Covid 19, blocco sfratti e procedure esecutive. Alcune considerazioni

Noi e il Condominio

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di Dario Balsamo (FONTE: www.condominiocaffe.it, 06/05/2021)

Al fine di una corretta comprensione del tema in oggetto occorre, in primis, evidenziare che l’investimento nel mattone è fortemente radicato nella cultura italiana. La locazione è infatti una vera e propria fonte di reddito per pensionati, lavoratori, famiglie. Sul punto si segnala che il governo non ha sospeso in alcun modo, tramite la cosiddetta moratoria, il pagamento dei mutui per l’acquisto di immobili diversi dalla prima casa. Quindi sono dovuti, ad oggi, tutti i ratei ancora a scadere.

Tra i vari effetti che pandemia ha portato nei rapporti di locazione si registra in ordine sparso: una diminuzione dei  contratti di locazione, un aumento dei procedimenti di sfratto, una maggiore attenzione nella scelta del conduttore e conseguente aumento della richiesta di garanzia (fideiussore o garante, con annesso aumento di costi a carico del conduttore).

D’altro canto anche lo Stato non ha mai effettivamente rappresentato un valido supporto per i locatori e per i conduttori.

Il decreto rilancio emanato nel corso del primo lockdown prevedeva  un credito di imposta pari al 60% del contratto di affitto (canone di locazione) relativo però ai soli immobili iscritti nella categoria catastale C/1 e per il solo periodo di marzo, aprile e maggio 2020 e poi inseguito esteso anche a giungo 2020.

La condizione per fruire di questa agevolazione di questi mesi è comunque ancorata alla verifica del calo di fatturato di almeno il 50% nel mese di riferimento 2020 rispetto allo stesso mese del 2019.

decreti ristori e ristori-bis emanati invece nella seconda metà del 2020 hanno sostanzialmente ricalcato le previsioni del decreto rilancio con alcune modifiche ed identificazione dei soggetti beneficiari indicando come mensilità quelle di ottobre, novembre e dicembre.

Tra l’altro si segnala che non solo con tale strumento sono stati dimenticate completamente tutte le altre categorie catastali, ma soprattutto si è introdotto uno strumento che, all’attualità, non pare essere così efficace, in quanto il credito di imposta concesso non assume alcun significato in un contesto di impossibilità reale di produrre reddito.

Infine è stato previsto il bonus affitto 2021, nato con il governo Draghi nel Decreto Sostegni,  previsto solo per le locazioni ad uso abitazione.

In realtà non sono stati presi assolutamente in considerazioni i veri problemi e le richieste che vengono soprattutto dai locatori.

Perchè non prevedere misure direttamente in favore dei locatori come bonus? Perchè non si è agito sulla pressione fiscale del mattone? Nessuna agevolazione IMU. Anzi per i locali commerciali l’IMU è inoltre molto più alta degli appartamenti uso abitazione. Nella maggior parte dei casi inoltre, i locatori continuano a pagare le utenze (acqua in primis) e le rate condominiali soprattutto nei casi di locazione a conduttori studenti fuori sede.

Sarebbe anche auspicabile che il bonus affitti previsto dal governo Draghi, oggi riconosciuto ai soli conduttori di immobili adibiti ad abitazione principale, venga esteso anche alle alte categorie catastali non solo per uso commerciale ma anche uso abitazione, dietro però l’attestazione dell’avvenuto pagamento del canone.

Strettamente connesso ai (non) aiuti del Governo è il problema del blocco degli sfratti, ad oggi fissato al  30 giugno 2021.

Il governo non ha assolutamente preso in considerazione la possibilità di differenziare tra sfratti per uso abitazione e non nonché tra la morosità maturata prima della pandemia e quella dopo. In un quadro così delineato non bisogna inoltre dimenticarsi delle difficoltà pratiche all’indomani dello sblocco degli sfratti: la materiale messa in esecuzione dei provvedimenti di sfratto comporterà la ripresa del procedimento esecutivo (precetto, preavviso di rilascio, fissazione dell’accesso, rinvii…) ulteriormente gravato, nei tempi, dal cumulo di sfratti di cui, nel frattempo, si chiederà l’esecuzione, con procedimenti che sicuramente arriveranno a chiudersi nel 2022.

