L’arte di ottenere ragione è antica come il mondo o meglio come la filosofia infatti Sant’Agostino sostiene la congruità della dialettica con la teologia cristiana: chiunque discuta è un dialettico persino la stessa voce di Dio “venite, disputemus, dicit dominus”, scrive F. Volpi nel suo commento a “L’ arte di aver ragione esposta in 38 stratagemmi”.
Come e perché questo accostamento di Sant’Agostino con Schopenhauer che non fa mistero di raccogliere “gli artifici disonesti più ricorrenti nelle dispute, le vie traverse ed i trucchi di cui si serve la natura umana per celare i suoi difetti, le scappatoie della limitatezza, dell’incapacità sorelle della vanità e della disonestà”.?
Il vero ed il falso: la dialettica
Per Schopenhauer “il vero deve apparire falso ed il falso vero, chi disputa non lotta per la verità ma per imporre la propria tesi”.
E’ un vero proprio invito a nozze quello che Volpi rivolge al lettore, nel senso che parte dal “De Nuptiis Mercurii et Philologiae” di M. Capella nelle cui pagine la dialettica é vista come una damigella che stringe, nella mano sinistra, un serpente e, nella destra, nasconde un uncino: insidie ed agguati non sono certamente velati.
La dialettica afferma di essere l’unica capace di distinguere il vero dal falso, mentre Pallade la definisce “nobile fonte della scienza profonda”. La dialettica non viene identificata con la sofistica e l’eristica che “del sapere hanno solo la parvenza”.
La naturale prepotenza umana
L’uomo è per natura prepotente, vuol aver ragione e la dialettica è la dottrina del modo di procedere della naturale prepotenza umana: è l’arte di disputare in modo da ottenere ragione con mezzi leciti ed illeciti.
Da M. Capella a Schopenhauer quali passaggi, quali modificazioni hanno segnato la dialettica?
Sono proprio gli artifici, i trentotto stratagemmi di cui si avvale “la naturale cattiveria del genere umano” per ottenere comunque ragione, a guidarci nella ricostruzione della storia della dialettica.
In breve, accogliamo per il momento, il consiglio del quarto stratagemma, quindi occultiamo il nostro gioco e seguiamo Schopenhauer nelle sue varie mosse e contromosse.
Come dimostrare le proprie tesi? Anche con premesse false, “il vero può conseguire anche da premesse false” (5^ stratagemma)
Ed ancora “dalla tesi dell’avversario si traggano a forza, attraverso false deduzioni altre tesi che non corrispondono all’opinione di quello”.
L’arte della seduzione nell’ottenere ragione
Un’arte della seduzione dell’ottenere ragione, emerge dalle sottigliezze, dagli artifici; un vero e proprio esercizio di scherma: “colpire e parare, questo é quello che conta” continua implacabile Schopenhauer.
Il 9^ stratagemma non lascia spazio al dubbio: “porre domande con spostamenti di ogni genere, l’avversario non capisce dove si voglia andare a parare e non é in grado di prevenire”.
Non bisogna arretrare, anche l’ira (8^ stratagemma) può essere utile per vincere nelle dispute: “suscitare l’ira dell’avversario, perché nell’ira egli non é più in condizione di giudicare e percepire il proprio vantaggio”.
Come recare danno all’avversario
E’ vitale non farsi battere ed a tal fine (18^ stratagemma) “se l’avversario ha messo mano ad una argomentazione con cui ci batterà, dobbiamo interrompere, allontanare o sviare l’andamento della disputa e portarla su altre questioni”.
Nuocere all’avversario attraverso l’insistenza su un argomento verso il quale egli si sia dimostrato particolarmente debole “bisogna incalzare con quell’argomento per farlo montare in collera” (27^ stratagemma) ed in questo modo recargli danno.
Schopenhauer raccomanda di essere pronti alla diversione “se ci si accorge di venire battuti”.
Dialettica e logica
Sottende alle mosse del gioco il seguente passo del trattatello: ”la verità oggettiva di una proposizione e la verità della medesima, nella approvazione dei contemporanei, sono due cose diverse”. E’ a questa che “è rivolta la dialettica” mentre “la verità oggettiva è oggetto della logica”.
Schopenhauer arriva al cuore del problema parlando più propriamente di dialettica eristica.
Non si può proseguire oltre senza risalire alle fonti della dialettica, della cui storia Schopenhauer traccia un breve profilo.
Ma non si vuole togliere a chi legge il gusto di scoprire l’ultimo stratagemma con cui si chiude, a sorpresa, il libretto.
Camilla G. Iannacci
Di formazione classico-filosofica, ha seguito lezioni e conferenze di Filosofia alla Fondazione S. Carlo di Modena, ai Dip.ti delle Università di Torino e Firenze.
Ha partecipato al Bando del CNR ”Pubblicazione Opera: Opere Storiche, Filosofiche e Letterarie Italiane con particolare attenzione alla Riflessione Contemporanea” con “Il principio di indeterminatezza quale Ermeneutica del rapporto uomo-Physis”
Recensita in Storie distr. Feltrinelli, MI – Storia della Letteratura Italiana, Helicon Ed. a c.d. Prof. N. Bonifazi con la prefazione del Prof. G. Luti ed alcune sue poesie sono apparse on line su www.espresso.it e alcuni racconti su La Repubblica-Firenze
Ha ricevuto i seguenti premi: il CDCalendarsPirelliINTERNETional; il 1^ Premio del Concorso di Poesia “Pegaso-Dire” di Biella;
il 2^ Premio Internazionale di Poesia “La Piazzetta” di Salerno col Patrocinio di Presidenza e Senato della Repubblica; il 2^ Premio del Concorso di Prosa “Pegaso” di Biella;
è risultata 3^ classificata alla 25^ ed. del Premio Letterario internazionale “La Pira” del Centro studi “G. Donati” di Pistoia.
Pubblicazioni: Desideranza; Philopoiesis; Il post pop e lo human-tech-space; Ferragni e Fedez: Analitica, Morfogenesi e Singolarità dei Fashion blogger influencer nell’info-sfera dei social media; Ferragni and Fedez: Analysis and Morpho-genesis of a Singularity in the info-space-time of social media; Ferragni and Fedez: Media-Morphosis; Aphorism about the Ferragnez.
Ha curato le Pubblicazioni di Giacinto Plescia.