Presentazione del Film “Maschile Plurale”: la nuova favola del futuro

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ROMA – Il 16 febbraio 2024 si è tenuta nella cornice della Feltrinelli in Via Appia Nuova, la presentazione della commedia sentimentale “Maschile Plurale” diretta da Alessandro Guida, con Giancarlo Commare, Gianmarco Saurino, Michela Giraud, Andrea Fuorto, Francesco Gheghi e Nicole Rossi, uscita nelle sale da due giorni.

Dopo il successo di “Maschile Singolare” uscito su Prime Video nel 2021, Guida ritorna con un sequel ancora più inclusivo, A moderare l’incontro il giornalista de L’Espresso, Simone Alliva, alla presenza del regista e di parte del cast. La storia riparte tre anni dopo la morte di Denis, l’amico che ha unito Antonio (Commare) e Luca (Saurino). I due incrociano di nuovo le loro esistenze quando ormai Antonio è diventato un pasticciere di successo e workaholic, mentre Luca ha conosciuto Tancredi (Fuorto), operatore di una casa-famiglia per giovani LGBTQ+, che lo ha aiutato a superare una fase complessa della sua vita. Quando i due si ritrovano, Antonio capisce di provare qualcosa di importante per Luca e gli propone di rilevare insieme il forno di famiglia che l’amico è stato costretto a vendere. Antonio tenta di sabotare la relazione di Luca col fine ultimo di riconquistarlo, nonostante la sua storica amica Cristina sia scettica.

Il dialogo prende le mosse dall’importanza e dal coraggio di portare sul grande schermo tematiche del genere, che non vengono mai raccontate e che sono per la maggior parte della popolazione italiana sono ancora tabù. Lo sfondo su cui gli attori si muovono è infatti una casa famiglia che accoglie ragazzi e ragazze LGBTQ+, un centro antiviolenza in cui possono rifugiarsi ed essere protetti dalla dilagante omotransfobia, dopo essere stati cacciati di casa dai propri genitori o licenziati dal lavoro per via del loro orientamento sessuale e/o dell’identificazione nel sesso opposto al proprio.

Quando ho visto in anteprima la pellicola ho pensato: ecco, finalmente un film italiano che dice qualcosa, che parla di questioni quotidiane senza perdersi nella politica o nella narrazione irreale di questo tema” – ha confessato in incipit Alliva davanti al regista Guida – “che racconta un po’ l’Italia che vorremmo”.

Nel film, infatti, si accede un faro su tutta la comunità che popola i rifugi di questo tipo, che sono pochissimi nel nostro Paese ma esistono e resistono grazie ad educatori e assistenti sociali che hanno come missione personale quella di aiutare questi giovani a trovare il modo di inserirsi nella società. In particolare, spiega Guida, “noi abbiamo portato sullo schermo la storia d’amore tra due educatori, anche loro appartenenti alla comunità LGBTQ+, che sono Antonio e Luca, i quali si impegnano per trasmettere a questi ragazzi e ragazze la propria passione, insegnandogli il mestiere del pasticcere. Al tempo stesso cogliamo l’occasione per parlare anche di coloro che vivono nella struttura, come il personaggio interpretato da Nicole, e il ruolo fondamentale di Tancredi come assistente sociale”.

Io avuto esperienza di una casa famiglia” – interviene Nicole Rossi – “è stato un po’ terrificante perché era gestita da un prete che trovavo estremamente eccentrico, ma la cosa affascinante è che cercava di far capire ai ragazzi che posto potevano trovare nel mondo fuori. La magia delle case famiglia è che ti costruiscono un posto attorno affinché quando esci da lì sai come riconoscere un luogo da chiamare “casa”, perché per chi una casa non ce l’ha mai avuta è impossibile riuscire a riconoscerne una quando la trova”.

Una cosa incredibile di Maschile Plurale, e prima ancora di Maschile Singolare,” – prosegue – “è che racconta una storia d’amore. Punto. Non un amore gay, omosessuale, lesbico. Un amore. Senza bisogno per forza di sottolineare perché fa figo. In questi due film non è centrale l’attivismo, il coming out e la tragedia intorno a questo momento, la tragedia proprio non c’è. Nel primo si parlava di un uomo che cercava di trovare se stesso dopo aver interrotto una relazione di tanto tempo – cosa che capita a chiunque di noi – e in questo secondo si racconta una coppia, l’amore ritrovato in un contesto che per tante persone diventa casa.”

