Il coronavirus ha inaugurato una nuova era nel conflitto tra Usa e Cina

Economia & Finanza

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Mentre Pechino si appresta a uscire dalla crisi della pandemia e riprendere la piena produttività, gli Stati Uniti rischiano di scivolarci solo ora con conseguenze poco prevedibili sull’economia e sui rapporti internazionali. E in uno scenario geopolitico frammentato, ogni riposizionamento può essere

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Xi Jinping e Donald Trump

Dopo la guerra dei dazi, la nuova sfida tra le due superpotenze economiche Usa e Cina si gioca sulla ripresa dopo l’impatto sul Pil causato dall’emergenza coronavirus. Washington e Pechino si apprestano dunque a incrociare di nuovo le spade. In questi giorni gli Stati Uniti hanno superato la Cina e l’Italia per numero di casi di contagi, diventando il nuovo epicentro dell’epidemia.

Nonostante i segnali di pace, lo scontro continua 

Insomma tra i due titani dell’economia mondiale lo scontro continua, nonostante i segnali di pace che il presidente Usa, Donald Trump, e quello cinese, Xi Jinping, si sono scambiati telefonicamente la scorsa notte. “Stiamo lavorando assieme a stretto contatto. Grande rispetto!”, ha detto Trump, mentre Xi ha replicato: “Solo uniti si può vincere, si spera che tutte le parti mettano in pratica il coordinamento e la cooperazione e mettano in pratica i risultati del G20 per rafforzare la cooperazione contro l’epidemia e stabilizzare l’economia globale”.

Tuttavia, nonostante i due leader agitino i ramoscelli d’ulivo, la realtà è che, dopo la guerra dei dazi, la competizione tra Usa e Cina dovrà affrontare una prova forse ancora più dura. Quella del Covid-19. 

Pechino esce dal tunnel, Washington ci entra ora

La Cina è entrata nell’emergenza coronavirus per prima e ora sta uscendo dal tunnel, mentre gli Usa stanno iniziando a subire i primi contraccolpi della crisi, rischiano seriamente di diventare l’epicentro dell’epidemia e resteranno a lungo alle prese con il virus. Trump vorrebbe che l’economia Usa iniziasse a normalizzarsi entro Pasqua, ma Bill Gates, l’iconico fondatore della Microsoft, l’ha accusato di “pensare solo al Pil” e ha replicato che gli Usa dovranno probabilmente restare in ‘shutdown’ fino a fine maggio per evitare una crescita esponenziale dei contagi di coronavirus.

La banca d’affari JP Morgan è più pessimista e ritiene che gli Stati Uniti potranno vedere la coda dell’epidemia solo entro giugno.

Jp Morgan prevede un Pil in calo del 10%

La stessa JP Morgan ha poi rivisto le sue stime sull’impatto del coronavirus sull’economia americana, pronosticando una contrazione del Pil del 10% nel primo trimestre e del 25% nel secondo, contro il -4% e il -14% stimati solo la settimana scorsa. “Ciò – si legge nel rapporto di JP Morgan – lascerebbe il livello di attività del 10% al di sotto di quella pre-virus, proprio come sta accadendo in altre aree dove l’epidemia si è diffusa precedentemente, come l’Italia. Inoltre prevediamo che il tasso di disoccupazione negli Usa raggiungerà un picco vicino all’8,5%”.

Secondo JP Morgan tutto ciò dimostra che l’esperienza cinese “potrebbe non essere più un confronto appropriato” per gli Usa. Secondo JP Morgan, ci sono troppi fattori di incertezza di cui tener conto per stilare delle previsioni attendibili. Il sostegno federale di 2.000 miliardi di dollari arriverà sotto forma di prestiti piuttosto che di sovvenzioni. “I prestiti sono migliori di niente – nota JP Morgan – ma faranno lievitare molto l’indebitamento delle imprese”.

“Difficile fare previsioni oltre 6 mesi”

Guardare oltre il secondo trimestre diventa molto più complicato. Ci si potrebbe aspettare un rapido rimbalzo dell’attività produttiva dopo uno shock acuto e concentrato come quello prodotto dal virus, proprio come spesso vediamo dopo disastri naturali.

E i politici stanno agendo rapidamente per fare tutto il possibile per produrre un risultato come questo.

Tuttavia, secondo JP Morgan è improbabile che ciò avvenga poichè, nonostante gli sforzi della Fed e del Tesoro, la crisi avrà impatti devastanti sui consumi, sul mercato del lavoro e sulla liquidità delle le aziende, le quali nei prossimi mesi subiranno una stretta nei finanziamenti, che limiterà la rapidità del rimbalzo che possiamo aspettarci nelle assunzioni e negli investimenti.

