di Claudio Gentile
È di qualche giorno fa l’annuncio del Ministro della Cultura Dario Franceschini di aver dato attuazione alla Legge sul Cinema del novembre 2016 eliminando ogni tipo di “censura di Stato” ancora esistente sui film. Il decreto ministeriale di attuazione della Legge n. 220/2016 istituisce contestualmente, però, una Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche con il solo compito di verificare la corretta classificazione da parte degli operatori del settore. Mentre finora era la Commissione ministeriale che, per ogni film, decideva per il diniego o per il via libera totale o condizionato (esclusione di una categoria di spettatori) alla proiezione dei film, d’ora in poi saranno prenderanno i produttori cinematografici a decidere le fasce di pubblico che possono vedere quel film e la Commissione ministeriale, che per velocizzare i lavori lavorerà in sottocommissioni, si limiterà a confermare o meno le decisioni prese autonomamente dai produttori.
La legge ha istituito quattro fasce: opere per tutti, opere non adatte ai minori di sei anni, opere vietate ai minori di quattordici anni, opere vietate ai minori di diciotto anni (in presenza di un genitori i limiti si abbassano a 12 e 16 anni).
La storia della censura cinematografica in Italia è lunga ed è quasi contestuale alla diffusione nella Penisola della settima arte. La legge istitutiva è infatti del 1913 ed il regolamento di applicazione è dell’anno successivo.
Sotto il Fascismo la censura fu particolarmente attiva, ma anche successivamente le cose non migliorarono troppo.
L’ allentamento della morsa si ebbe con la Legge n. 161 del 1962, ultimo intervento normativo in materia in vigore fino ad oggi.
La legge del 1962 allargava notevolmente le limitazioni ministeriali, ma non aboliva la possibilità di bloccare i film in cui si fosse rinvenuta una offesa al buon costume.
Le Commissioni ministeriali chiamate a valutare i film avevano anche la facoltà di limitarne la proiezione vietandoli ai minori (di diciotto o quattordici anni) in presenza di scene particolarmente violente o sconvenienti. Questa, in realtà, è stata l’attività principale degli ultimi decenni delle Commissioni di revisione cinematografica: si è infatti passati dal ruolo di vigilanza politica, morale e religiosa alla tutela dei minori che assistono ai film.
Molti i film che negli anni sono stati stoppati o costretti a tagli o rimaneggiamenti dalla censura: Gioventù perduta (1948) e Il cammino della speranza (1950) di Pietro Germi, Fuga in Francia (1948) di Mario Soldati, Adamo ed Eva (1950) di Mario Mattioli, Totò ed i re di Roma (1952) di Steno, Anni Facili (1953) di Luigi Zampa, Senso (1954) di Luchino Visconti, Totò e Carolina (1955) di Mario Monicelli, Le avventure di Giacomo Casanova (1955) di Steno, I vinti (1953) e Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni. Tagli, invece, furono effettuati per Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti, I dolci inganni (1960) di Alberto Lattuada, La giornata balorda (1960) di Mauro Bolognini.
Dove non arrivava la Commissione per la censura, soprattutto dopo la riforma del 1962, intervenivano i pretori dietro denunce di singoli ed associazioni, ordinando il sequestro, ed in alcuni casi la distruzione, delle bobine: Mamma Roma (1962), La ricotta (1963), Teorema (1968), Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo Pasolini, Blow-up (1966) di Antonioni, I diavoli (1970) di Ken Russell, La proprietà non è più un furto (1973) di Elio Petri, La grande abbuffata (1973) di Marco Ferreri, Novecento (1976) di Bernardo Bertolucci, Il portiere di notte (1974) e Al di là del bene e del male (1977) di Liliana Cavani. Sottoposti a sequestro ed a processo anche Ultimo tango a Parigi (1972) di Bertolucci e Il pap’occhio (1980) di Renzo Arbore.
Recentemente sono solo due gli interventi significativi: nel 1998 sul film Totò che visse due volte di Daniele Ciprì e Franco Maresco e nel 2012 per l’horror Morituris di Raffaele Picchio.
La Direzione Generale per il Cinema del Ministero della Cultura ha promosso una mostra permanente virtuale che ripercorre questi eventi.
La esposizione, che raccoglie i materiali relativi a 300 lungometraggi e a 80 cinegiornali, 100 tra pubblicità e cortometraggi, 28 manifesti, filmati di tagli e materiali d’archivio, è stata realizzata dalla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e dalla Cineteca Nazionale ed è visitabile al sito www.cinecensura.com.