In effetti, il sequel è stato richiestissimo e forse ha anche tardato ad arrivare, ma di certo è essenziale per approfondire i personaggi introdotti nel primo, oltre che per dare un altro finale alla vicenda.

Agganciandosi al discorso interviene anche Giancarlo Commare: “Entrambi i film raccontano l’amore da ogni punto di vista, che sia un’amicizia, che sia il legame tra due persone che creano un rapporto nel passato e lo ritrovano nel futuro, e ci invita proprio a non aggrapparci, a non ancorarci al passato, ma a meravigliarci delle cose che possono accadere. Maschile singolare ci insegna innanzitutto l’amore per sé stessi, perché prima di riconoscere la casa o l’amore per l’altro bisogna saperlo riconoscere verso sé stessi; dopodiché il discorso diventa plurale, appunto, e si parla dell’importanza anche di lasciarsi amare”.

Oltre al personaggio della mitica Michela Giraud, che nel secondo diventa più un grillo parlante, l’amica etero saggia che cerca di consigliare con la comicità che la contraddistingue, c’è Tancredi che ha un altro ruolo fondamentale nella storia, un po’ da terzo incomodo. Andrea Fuorto, infatti, parlando della sua esperienza come new entry del cast ha dichiarato: “Io non conoscevo nulla di quel mondo, sono arrivato a questo progetto canonicamente con provino e ho cercato di inserirmi in una macchina che già andava da sola tentando di rubare il più possibile da Gianmarco e da Giancarlo – che sono sempre stati da subito super disponibili all’ascolto e al confronto – per cercare di costruire al meglio questo rapporto a tre, in cui sono il rompipalle che si ritrova in mezzo al loro amore e fa il geloso di turno, ma che alla fine comprende quanto forte sia il loro legame e che se vuoi davvero la felicità dell’altro sei disposto a farti da parte rinunciando alla tua di felicità”.

Maschile plurale, tra le altre cose, fa riflettere anche sul concetto delle seconde chance e della ricerca di quel posto in cui puoi affermare di essere felice. Qui prende parola Gianmarco Saurino: “A me è capitato di sentirmi a casa anche in un posto dove camminavo per la prima volta. Quindi casa per me può essere tante cose e anche una persona. E ho la fortuna di avere questa casa nella mia vita. Più di tutto credo che casa siano le persone di cui ti circondi, quelle con le quali stai bene”.

La palla poi torna ad Andrea, che nell’interpretazione del suo personaggio ha dovuto anche diventare drag queen e affrontare quella femminilità negli uomini che viene solitamente rigettata. “Il percorso per immedesimarmi in quella parte c’è stato, ma è stato anche abbastanza semplice perché io penso che quando devi interpretare una persona che è tanto distante da te, mettere la maschera, un vestito, una parrucca e tutto quanto, la vita dell’attore diventa molto più semplice. Lavorare su quel personaggio è stato divertente e mi ha dato la possibilità di esprimermi anche in un altro modo rispetto al geloso Tancredi, come se avessi dovuto essere due personaggi insieme praticamente: lui che si esibisce e lui che gestisce i ragazzi e cerca di mantenere l’amore con Luca. Insomma tanto divertimento e anche la ricerca di delicatezza e armonia nei movimenti”.

