Vita Nova dantesca – La genesi dell’amore assoluto

Arte, Cultura & Società

Di

di Stefania Romito

Tra il 1292 e il 1294 Dante compone la Vita nova. Al centro della vicenda è l’esperienza d’amore idealizzata del poeta per Beatrice, dai primi incontri con lei si snoda l’intimo memoriale, dapprima profano e “cortese”, poi sempre più agiografico, finché la morte di Beatrice non trasforma l’amore del poeta in mito cristiano, in Amore assoluto e mezzo di elevazione a Cristo.

L’opera è un prosimetro cioè un testo misto di prosa e versi. Nei 42 capitoli in prosa sono presentate e commentate trentun liriche (venticinque sonetti, quattro canzoni, una ballata e una stanza di canzone). Tra le proprie liriche composte nel decennio precedente, il poeta sceglie quelle che giudica più adatte a significare una vicenda amorosa esemplare, che è commentata dalle parti in prosa. Anzi, l’organicità dell’antologia dei versi è garantita dai raccordi in prosa che secondo la volontà del poeta hanno funzione di racconto e commento della vicenda. In effetti il “libello” dantesco è un commento ai propri versi ed una autobiografia ideale. L’opera è il primo esempio in un volgare italiano di commento di un autore ai propri versi.

Tema dell’opera è l’amore di Dante per Beatrice, dal primo incontro fino ed oltre la morte di lei. La memoria dell’amata si esprime dapprima in forme cortesi, per diventare sempre più esperienza mistica, in cui l’amore diventa mezzo di elevazione a Dio. Della poesia provenzale e cavalleresca anche Dante, come Guinizelli, Cavalcanti e altri poeti toscani, accoglie i temi dell’amor cortese. Così nella Vita nova compaiono molti dei temi propri del codice del fin amour, temi che a loro volta s’articolano in diversi motivi.

L’amore ha origine da uno sguardo. La vista della donna amata che “passa per via”, spesso accompagnata da altre fanciulle, provoca l’innamoramento. La “gentilezza” è la qualità propria di chi è capace d’amore. “Gentile” nella lirica provenzale è il nobile, il signore feudale. Ma già in Guinizelli è “gentile” chi ha proprie qualità morali. Esse sono la condizione per essere permeabili al sentimento d’amore. In Dante l’amore è grazia che chiunque può ricevere purché lo voglia. L’amante rende omaggio all’amata con i versi della sua poesia che ne elogiano la bellezza e le alte qualità morali. Egli indica a tutta l’umanità la grandezza della sua donna, ma si comporta con discrezione proteggendone l’identità. Sceglie perciò un’altra donna come destinataria dei propri versi. L’effetto della contemplazione dell’amata è duplice nell’amante: egli considera la propria inferiorità rispetto a lei, disperando di poter mai raggiungere la sua perfezione morale. Ma nello stesso tempo la visione che si para davanti all’uomo gli conferma la via da seguire per la salvazione della propria anima e gli dà la speranza della vita eterna.

Da segnalare l’originalità della raccolta di Dante, non solo se confrontata con il repertorio francese, ma anche con la stessa lirica di Guido Guinizelli e di Guido Cavalcanti. Dalla poesia provenzale e cavalleresca anche Dante, come Guinizelli e Cavalcanti, accoglie i temi dell’amor cortese, ma in modo più coerente e rigoroso egli sottopone questi temi ad una revisione teorica tesa a cancellare ogni contraddizione possibile tra il tema stesso d’amore e i principi della dottrina cristiana, che nell’amore vede una formidabile occasione di errore per l’attrazione che esso esercita verso ciò che è terreno e dunque effimero.

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