L’Ucraina, dopo una pausa dipesa da fatti di guerra e dal crollo economico del 2014-2015, nel tardivo mese di agosto del 2017 ha finalmente riavviato una sua debole campagna di privatizzazione.

L’organismo di privatizzazione, il Fondo di proprietà statale (SPF), degli otto lotti che voleva mettere all’asta, ognuno dei quali deteneva il 25% delle quote di società energetiche, di generazione e trasformazione, è riuscito ad indire aste per cinque, di cui ne ha aggiudicati solo due. Il governo inoltre, che dalle vendite ha incamerato 115 milioni di dollari, quando nel bilancio di previsione aveva imputato 17 miliardi di grivna (650 milioni di dollari), si sta anche mostrando restio a dare inizio ad altre privatizzazioni. Chiaramente, i ritardi e le incertezze potrebbero complicare ulteriormente le consultazioni con il Fondo Monetario Internazionale – il maggior sostenitore economico dell’Ucraina – che è atteso a Kyiv per la fine del mese, di cui, una delle fondamentali condizioni che ha imposto per proseguire il programma di 17 miliardi di dollari (Extended Fund Facility – EFF) per sostenere l’Ucraina, è appunto il processo di privatizzazione nazionale.

Tutti i lotti sono stati acquisiti da Ornex, un’impresa legata all’uomo d’affari più ricco dell’Ucraina, Rinat Akhmetov. In passato, le aste erano impostate in modo tale da poter agevolare gli acquirenti favoriti dal governo; questa volta però l’asta è stata presentata libera da “favoreggiamenti”, ma alla fine, per mancanza di concorrenza, la sostanza non è cambiata: nessuno ha partecipato all’asta, solo Ornex ha presentato un’offerta. Ognuno dei cinque lotti conteneva una società che era stata privatizzata ancora diversi anni fa, quando i governi precedenti vendevano le quote di maggioranza con “offerte di privatizzazione” senza la necessaria trasparenza, ed erano già entrate da allora a far parte del conglomerato energetico di Akhmetov, DTEK, ragion per cui oggi, l’acquisto di quote di minoranza di queste società figlie di DTEK, sarebbe stato di poco senso per degli estranei.

L’ultima asta del 31 agosto, riguardava le quote della società di trasformazione energetica Dniprooblenergo e della società di generazione energetica Dniproenergo, entrambe ubicate nella zona industriale sudorientale di Dnipro (ex Dnipropetrovsk) e Zaporizhya. Ornex ha offerto l’equivalente di 38 milioni di dollari per la quota di Dniprooblenergo, pari al doppio del prezzo d’asta, e 28 milioni di dollari per la quota di Dniproenergo, uguale alla richiesta d’asta. All’apertura delle buste per la ditta Dniprooblenergo c’erano due offerte, ma Ornex s’è aggiudicato il concorso grazie alla sua offerta più alta, mentre per l’altra società, Dniproenergo, non c’era nessun altro concorrente.

Un giorno prima, il 30 agosto, SPF ha annullato l’asta per mancanza di offerte per la cessione del 25% delle azioni della società di generazione di energia, Donbasenergo. Ciò era previsto, dato che i beni di Donbasenergo sono concentrati nelle aree detenute dalle forze ibride russe nella regione orientale del Donbas. Non è chiaro perché il governo avesse messo in vendita una parte di una ditta che è ubicata nella zona di guerra, con il rischio di maldestri sequestri da parte delle forze occupanti. SPF non è riuscita a vendere nemmeno le quote delle società di fornitura di energia, Odesaoblenergo e Sumyoblenergo.

Il lento riavvio della privatizzazione sarà probabilmente uno dei motivi di discussione che il governo dovrà affrontare con il primo vice direttore generale di FMI, David Lipton, che dovrebbe essere a Kyiv dal 12 al 14 settembre. Inoltre, per la fine dello stesso mese, è prevista anche una missione di FMI per verificare se il paese è pronto a ricevere la successiva tranche di EFF. Kyiv aveva promesso a FMI che quest’anno avrebbe venduto, non solo le quote delle aziende energetiche, ma anche la società chimica di Odessa, Odessa Portside Plant e le due centrali di produzione di energia, Centerenergo e Turboatom, che producono turbine per centrali elettriche, tra cui impianti nucleari. La privatizzazione di ciascuna delle ultime tre società, è da tanti anni che per i più svariati motivi viene continuamente rinviata; tuttavia oggi, alcuni rapporti stanno segnalando che l’impianto del porto di Odessa dovrebbe essere ceduto solo all’inizio del prossimo anno, mentre la privatizzazione di Centerenergo è stata rinviata alla metà dell’anno prossimo.

SPF nel frattempo, è da aprile di quest’anno che è senza il suo direttore, da quando cioè, Igor Bilous, che l’aveva presieduta per meno di un anno, si è dimesso. Il governo, il 6 settembre, ha sostituito Dmytro Parfenenko, un esperto messo provvisoriamente al comando di SPF, con Vitaly Trubarov.
L’intervento del governo ha fatto scoppiare un putiferio tra le aziende energetiche ucraine, non solo per le pressioni e le modalità di sostituzione, ma anche perché il governo è stato accusato di “interessi suoi diretti”. Per inciso, due ex capi SPF sono morti in modi molto strani: Valentyna Semenyuk-Samsonenko, che ha presieduto la struttura dal 2005 al 2008, è stata trovata morta nel 2014 in casa sua per un colpo violento alla testa, e Mykhaylo Chechetov, presidente dal 2003 al 2005, è “caduto da una finestra” del 17esimo piano nel 2015.

Kyiv, oltre alle privatizzazioni ha promesso a FMI di adottare la riforma delle pensioni e misure più efficaci contro la corruzione. Il governo e il parlamento hanno incluso la riforma delle pensioni tra le loro priorità di questo autunno; anche se non è chiaro quando ciò succederà. Per quanto riguarda la corruzione, Kyiv sta trascinando i piedi per creare un tribunale anticorruzione: i prossimi colloqui con i funzionari di FMI si prospettano particolarmente spinosi.