Porto franco Trieste: D’Agostino, da Stato urge forte atto politico

Friuli Venezia Giulia

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TRIESTE – “Lo Stato italiano, nell’ambito della sua comunicazione a Bruxelles relativa ai territori extra doganali, si è dimenticato di dire che esiste il porto franco di Trieste. E anche di aggiungere che ha tutti i requisiti in regola per essere presente nella lista. Una dimenticanza che non fa bene alla città e all’intero Friuli Venezia Giulia, ma anche un autentico problema politico: abbiamo la legge dalla nostra parte e persino un trattato internazionale che dice che l’Italia deve farsi viva a Bruxelles per ovviare alla sua omissione”.

Lo ha affermato oggi il presidente dell’Autorità di sistema
portuale del mare Adriatico orientale, Zeno D’Agostino, davanti
alla I e alla IV Commissione consiliare, riunite in presenza a
Trieste nell’emiciclo di piazza Oberdan. I lavori previsti dalla
seduta congiunta prevedevano una serie di audizioni dedicate alla
valorizzazione del punto franco di Trieste, quale occasione di
sviluppo industriale e strumento per favorire il re-shoring di
aziende delocalizzate, al fine di attivare un effetto volano per
l’economia regionale.

L’intervento di D’Agostino ha chiuso la serie delle esposizioni
che, in precedenza, avevano già visto impegnati Lucia Napolitano
e Marcello Fici in rappresentanza della direzione interregionale
Veneto e Friuli Venezia Giulia dell’Agenzia delle dogane, seguiti
da Stefano Visintin, presidente della Confederazione regionale
delle categorie degli spedizionieri internazionali, agenti
marittimi e terminalisti portuali.

“La cosa paradossale – ha aggiunto D’Agostino – è che, se andiamo
a vedere quella lista, troviamo addirittura le isole Faroe per la
Danimarca, Ceuta e Melilla per la Spagna e la Polinesia per la
Francia. Io, invece, devo sentirmi dire che Trieste non può
esserci, perché creiamo scompensi alla competitività europea…”.
Inoltre, ha proseguito, mentre “noi siamo qui a perdere
opportunità preziose e legittime, l’ufficio legislativo del
ministero per l’Economia e le Finanze (Mef) non riconosce
l’extraterritorialità doganale di Trieste, perché non riesce a
interpretare il fatto che un trattato internazionale deve essere
rispettato”.

“Il Porto franco – ha concluso D’Agostino – potrebbe essere il
luogo dove le imprese tornano a fare attività e a essere
aggressive. Basta leggere i venti articoli dell’allegato ottavo
del Trattato di pace di Parigi del 1947 e le poche righe nel
Memorandum di Londra del 1954 per apprendere che il porto di
Trieste gode di determinati benefici e che qui devono essere
applicati addirittura quelli migliori tra tutte le zone franche
del mondo”.

In precedenza, era stato ricordato come il direttore generale
dell’Agenzia Dogane Monopoli, Marcello Minenna, abbia annunciato
un Tavolo permanente su oleodotto, corridoio ferroviario e
soprattutto sul regime di porto franco, mentre Napolitano
(direttore dell’ufficio delle Dogane del capoluogo giuliano) ha
evidenziato come “il Porto franco di Trieste sia costituito da
svariati punti franchi: Vecchio, Nuovo, Scalo legnami, Porto
industriale, Trieste e Fernetti. I primi risalgono al 1719 e sono
diventati internazionali grazie ai trattati del 1947 e del 1954.
Le disposizioni, inoltre, sono state fatte proprie sia a livello
comunitario che nazionale. L’Agenzia punta a rendersi parte
attiva e ha da poco concluso un accordo con Assoporti per
valorizzare anche quello di Trieste in attesa di un tavolo
tecnico che coinvolgerà anche l’Autorità portuale”.

Visintin è invece partito dalla “certezza che la trasformazione
industriale delle merci nel porto franco di Trieste è fattibile,
nonché prevista anche da un decreto del 1959. Perché farlo?
Intanto, smentisco la possibilità di pagare di meno i lavoratori,
perché vengono applicati i contratti di lavoro nazionali con
forti controlli da parte dell’Autorità di sistema. Inoltre, la
Dogana rende impossibili falsificazioni o contrabbando, proprio
perché il porto franco è soggetto a maggiori controlli. L’utilità
è dunque legata al fatto che le merci rimangono allo Stato estero
e chi le detiene non deve anticipare dazi e Iva prima che vengano
immesse nel territorio comunitario politico dell’Unione europea”.

Infine, le lavorazioni industriali “all’interno del porto franco
potrebbero essere utili per la vantaggiosa acquisizione
dell’origine comunitaria. Il cardine della procedura doganale di
perfezionamento attivo è invece legato alla valutazione delle
condizioni economiche. Nella Ue – si è lamentato Visintin – ci
sono 77 zone franche, perciò Trieste si ritrova alla pari con
altri 76 soggetti e la soluzione deve essere drastica: il Governo
deve comunicare all’Ue che lo scalo giuliano deve essere inserito
nella lista delle aree non doganali dopo che, per troppi anni, la
comunicazione non è avvenuta in modo corretto”.

Le argomentazioni portate in Aula hanno trovato l’apprezzamento
trasversale dei consiglieri regionali (la richiesta di audizione
riportava infatti la sottoscrizione unanime da parte di tutti i
Gruppi consiliari) che hanno preso la parola nel corso del
dibattito. Si è parlato di grande opportunità per tutto il Fvg e
per l’Italia intera, senza alcuna forma di concorrenza con gli
altri porti italiani, caratterizzati da vocazioni diverse. Si
tratta di uno snodo strategico tra gran parte del mondo e tutta
l’Europa. È stata suggerita anche la necessità di giungere a un
atto politico molto forte, quasi una maiuscola operazione di
lobby. È un’occasione da non perdere che richiederà anche una
sinergia con tutto il territorio e le sue eccellenze scientifiche.

Gli interventi hanno anche evidenziato l’urgenza di giungere a
una conclusione positiva, senza lasciarsi condizionare da inutili
campanilismi e agendo, se necesario, anche con l’impeto di un
elefante in una cristalleria. Tante le parti in causa, tutte
allineate e forti dei principi del diritto internazionale. Il
porto di Trieste, quindi, può costituire un motore per fornire
nuove risposte politiche alla crisi, proponendo una comunità
regionale capace di creare opportunità di sviluppo per i prossimi
vent’anni.

In sede di replica, D’Agostino ha infine ricordato che “l’Europa
verificherà se ci sono le basi giuridiche. L’ostacolo più
insidioso non è tuttavia Bruxelles ma Roma: deve essere convinta
e, come già fatto nei confronti di Campione d’Italia, ora deve
fare l’opposto a vantaggio di Trieste”.

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