Il giornalista Alliva coglie successivamente l’occasione per fare un’altra considerazione ricordando le parole di una filosofa femminista di nome Adrienne Rich, la quale parlando di eterosessualità afferma che “l’eterosessualità è qualcosa di immaginabile”. Sin da quando siamo piccoli, infatti, veniamo bombardati da relazioni eterosessuali nel cinema, nella musica, nei libri e per questo l’eterosessualità per noi è sempre immaginabile. Sul punto si sofferma conseguentemente Nicole, che – da attrice ma anche scrittrice del libro “Aria” in cui affronta il tema dell’attivismo performativo – dice: “Noi abbiamo la possibilità di scrivere le favole che i nostri figli, figlie, leggeranno nel futuro. Con Maschile Plurale, con Aria, con i prodotti che stiamo creando, abbiamo raccontato una nuova favola. Stiamo scrivendo l’umanità che sarà domani. Per questo l’uso delle parole è essenziale ed è importante che siano misurate.” – continuando poi – “Noi abbiamo sempre ascoltato di donne che sono soggetto passivo nei riguardi dei rapporti sessuali, mentre in questo film si sente un ragazzo che per la prima volta si rende oggetto passivo di una donna. È un piccolo concetto che però piano piano può entrare nelle nostre teste ed entrando nelle nostre teste diventare linguaggio. Questo è attivismo. Non sempre ci sono degli eroi, come Tancredi. Che poi in realtà non sono eroi, ma persone che decidono che apportare qualcosa al mondo per loro significa fare del bene all’altro, il che per me è una gran cosa, perché, con tutte le fatiche quotidiane che abbiamo, darsi all’altro è estremamente complicato. Però noi possiamo fare il nostro attivismo anche nelle virgole, nelle cose più piccole”.

A questo discorso si collega anche Saurino con un’accesa riflessione: “Io credo che il femminicidio sia veramente il grande tema che spesso si nasconde sotto al tappeto e credo che sia il più grande dramma di questo Paese. Una donna che muore ogni due giorni, o ogni giorno, o ogni tre giorni è il tema di cui dovremmo parlare continuamente, soprattutto noi uomini dovremmo essere i primi. Ma noi uomini non siamo stati educati sentimentalmente e civicamente a gestire la fine di una relazione, perciò continuare a non parlarne o far finta che questa cosa sia soltanto una delle brutte notizie che arriva nei telegiornali ogni giorno dicendo: “ah è successo ancora”, finisce per dare un peso relativo all’accaduto perché ormai ci siamo abituati. Ci siamo abituati che gli 80, 90 o 120 migranti che arrivano sulle nostre coste, non sono 100 vite, esseri umani. E una donna che muore ogni due giorni è soltanto una delle tante. E, invece, questo dovrebbe essere l’argomento di cui tutti noi dovremmo discutere ogni giorno a tavola. Trovo ridicolo che non si parli solo di questo” – aggiungendo, inoltre, – “Quello che mi sento di dire a tutti voi, come consiglio personale, perché è anche quello faccio io a prescindere dal mio lavoro, è trovare un argomento che veramente vi fa scaldare. Se ognuno di noi trovasse un unico argomento che ci smuove, che ci fa stare scomodi sulla sedia e si occupasse di quello, – e può essere qualsiasi cosa, dalla raccolta differenziata ai diritti LGBTQ+, all’impatto ambientale, al femminicidio, ai migranti, alla guerra in Palestina – sarebbe molto meglio che 4 o 5 personaggini con 30 milioni di follower che pubblicano una storia al giorno su qualsiasi cosa senza davvero interessarsene, solo per mettersi in pace la coscienza. Scegliamone uno, ognuno di noi. Uno che ci muove. E prendiamolo fino in fondo”.

Dopo un botta e risposta con qualcuno del pubblico, curioso di conoscere retroscena attoriali e dinamiche produttive del nuovo film, ha concluso l’evento Alessandro Guida dicendo: “Io non faccio i film per me stesso, io non faccio i film che mi piacciono. Io racconto delle storie che spero che trasmettono qualcosa agli altri e, secondo me, la cosa più importante dell’emozione degli altri è l’ascolto degli attori, è cercare di capire cosa smuove gli altri, il che non vuol dire, attenzione, inseguire il gusto degli altri. Anzi il più grande errore che c’è nell’editoria e nel cinema mondiale ad oggi è quello di inseguire il successo, inseguire il pubblico. Noi dobbiamo piuttosto formarlo, stupirlo e veramente portarlo magari a riflettere su qualcosa che vogliamo. Quindi, la cosa più importante che deve fare un autore o un regista, è interessarsi a ciò che effettivamente riuscirà a trasmettere. Punto.”

Insomma, è stato un evento pedagogico più che una semplice presentazione di un film, un film che ci auguriamo davvero diventi una delle nuove favole del futuro!

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