Saman, il padre in aula: “Voglio sapere chi ha ucciso mia figlia”

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REGGIO EMILIA – La Corte d’Assise del Tribunale di Reggio Emilia, presieduta da Cristina Beretti, si è ritirata in Camera di consiglio per decidere la sentenza di primo grado nei confronti dei cinque parenti di Saman Abbas, accusati del suo omicidio avvenuto a Novellara il 30 aprile del 2021.

Per i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaeen la Procura di Reggio ha chiesto l’ergastolo e una pena di 30 anni di reclusione per lo zio Danish Hasnain. Anche per i cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq l’accusa aveva chiesto 30 anni, poi ridimensionati a 26.

“Non ho mai pensato di uccidere mia figlia, neanche gli animali lo fanno. Ma questa è l’etichetta che mi hanno dato i giornalisti anche se per me Saman era il mio cuore e il mio sangue e io non sono un animale”. Così, tra lacrime di commozione, Shabbar Abbas, il padre di Saman uccisa nel 2021 a Novellara, che ha preso oggi la parola in Corte d’Assise a Reggio Emilia, per raccontare la sua verità prima che i giudici si ritirino in Camera di consiglio per emettere la sentenza di primo grado nei confronti del 46enne e di altri quattro parenti.

“Voglio dire tutta la verità è liberarmi di un peso che mi porto dentro da mesi”, ha aggiunto Shabbar, che in un italiano stentato ha parlato per oltre due ore. “Mia figlia è morta, la mia famiglia è finita per me”, ha aggiunto l’imputato, sottolineando: “Anche in carcere la mia vita non è bella, sono senza figlia, senza figlio, senza moglie e dicono che sono il cane che ha ucciso la figlia. Ma questo non è nemmeno da pensare”. Shabbar ha più volte ribadito di aver ascoltato “molte parole false” nel processo, negando di essere ricco, o “mafioso” (“altrimenti non sarei andato a lavorare nelle serre”) come pure di aver minacciato in Pakistan la famiglia di Saqib, il ragazzo con cui Saman voleva stare.

Falso anche, ha precisato Shabbar, che in Pakistan abbia ucciso un uomo e sia stato in carcere. Fin dal 2016 quando lui e la sua famiglia sono arrivati in Italia per lavorare nell’azienda agricola di Novellara, ha spiegato l’uomo, “ho sempre lavorato per dare da mangiare ai miei figli, per me non mettevo da parte neanche un centesimo”. E ancora: “I miei figli sono sempre andati a scuola”, ma quando Saman- che doveva iscriversi alle superiori- chiese una macchina per spostarsi e lui le disse di no, la ragazza avrebbe deciso di lasciare gli studi. “A casa mia c’era un computer e lei diceva di usarlo per studiare, e di questo è vero che io ero contento”. Ma, ha detto infine l’imputato, “non è vero che picchiavo e minacciavo con il coltello i miei familiari (come riferito dal fratello di Saman, ndr) non l’ho mai fatto in vita mia”. E Saman “non era affatto rinchiusa in casa”.

SAMAN. IL PADRE: VOGLIO SAPERE CHI HA UCCISO MIA FIGLIA

“Questo processo non è completo. Voglio sapere anch’io con chi è andata mia figlia quella notte e chi l’ha ammazzata”. Lo dice Shabbar Abbas, padre di Saman, nelle dichiarazioni spontanee rese in chiusura del processo che lo vede imputato con altri quattro parenti dell’omicidio della figlia.

Stando alla versione fornita dall’uomo su quanto successo la notte del 30 aprile 2021, Saman dopo una giornata in cui “era stato tutto normale” aveva deciso di andare via di casa, riferendo ai genitori che sarebbe passata un’amica a prenderla. “Nonostante l’avessi pregata piangendo lei è uscita”, ha detto Shabbar raccontando che lui e la moglie, immortalati in un video considerato prova dell’accusa, le sarebbero corsi dietro per dissuaderla dallo scappare di notte senza però riuscirci. Il giorno dopo, compiuto il viaggio in Pakistan che i genitori avevano programmato da tempo, “ho ricevuto un messaggio da Saman che diceva: ‘Papà sto bene, dopo ti chiamo’”, ha spiegato ancora l’imputato, ammettendo la “colpa” di “non essere tornato subito in Italia”.

Rispetto alla versione fornita dal figlio, che ha accusato i parenti di aver pianificato ed eseguito l’omicidio, Shabbar afferma: “Lui non ha una mente forte, chiunque lo può prendere per mano e portarlo dove vuole”.

Quanto al presunto movente del delitto, il rifiuto di Saman al matrimonio combinato con il parente Akmal organizzato nel 2019, il padre afferma che “sia mia figlia sia mia moglie erano molto contente per questo bravo ragazzo, che aveva quattro anni in più di Saman (e non undici, ndr) e una casa e della terra in Pakistan”.

Per quanto riguarda la relazione di Saman con Saqib Aiub, sbandierata sui social, il padre di Saman sottolinea: “In famiglia erano tutti arrabbiati con questo ragazzo ed è vero che lo volevano picchiare. Questo amore con Saman non era una bella cosa”. Shabbar ha poi parlato anche della fuga d’amore in Belgio della figlia, scappata di casa nel 2020 per incontrare un ragazzo afghano”, rubando 8.000 euro e i gioielli d’oro donati dalla famiglia del futuro sposo, evidenziando: “Quando è tornata a casa le ho detto che non c’era problema per i soldi. Solo lei contava”. L’imputato ha infine definito “un disastro” la situazione in famiglia quando i Servizi sociali impedivano ai genitori di vedere la figlia: “Mia moglie piangeva sempre e sbatteva la testa contro il muro e anche io non lavoravo più come prima”. Rivolto ai giudici Shabbar ha concluso: “Mi sono liberato, fate giustizia come volete, io non dico niente”.Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

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