La salute non e’ una merce, la sanita’ non e’ una azienda, uniamo gli sforzi per il cambiamento !

Attualità & Cronaca

Di

Al Ministro della Salute
Onorevole Roberto Speranza
Ai Governatori delle Regioni Italiane
Ai Sindaci
Ai gruppi Parlamentari di tutti i partiti politici

Il presente documento è stato redatto dal Coordinamento Nazionale Sanità (CNS) in collaborazione con altre associazioni allo scopo di formulare un programma di interventi concreti che rilancino la sanità pubblica e la ricollochino nell’alveo del dettame sancito dalla Costituzione Italiana.

L’attuale modello di sanità vìola i principi costituzionali.

Gli ultimi anni hanno mostrato un’accelerazione del processo di depotenziamento dell’assistenza sanitaria pubblica, di spinta alla privatizzazione, alla regionalizzazione ed all’aziendalizzazione dell’intero comparto, secondo principi di mercato e di efficientismo che sono estranei al dettame della nostra Costituzione, che pone invece la salute a rango di diritto fondamentale ed inalienabile dell’individuo e che obbliga lo Stato a fare tutto quanto necessario per garantire questo diritto.

La crisi indotta dall’emergenza Coronavirus ha soltanto esacerbato le conseguenze deleterie di questo modello di sviluppo, mostrando in tutta la sua ruvidità l’inadeguatezza del sistema sanitario nazionale a rispondere alle sfide pandemiche così come ad altre emergenze che sono ormai entrate nella nostra quotidianità.
Questa crisi, tuttavia, non può nascondere un problema di natura strutturale, dato appunto dall’arretramento dello Stato da tutti i fronti del variegato arcipelago sanitario, a tutto vantaggio non solo del settore privato, ma soprattutto del privato-convenzionato, un ibrido non previsto dalla nostra Costituzione, divenuto ormai l’isola felice per le poche aziende private che possono continuare ad operare secondo logiche di mercato, ma con le spalle coperte dal settore pubblico. Verrebbe da dire che neanche i liberisti più oltranzisti avrebbero mai sognato di poter operare in condizioni così vantaggiose.

Fatto sta che in soli 10 anni nel nostro Paese sono stati tagliati quasi €40 miliardi di spesa per la sanità. I posti letto ospedalieri, che nel 2000 erano circa 298mila, sono passati nel 2019 a 192mila, il 35% in meno. Si è passati da 4,7 posti letto ogni mille abitanti a 3,8 alla fine del 2019. Tanto per avere un’idea, questo rapporto è meno della metà dei posti letto in Germania, che sono 8 ogni mille abitanti (dati OCDE).

C’è di più. La sanità pubblica è stata trasformata in ciò che naturalmente non è mai stata e mai potrà essere: una struttura aziendale, da cui derivano le ASL, ed è stata assoggettata alle logiche di mercato, al profitto e soprattutto all’indebitamento. Pensare che una struttura espressione dello Stato, la ASL appunto, debba o possa indebitarsi al fine di erogare ai propri cittadini dei servizi di natura fondamentale garantiti dalla Costituzione equivale ad ammettere il fallimento dello Stato. E’ come dire che lo Stato difende i propri confini o consente ai cittadini di votare solo a condizione che l’indebitamento glielo consente!

Per nostra fortuna, il debito delle ASL, così come gran parte del debito pubblico, ha natura “fittizia” in quanto a differenza del debito di un privato può essere rinnovato anche all’infinito ed è soltanto strumentale a dimostrare la presunta insostenibilità di taluni servizi sanitari pubblici, in maniera da giustificarne l’assegnazione ai privati, o peggio ancora ai privati convenzionati.

Alla luce di queste considerazioni e sulla base di questi elementi, noi chiediamo che il Ministro della Salute in primis analizzi con attenzione le proposte del CSN elencate di seguito e si impegni ad inserirle all’interno di una conferenza programmatica il cui scopo sia quello di ricondurre il sistema sanitario nazionale ad un’ottica di primario servizio pubblico a beneficio del cittadino, anziché essere, come oggi, un segmento di mercato per i profitti di operatori privati.

Le proposte del CNS

1)    Ripristino del patrimonio di posti letto di almeno 5 x 1000 abitanti come misura di garanzia per la gestione di tutte le forme di patologia acuta, presenti e future, recuperando ove possibile gli ospedali chiusi solo per le logiche di risparmio, in particolare quelli delle aree disagiate, montane, insulari, delle zone interne o delle periferie metropolitane.

2)    Abolizione della Sanità convenzionata, lasciando che il privato agisca come da Costituzione, e cioè si affianchi all’iniziativa pubblica ma senza ricevere da quest’ultima alcuna forma di tutela.

3)    Potenziamento della medicina territoriale, unica arma efficace contro l’ospedalizzazione inappropriata, fornendo i presidi di strutture per la telemedicina, l’informazione, la formazione ed i programmi per la medicina proattiva.

4)    Eliminazione del precariato ed attuazione di un piano straordinario di assunzioni che colmi il vuoto di organico di un settore vitale come la Sanità Pubblica.

5)    Abolizione del numero chiuso per le professioni sanitarie e per la Medicina in particolare, vista anche la gravissima carenza di personale rilevata in questi giorni, che ha indotto l’Italia a chiedere l’invio di sanitari da altri Paesi.

6)    Contrasto alle spinte frazioniste dell’autonomia differenziata e del regionalismo, imponendo uguale trattamento per tutti i cittadini mediante una direzione centralizzata.

7)    Abolizione del codice di fedeltà praticato nelle aziende pubbliche, che sta limitando la libertà di espressione dei lavoratori, l’agibilità sindacale, e la circolazione di notizie fondamentali per conoscere il reale stato della nostra assistenza, e che sta producendo fenomeni di omertà e di complicità nelle situazioni di minaccia alla salute della collettività.

8)    Riaffermazione del primato della tutela della salute rispetto agli interessi economici dei gruppi industriali, soprattutto nei casi pandemici (ma non solo, basti pensare al caso dell’ILVA di Taranto), sia attraverso il blocco delle attività lavorative non essenziali ed il rispetto di tutte le norme di sicurezza del lavoro che tramite l’adozione di DPI e/o distanziamento quando la produzione comporti il raggruppamento di molte unità lavorative.

9)    Potenziamento dell’assistenza alla popolazione anziana sia sui territori che nelle RSA, soprattutto in relazione all’esigenza di monitoraggio dell’evoluzione clinica dell’anziano e quindi del mutare delle sue esigenze di assistenza.

10)           Abolizione delle Aziende Sanitarie Locali e ripristino della Unità Sanitarie Locali, pur gestite con criteri di efficienza ma ispirate al modello costituzionale di tutela della salute come diritto inviolabile, e per questa ragione libere da vincoli burocratici e soprattutto prive di esposizione debitoria.

 

APPENDICE: I LIMITI STRUTTURALI DEL MODELLO SANITARIO ALLA LUCE DELLA CRISI INDOTTA DAL CORONAVIRUS

A corollario di quanto affermato nel paragrafo introduttivo alle “Proposte del CSN” affrontiamo in questa appendice alcuni aspetti di grande attualità legati agli sviluppi della crisi del Covid19.

Queste considerazioni forniscono ulteriori evidenze della necessità di attuare i principi esposti nel documento base, portando alla luce sia situazioni virtuose da diffondere come modello di riferimento che criticità da risolvere con urgenza.

La sanità pubblica è insostituibile.

Nonostante il graduale processo di depotenziamento strutturale della sanità pubblica italiana, l’attuale crisi Covid19 ha fatto emergere alcuni aspetti virtuosi che meritano essere citati a dimostrazione del fatto che la sanità pubblica è insostituibile e che qualsiasi deriva privatistica va fermamente contrastata.

In generale possiamo affermare che nella gestione della fase acuta del Covid19 la sanità pubblica, a differenza di quella privata, ha mostrato degli elementi di garanzia che la fanno ritenere un bene comune di cui l’Italia non può fare a meno, grazie soprattutto ai diversi punti di eccellenza che andrebbero presi ad esempio.
In tal senso, giova ricordare che ci son stati esempi indiscutibili di pratiche efficaci atte ad evitare il contagio, a prevenirne l’evoluzione più grave, a combattere l’isolamento degli ammalati, non solo Covid ma di tutte le patologie che limitano l’autonomia dei soggetti.
L’esempio più noto è quello dell’Ospedale Cotugno, divenuto punto di riferimento a livello internazionale non solo per la terapia all’infezione Covid ma specialmente per la prevenzione del contagio tra gli operatori sanitari. Il protocollo adottato nell’Ospedale per malattie infettive ha reso quasi nullo il numero dei contagi tra gli operatori e azzerato la trasmissione all’interno degli ambienti sanitari.
Un altro esempio positivo e vincente è quello adottato in Emilia Romagna, dove invece di seguire lo schema della sorveglianza a distanza dei pazienti sono stati eseguiti test e terapia domiciliare precoce che hanno evitato numerosi ricoveri in terapia intensiva.

Questo programma sperimentale è stato attuato grazie alla collaborazione del Policlinico Suor Orsola, l’AUSL, la medicina di base e le Unità Speciali di continuità assistenziale, con l’uso precoce di protocolli innovativi che stanno producendo la progressiva diminuzione di ricoveri in Terapia intensiva e la guarigione di tanti pazienti assistiti a casa. Risulta evidente in questo caso che l’attesa sia una strategia fallimentare mentre l’intervento di medicina proattiva risulta vincente.

Altro esempio virtuoso è stata la disposizione per i MMG di poter trasmettere le prescrizioni alle farmacie e/o al paziente attraverso i mezzi telematici, cosa che ha evitato l’affollamento degli studi e le code in farmacia.

Le criticità che restano sul tavolo.

A fronte di questi pochi casi virtuosi, registriamo purtroppo numerose disfunzioni alle quali occorre fornire risposte immediate.

Ad esempio, a pandemia ormai conclamata da mesi si registra ancora una penuria di forniture di DPI tra i lavoratori sanitari ed in particolare tra i medici e gli infermieri dei Pronto Soccorso, del 118 e della medicina territoriale.

I dispositivi adeguati sono le mascherine FFP2 o FFP3, le visiere e le tute a protezione massima, gli occhiali, tutte protezioni essenziali ma che vengono lesinate agli operatori delle prime linee. Al contrario si propongono ancora le mascherine chirurgiche, i grembiulini in TnT e un fai-da-te nell’abbigliamento che desta francamente sconcerto anche nel pubblico che osserva una disomogeneità di procedure. Nel frattempo, in Parlamento si discute la creazione di uno scudo penale per le responsabilità relative all’esposizione a contagio di operatori e pazienti.
Alla retorica dell’eroismo sanitario non può corrispondere la beffa di uno Stato che espone i propri cittadini al contagio senza protezioni e dimostra di non essere neanche disposto a pagarne i danni.

Per quanto attiene la gestione dei pazienti sintomatici a casa, registriamo ancora l’assenza di qualunque intervento diretto a monitorare le condizioni cliniche oltre che prevenire con terapie precoci le complicanze più gravi. Sostanzialmente, si relegano a casa i pazienti sino al sopraggiungere dei sintomi più gravi. Gli ammalati attendono inutilmente un tampone che spesso viene fatto in rianimazione o peggio ancora dopo il decesso. Con questa logica, i posti in rianimazione non saranno mai sufficienti come si è sperimentato nella Lombardia, dove nonostante la triplicazione delle dotazioni, molti pazienti devono ancora essere trasferiti alle regioni vicine o all’estero.
Contemporaneamente si assiste ad una gestione contraddittoria dei sistemi di screening (tamponi, Prick test, test sierologici) per la qual cosa alcune AASSLL adottano metodiche di rilevazione di massa (tamponi praticati in postazioni diffuse sul territorio , scanner etc..), altre solo ad alcuni settori lavorativi esposti, altre ancora che utilizzano solo alcuni test, per lo più i meno costosi e più imprecisi, lasciando scoperti interi settori come gli addetti alla distribuzione, gli operatori ecologici, le forze dell’ordine, i vigili del fuoco etc.

Infine, va denunciata la grave difficoltà cui sono sottoposti in questa fase i pazienti che necessitano di assistenza domiciliare per altre patologie e di ausili protesici che già normalmente vengono forniti con lentezza a volte esasperante: queste persone, in gran parte indifese e prive di autonomia, per motivi burocratici non ricevono l’aiuto dovuto e spesso si rassegnano al peggioramento dei loro precari equilibri fisici.

 

 

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mario

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