Parte il fondo sovrano made in Italy

Economia & Finanza

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E’ stato uno dei capisaldi della nuova strategia del ministro del made in Italy e delle imprese Adolfo Urso, per rilanciare il made in Italy e le tante eccellenze italiane. Il ministro, attivissimo su più fronti, ultimo in ordine di tempo la spinosa questione Stellantis, può salutare con soddisfazione l’avvio del nuovo fondo sovrano italiano. a quanto si apprende sembra finalmente ai nastri di partenza, questioni di giorni, il fondo sovrano made in Italy, che dovrebbe sostenere il tessuto produttivo nazionale nei settori di maggiore eccellenza. Istituito nel dicembre scorso con la legge n.206, ora sembra ora si attende a brevissimo il decreto con cui Mef e Miit affideranno a Cassa depositi e prestiti ed Invimit la gestione del veicolo finanziario voluto dal ministro Urso.

Le due società controllate del ministero dell’Economia saranno chiamate a  sovrintendere all’impiego del miliardo di euro stanziato dal governo come dotazione iniziale impiegando come 700 milioni di euro residui del Patrimonio destinato di Cdp per il 2023.  Il Governo, aveva chiarito che il fondo sovrano nazionale, con l’obiettivo di sostenere, da un lato, la crescita e il consolidamento delle filiere strategiche nazionali, anche nella fase dell’approvvigionamento di materie prime ed energia; dall’altro, il tessuto economico industriale del Paese in un momento cruciale di cambiamento strutturale delle filiere produttive in virtù delle nuove sfide economiche internazionali, quali, tra le più note, la crisi prodottasi con la guerra in Ucraina e le sfide europee introdotte dalle riforme conosciute nel loro insieme con il termine di green deal europeo.

Il fondo ha come obiettivo di rilanciare le eccellenze del made in Italy, nei settori legno-arredo, della ceramica, degli orafi, della nautica e del tessile. Il chiaro obiettivo e quello di creare un virtuoso volano di investimenti sia diretti e sia da investitori esteri su settori che rappresentano una assoluta eccellenza nel mondo. Il fondo è solo il punto di partenza della nuova politica industriale del governo, che, come ha spiegato lo stesso ministro Urso ha una “chiara visione di politica industriale, che coniuga le vocazioni del nostro Paese e le sue peculiarità territoriali, con le esigenze economiche e produttive che la transizione ecologica e digitale ci impone”. Il fondo fa parte della cosiddetta legge quadro del made in Italy che come dice sempre il ministro “rappresenta un momento di svolta per il Paese”, poiché pone al centro le filiere di eccellenza che saranno sostenute attraverso un fondo di investimento nazionale.

Il chiaro intento è quello di attirare nel nostro paese gli investimenti dei grandi fondi sovrani, come quello della Norvegia, del Qatar, dell’Arabia saudita e degli Emirati Arabi. Nel viaggio negli States dove Urso ha ottimi contatti a tutti i livelli, il ministro per le imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, reca un discreto bottino per le politiche economiche del governo Meloni. Urso ha strappato al segretario al Commercio americano, Gina Raimondo, la promessa di maggiori investimenti degli Stati Uniti in Italia; ha ottenuto un elenco di circa 80 possibili investitori per il fondo sovrano per il Made in Italy. Ma anche alcuni tra i grandi fondi sovrani, in primis quello dell’Arabia Saudita, hanno fatto intendere di guardare alla iniziativa con grande interesse.

Il fondo quindi sembra nascere sotto i migliori auspici e pare una proposta corretta e sensata e assolutamente in linea con l’attuale situazione geopolitica, come spiegava qualche mese a Formiche.net Michele Costabile, professore ordinario di Management e Marketing nell’Università Luiss Guido Carli di Roma ” Mi chiedo a questo punto perché nessuno ci abbia pensato prima. Non ho una risposta. Per fortuna, alcuni imprenditori, penso a Marzotto e Garrone, hanno messo in piedi iniziative per la concentrazione di artigiani del made in Italy nel lusso”, prosegue l’economista e docente. “Quello che oggi conta ed è importante è che i progetti che vanno a sostegno del made in Italy vengano realizzate. Sia chiaro, il mio non è protezionismo, bensì senso della realtà, cioè necessità di accrescere il nostro valore industriale”.

 

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