Pietruccio Montalbetti dai Dik Dik con “Senza luce”, “Sognando la California” e l’isola di Wight.ai libri di viaggio

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di Camilla G. Iannacci

Pietruccio Montalbetti non è solo il chitarrista, cantante, fondatore dei Dik Dik e collaboratore  di Lucio Battisti, Mogol, Maurizio Vandelli e Caterina Caselli, infatti è un viaggiatore indefesso ed è dai suoi viaggi che nascono libri.

Non si è accontentato di vivere l’esperienza a tavolino come Salgari, (costrettovi, purtroppo, dalla vita), Montalbetti non inventa viaggi, non li sogna ad occhi aperti, non li posta su instagram né su twitter o facebook: li vive sulla propria pelle.

Dopo “I ragazzi della via Stendhal” (2017), “Settanta a settemila. Una sfida senza limiti di età” (2017), “Io e Lucio Battisti” (2013) e “Sognando la California, scalando il Kilimangiaro” (2011) e dopo Tibet, Nepal, India passa in Amazzonia ora  “Io mi fermo qui. Viaggio in solitaria tra i popoli invisibili”.

Se, per Platone, la filosofia è sempre “in viaggio verso Siracusa”, Pietruccio Montalbetti è sempre in viaggio in cerca di niente e forse del niente come non a caso s’intitola il suo ultimo Album che è il riflesso di questa Amazzonia che, a sua volta, si rispecchia in quelle musiche e parole.

La musica è temporalità, spazialità, silenzi e pause: è movimento. Come è vita in movimento quella di Pietruccio Montalbetti e dell’homo movens: l’esploratore, mai sazio di conoscenza come Ulisse che osa andare oltre le colonne d’Ercole. Odisseo cerca non solo la sua Itaca ma le sue molte Itache, non solo l’approdo della terra natia ma il movimento che è vita ed è della vita.

La terra non è ferma come non è fermo l’uomo e gli elementi naturali che lo circondano: i fiumi, l’aria: il movimento, il cambiamento ci abitano.

Senza l’andare non ci sarebbe stato l’uomo che trasforma sé e il suo mondo: anche isolandosi per vivere la propria interiorità e tornare di nuovo all’altro

La vita è un viaggio ed un viaggio mai inutile, non va mai a vuoto anche se non si raggiunge la meta: il viaggio ci parla anche e, forse, di più quando manchiamo la meta e scontiamo i nostri limiti.

Imbattersi in vie non battute ed in solitaria è il modo per venire di nuovo al mondo.

“A chi mi domanda la ragione dei miei viaggi rispondo che so bene quello che fuggo ma non quello che cerco” scrive Michel de Montaigne e Pietruccio dichiara che non vuol mostrare niente: il suo viaggio o meglio i suoi viaggi, perché non ha mai smesso di andare da un luogo all’altro, sono costitutivi della sua vita.

Il viaggio è la sua vita: dopo aver letto il libro ed ascoltato l’album, Pietruccio ci consente di fare, per un attimo, anche nostro il suo viaggio.

“Il qui” dove si ferma Pietruccio Montalbetti è la serendipity, è l’esperienza da augurare a tutti: l’inaspettato. il non cercato, l’imprevisto: una via (hodós) che conduce oltre (metá) e ad altro.

Ed è qui nella serendipity che Pietruccio ci invita e ci accoglie generoso.

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