Un quattordici di maggio
Ho notato stamane un ché di strano,
un nugolo di bimbi imbacuccati
in concitato andar con fiori in mano
verso la scuola, con far da congiurati.
Stupito, ho afferrato un diavoletto
che come spada brandiva un mazzolino.
Cos’è, gli ho chiesto, che ti stringi al petto
Con fare da focoso paladino?
Lui m’è sfuggito con una risatina
poi, da lontano, dall’alto di una spanna,
m’ha gridato gioioso: – stamattina,
vecchio, non sai ch’è il giorno della mamma? –
E’ ritornata allora alla mia mente
Un’immagine dal tempo assai sbiadita:
la donna che mi tolse dal mio niente
e col suo amor dé seme alla mia vita.
Mamma, perché in questo dì di maggio
Non c’è ancor per me il tuo sorriso
Dov’è la voce che dava a me coraggio
Ed il seren radioso del tuo viso?
Ora son qui, ingrato, a rivangare
La cecità dei miei giovani anni
Allor che mai seppi a te alleviare
Le pene, le fatiche e né gli affanni.
Ora son qui a mordermi le dita
Chino sulla tua tomba, bianca e austera,
adorna sol d’una rosa sbiadita:
senza il tuo sole, attendo la mia sera.
Bari, 14.05.1978 Emilio pepe
Avete letto bene! 14.05.1978, poesi pensata, scritta e mai pubblicata dall’Ing. Dott.Emilio Pepe. Oggi onoriamo le mamme con questa poesia. Ai nostri lettori la condivisione della poesia!!