7.500 miliardi di dollari a disposizione degli Usa 

Per affrontare la crisi gli Usa hanno a disposizione un bazooka da 7.500 miliardi di dollari. Secondo le stime di Capital Alpha la nuova legge approvata dal Congresso prevede aiuti per 2.000, “ma noi – spiega la stessa Capital Alpha – stimiamo che in realtà contenga una liquidità di 3.000 miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti ulteriori 490 miliardi di dollari di spesa”.

Inoltre “i prestiti da parte della Federal Reserve potrebbero arrivare a fornire fino a 4.000 miliardi di dollari di liquidità aggiuntiva, il che porta il totale a 7.500 miliardi di dollari, una cifra pari al 35% del Pil Usa”.

La Cina teme i contagi da rientro

La Cina, entrata per prima nel tunnel, come era prevedibile ne sta uscendo per prima. Ora Pechino non teme più i contagi interni, praticamente azzerati, ma teme quelli “di rientro”. Per questo ha attuato una stretta sui voli internazionali in entrata e in uscita.

Le stime sul Pil del Dragone

L’uscita dal tunnel della Cina, non significa uscita dalla crisi. Le ultime stime sull’andamento dell’economia cinese sono quelle di Moody’s e di Goldman Sachs e non sono previsioni abbastanza pesanti. Per Moody’s nel primo trimestre il Pil cinese subirà una contrazione del 27%.

“Dopo il crollo del primo trimestre – spiega l’agenzia – l’economia cinese sta tornando a crescere. A meno che il virus non ritorni, la Cina dovrebbe essere pienamente operativa entro la fine dell’anno”. Per Moody’s quest’anno la crescita dell’economia cinese si fermerà a +1,7%, contro il +6,2% stimato a gennaio prima dell’inizio dell’epidemia. Molto più ottimista la stima di Goldman Sachs, secondo la quale il Pil cinese scenderà del 9% nel primo trimestre e potrebbe rimbalzare a +1,5% nel secondo trimestre.

Secondo gli analisti della banca d’affari il Pil tornerà a marciare sui livelli pre-coronavirus soltanto nei tre mesi estivi, quando l’incremento del Pil potrebbe attestarsi al 7,5%, per poi accelerare definitivamente al 9,8% negli ultimi tre mesi dell’anno. Nella media del 2020, l’incremento dovrebbe risultare pari al 3% contro il +5,5% inizialmente previsto, il risultato peggiore dal 1976 e il decremento più accentuato dalla crisi finanziaria globale del 2008, ma un risultato formidabile, rispetto a tanti altri Paesi, inclusi gli Usa e i big europei.

La strategia degli aiuti internazionali

C’è anche un altro aspetto da valutare, la possibilità della Cina di sfruttare il vantaggio di poter uscire prima dalla crisi, per cambiare, anzi ribaltare lo scenario geopolitico. Se fino a qualche settimana fa la Cina era vista come la nave che affonda da abbandonare al più presto (e i cinesi erano considerati gli untori da chiudere fuori dalle nostre porte), ora al contrario Pechino per molti può diventare un’ancora di salvezza.

È esattamente quello che è avvenuto in questi giorni con gli aiuti che la Cina ha fornito all’Italia, che è stata intesa da molti osservatori come un’operazione di PR e di soft power. In altre parole: la Cina vuole scuotersi di dosso la nomea di Paese da cui è partito il contagio e scende in campo mostrando il suo lato più generoso: la “diplomazia delle mascherine”, come già viene soprannominata, che vede l’Italia tra i principali beneficiari.

“Di fronte alle esitazioni dell’Ue e alle posizioni non coerenti di Trump e Johnson, anche solo l’invio di mascherine o di alcuni medici rappresenta un messaggio mediatico che l’Italia mostra di apprezzare”, ha spiegato all’AGI Romeo Orlandi, presidente di Osservatorio Asia. “Roma è per Pechino un cuneo nell’Ue da usare a livello negoziale, ma la partita è ancora tutta da giocare”, dice Orlandi.

“È indiscutibile che in uno scacchiere internazionale così lacerato, ogni riposizionamento può essere vantaggioso. Non si immaginano cambiamenti clamorosi di alleanza, ma piccoli vantaggi”, come il rafforzamento dell’intesa bilaterale e, appunto il recupero d’immagine voluto da Pechino. In questo senso va anche il messaggio che Xi Jinping ha voluto lanciare nella sua telefonata a Trump, quando ha detto al presidente Usa che la Cina è disposta a fornire il proprio supporto agli Stati Uniti nella lotta contro l’epidemia di coronavirus per quanto concerne le proprie capacità.

Insomma, la Cina può giocare d’anticipo nella partita coronavirus e lo fa tendendo la mano, promettendo aiuti. Ieri Trump ha accettato questo messaggio di pace, ma come è avvenuto per la guerra dei dazi, che per ora è stata messa in soffitta, dietro l’angolo lo scontro tra i due titani, Cina e Usa, non sembra per niente rientrato. 

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