42,5% (solo in Italia). Una caduta libera che sembra stia destando le preoccupazioni crescenti di molti soggetti, in primis di chi avverte in questo declino l’inquietudine per veder minacciato il proprio controllo sull’opinione pubblica.

L’arma principale di questi poteri, spesso appellati come “forti”, è da sempre stata la capacità di dettare le narrative globali. Creare le condizioni affinché si scatenino degli eventi e poi assecondarli, ad esclusivo vantaggio personale di chi comanda la Terra (avendo sempre pronta in canna la possibilità fisica ed economica di plasmare le percezioni globali), fa sì che certe verità imposte diventino pressoché incontestabili.

E pare che sia stata esattamente la paura di perdere questa posizione predominante a spingere recentemente il WEF ad agire con maggiore “ferocia organizzativa”. Secondo alcuni, lo dimostrerebbe l’ultimo “piano in sei punti“, pubblicato in un comunicato del responsabile dell’industria mediatica di “casa Schwab“, Minosse Bantourakis, diretto all’attenzione dei governi (parastatali) di mezzo – o forse di 3/4 – di mondo, nonché ai privati “equivalenti” per ricchezza. E con il quale si punterebbe a invertire la tendenza della gente al distacco dall’organismo sovranazionale, oltre che a zittire – e in modo brusco – le fonti di “informazione alternativa“.

YouTube player

Il nuovo decalogo “davosiano”, in 6 pratiche ricette

Di seguito una sintesi dell’ultima brillante trovata del club di Davos:

  • Primo punto: la parola d’ordine è censurare, ossia (per addolcirla) “ridurre l’esposizione ai contenuti online di “disinformazione“, in particolare”. Significato reale? Che le istituzioni statali dovrebbero identificare gli “attori malintenzionati”, “contrastare i commenti generati dagli utenti” e puntare alla “demonetizzazione delle fake news”. Ma non basta: la Coalizione Globale per la Sicurezza Digitale del WEF, nata nel 2019 e capeggiata da esponenti collegabili a colossi come Microsoft e Google – e che si definisce “[…]una piattaforma pubblico-privata per la cooperazione globale e multilaterale” nel “contrasto dei contenuti e comportamenti dannosi online” -, si sarebbe dichiarata disponibile a collaborare sin da subito con la politica nell’individuare ed eliminare ciò che essi stessi (e solo essi) definiscono “cattiva dottrina“;
  • I punti due e tre mirerebbero a modellare profondamente l’opinione pubblica: il “[…]costruire consapevolezza sull’affidabilità dei mezzi di informazione” e il “migliorare l’alfabetizzazione informativa per consentire alle persone di distinguere la disinformazione errata” pare, infatti, che non siano altro che maschere per condizionare il pensiero critico a favore della narrativa accreditata (operazione che, se servisse, potrebbe essere portata avanti anche attraverso corsi specializzati da proporre a livello “paraistituzionale”, forse simile a quello “anti-fake” che Pfizer pare stia sponsorizzando nelle scuole italiane da metà ottobre);
  • Il quinto e il sesto punto, infine, rivelerebbero delle ulteriori tattiche: “monitorare l’audience” e profilare a vita i cittadini, attraverso degli “investimenti di marketing” che costruiscano un ambiente di sorveglianza costante; imporre come necessaria per tutti la digitalizzazione, accollandosi, da buoni governanti (non in grado di governare nemmeno le proprie poltrone), i costi di questi obiettivi.

La “caccia al dissenziente“, il quale rifiuta di connettersi e di lasciarsi spiare, è dunque aperta, signore e signori.
E se… in nome della libertà di informazione e d’opinione… fossero le volpi a cacciare i cani il questa volta?

YouTube player

Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Arianna Graziato del 30 ottobre 2023), Arezzoinforma.it, The Reuters Institute for the Study of Journalism, Euronews, Istituto Analisi Relazioni Internazionali (IARI), sito del World Economic Forum (WEF) e sezione pubblicazioni del sito del WEF, sito di Benedict Evans, The Verge, Wikipedia;

Canali YouTube: Euronews (in Italiano), Business Standard.

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube