Il caso di Aisha Romano

Politica

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Editoriale

Il pensiero libero di Luigi Mazzella

 

Se persone di notevole lucidità e razionalità, nell’occuparsi del rientro di Silvia Romano in Italia, avvertono il bisogno di premettere frasi appassionate, reboanti sull’inestimabile, incomparabile e incommensurabile Valore della Vita (tra parentesi: dono di Dio) rispetto a ogni altro fenomeno umano (e ciò, prima di accennare timidamente agli aspetti politici e sociologici dell’evento) vuol dire che il Bel Paese è giunto alla frutta e che non si salverà neppure con l’addio degli attuali governanti. L’humus irrazionale, in questo caso religioso, è così dominante sul territorio dello Stivale che la notizia di una cattolica apostolica romana che si converte al fondamentalismo islamico commuove fino alle lacrime i seguaci del monoteismo mediorientale, tutti abbracciati in un unico contesto. Per i buonisti di casa nostra, passare dall’adorazione del Pontefice di Santa Marta a quella per i capi di Al shabbab (filiale di Al quaeda) significa solo trasferirsi da una stanza all’altra del grande edificio costruito dai tre impostori elencati da  Spinoza; così come nel bel film di Henckel  (Opera senza autore) cambiare la divisa di Nazista con quella di Comunista  filo-bolscevico della Germania Est significa comunque continuare a sguazzare nell’irrazionalismo ideologico della filosofia post-hegeliana.

Mi rendo anche conto che scrivere un libro come “ELOGIO DEL PENSIERO LIBERO” sia stata una esperienza necessaria e vitale per me, ma forse del tutto inutile nella situazione culturale italiana troppo compromessa dall’irrazionalità (cattolica, comunista o fascista) per affrontare un tema filosofico che non è solo terminologico. 

Qualche abituale lettore dei soli titoli dei libri mi ha chiesto perché avessi scritto un volume così consistente sulla “libertà del pensiero” su cui la letteratura non era di certo scarsa.

Quando ho replicato che volevo parlare di una cosa molto diversa, ho colto qualche segnale di meraviglia e di stupore.

In realtà, scrivere di un pensiero assolutamente libero e incondizionato non è la stessa cosa che parlare di “libertà di pensiero”.

La proclamazione solenne di quest’ultima, comprendendo il pensiero non solo quello filosofico metafisico e fantasiosamente dualistico ma anche quello religioso, giova veramente poco all’esigenza di avere un pensiero libero. Anzi.  Vale la pena di riassumere la tesi esposta nel libro.

La mia idea è che un popolo può salvarsi: 

  1. a) se riesce ad avere un pensiero libero da condizionamenti religiosi o ideologici; 
  2. b) se sa guardare empiristicamente e senza falsi schermi mentali o emozionali alla concretezza dei problemi che l’affliggono; 
  3. c) se sa porsi sulla linea sostanzialmente laica che fu, nell’antichità della civiltà greco-romana quella di accettare come un male sopportabile un paganesimo allegro e aperto; e nel mondo anglosassone quella di relegare a un ruolo subordinato la religione anglicano-calvinista (che, oltretutto, secondo William Somerset Maugham, è “credo” che “non crede” quasi a nulla del cristianesimo se non, purtroppo, ai peccati della carne).

È solo il pensiero libero a garantire condizioni di vita invidiabile agli individui amanti della libertà. 

Vediamo perché.

È diventata addirittura un luogo comune la regola di saggezza secondo cui la libertà si estende fin dove non si voglia mettere a rischio l’uguale libertà altrui. 

Domanda: Si può essere certi che un “fedele” religioso o un “fanatico” politico si ponga un tale limite, senza sentirsi “traditore” dei postulati e degli imperativi della sua fede o della sua ideologia?

Credo di no. Per garantire la libertà di culto l’articolo 19 della Costituzione Italiana, tutela il diritto di professare liberamente la propria religione, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda o di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume (ovviamente, data la psicosi dei peccati della carne).

La formulazione pur nella sua garantistica ineccepibilità, non può impedire che se il pensiero religioso è molto rigoroso in uomini investiti di potere si possa giungere a un pur sempre ipotizzabile fondamentalismo che metta a rischio l’altrui libertà. 

Tutto ciò non è frutto soltanto di un ragionamento logico. Si desume anche e soprattutto dall’esperienza della Storia che è piena di eventi in cui il pensare in modo diverso da altri ha significato per molti esseri umani perdere la libertà e la vita (distruzione della biblioteca di Alessandria, annientamento dei pagani, Crociate, sterminio di Maya e Aztechi, Inquisizione, Patiboli del Papa Re, a tacer d’altro). 

Non è la tutela dei diritti di libertà a creare condizioni ottimali per la vita degli esseri umani. Essa garantisce, infatti, anche il pensiero dei fondamentalisti religiosi, dei nostalgici del nazismo e del comunismo (l’art. XII delle Disposizioni Transitorie e Finali vieta soltanto, con attività pratiche di qualsiasi forma, la riorganizzazione del disciolto partito fascista non la manifestazione di pensiero e di propaganda dell’idea).

Ecco, perché nel tessere l’elogio del pensiero libero ho preso le dovute distanze “concettuali” dalla libertà di pensiero.

*

Non sarà facile per chiunque sottrarsi ai vituperi sui social di persone di alta e monoteistica religiosità mediorientale (dopo la scoperta che ebraismo, cristianesimo e islamismo sono un tutt’uno e che ogni conversione è comunque un punto a favore dell’irrazionalità da cui sono dominati) esprimere una visione profondamente ed esclusivamente laica del caso di Silvia (ora Aisha) Romano.

Eppure, è necessario occuparsi, con il necessario distacco, non tanto degli aspetti religiosi (conversioni, folgorazioni su vie di Damasco e dintorni e repentine vocazioni che interessano poco i laici) quanto dei risvolti politici della vicenda.  

È certamente un problema politico stabilire se l’ammontare (che si vuole notevole) della cifra pagata con il denaro dei contribuenti per il riscatto non possa essere sostanzialmente utilizzato dagli jihadisti islamici per finanziare la loro “guerra santa” contro l’Occidente giudaico-cristiano. Pagare la guerra contro sé stessi è certamente un atto di generosità ma non quando i soldi non sono propri.

Se a ciò si aggiunge il proposito dichiarato espressamente dalla giovane Aisha Romano di voler ritornare in Kenya, la cosa diventa ancora più preoccupante. In base al precedente, i terroristi saprebbero già la strada da seguire. Facilmente praticabile, per giunta, perché non v’è nessuna norma in Italia del tipo di quella dei ricatti fatti, per i rapimenti, da parte della criminalità italiana.

Ha risvolti politici anche la presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro degli Esteri alla cerimonia in “pompa magna” predisposta per l’accoglienza di una donna che abbia potuto avere, anche solo ipoteticamente, l’incarico di potenziare il terrorismo nel “campo di Agramante”. E ciò in considerazione del fatto che la ragazza è stata convertita all’Islam da un nucleo armato di combattenti della “guerra santa” e non da falasafifa, dai man routinier dediti solo alla chiamata dei fedeli per la preghiera o da padri di famiglia mussulmani, magari in pantofole.

Né va sottovalutata l’opportunità di una “messa in scena” sotto il flash di fotografi e di cine riprese di operatori televisivi in un momento particolarmente delicato in cui in Italia (e nel mondo che ci guarda) le morti si contano con cifre da capogiro e non una per volta. 

Prima Domanda: che cosa avrà pensato, inoltre, il barista multato con una somma di ben 400 euro per aver consegnato a tre carabinieri altrettanti caffè, di fronte agli abbracci (e baci sia pure con mascherina) di Silvia-Aisha con i suoi congiunti molto ravvicinati, per giunta, a due massime autorità dello Stato? 

Per i provvedimenti vigenti in Italia marito e mogli, padri e figli, fratelli e sorelle devono sempre mantenersi “disgiunti” nei luoghi pubblici a una distanza di due metri. Ora non è stato né “bello e né istruttivo” (come avrebbe detto Giovannino Guareschi) far vedere ai cittadini che il Primo Ministro e il Ministro degli Esteri assistessero compiaciuti (e commossi?) a un’aperta eclatante violazione del dpcm che affligge tanti Italiani.

Seconda Domanda: Se gli uomini politici italiani non “brillano” per la loro assenza nei luoghi del disastro sanitario nazionale, certamente a causa dei loro notevoli impegni in questo momento, non potevano invocare tale circostanza ampiamente giustificatrice per sottrarsi alla presenza di Ciampino?

 

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