Altra questione legata a doppio filo con il blocco degli sfratti è la questione di legittimità costituzionale della proroga degli sfratti per morosità dove, la vera violazione sta nella violazione del diritti di proprietà, diritto costituzionalmente garantito. Ad oggi il Tribunale di Barcellona Pozzo di Grotto e il Tribunale di Rovigo hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della proroga degli sfratti per morosità rimettendo la questione alla Consulta.

La motivazione è che si deve escludere che la previsione del blocco degli sfratti abbia limitato il diritto del creditore di agire in executivis. La disposizione, anziché essere posta a presidio di interessi collettivi o individuali di rango primario, si piega a logiche assistenzialiste, come si ricava anche dal fatto che “non opera alcuna distinzione tra pignoramenti anteriori e successivi allo stato di emergenza, […] con la conseguenza che la sospensione è totalmente sganciata dall’accertamento di una qualunque correlazione tra la pandemia ed esecuzione dei provvedimenti di rilascio. Del resto, norma non consente al Giudice neppure di verificare le condizioni soggettive del creditore e del debitore, dovendo la sospensione applicarsi a prescindere dalle esigenze del primo e della capacità reddituale del secondo.”

Tornando al quadro normativo di riferimento del rapporto di locazione in relazione alla tematica di oggi, la domanda più ricorrente ormai è sempre la stessa: è legittimo per i conduttori rifiutarsi di pagare il canone o insistere per una riduzione del medesimo?

All’interno del codice civile, nelle disposizioni dedicate ad i contratti di locazione non si riescono a trovare disposizioni che autorizzino espressamente il conduttore a sospendere o ridurre il pagamento dei canoni di locazione. Ciò non lo si trova neanche nella disciplina di settore prevista dalla L. n. 392 del 1978 sui contratti di locazione commerciale.

In soccorso dei conduttori però viene la previsione dell’art 91 del D.L. Cura Italia.  D.L. 17 marzo 2020, n. 18, secondo cui: “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore”.

La disposizione non si riferisce specificamente ai contratti di locazione, ma trova applicazione a tutti i contratti, e dunque anche ai contratti di locazione.

Un altro aiuto potrebbe inoltre venire ricorrendo ad alcuni principi che reggono le obbligazioni e i contratti in generale.

I conduttori potrebbero sostenere la non debenza dei canoni invocando l’istituto della impossibilità della prestazione previsto dall’art. 1463 e 1464 del c.c.

In particolare il conduttore potrebbe invocare l’istituto della impossibilità della prestazione. Tuttavia l’obbligazione “tipica” del conduttore consiste nel pagare una certa somma di danaro e detta obbligazione non diviene impossibile per il fatto che le saracinesche non possano essere sollevate a causa dei limiti alle aperture imposte dal Governo per la pandemia. A ben vedere, dunque, l’obbligazione che diventa impossibile – a seguito della pandemia e delle misure di contenimento – è quella del locatore: assicurare il pacifico godimento dell’immobile, ex art. 1575 c.c.

Ad ogni modo si tratta comunque di un’impossibilità parziale poiché limitata temporalmente e, applicando l’art. 1464 c.c., si consentirebbe così al conduttore di chiedere una corrispondente riduzione della prestazione.

Detto questo ed alla luce di un quadro normativo così incerto, per cercare di fare un po’ di chiarezza è intervenuta la relazione 8 luglio 2020, n. 56 avente ad oggetto “Novità normative sostanziali del diritto ‘emergenziale’ anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale” della Corte di Cassazione.

Si deve partire dal presupposto che il compito istituzionale dell’Ufficio è l’analisi sistematica della giurisprudenza di legittimità allo scopo di creare le condizioni di un’utile e diffusa informazione (interna ed esterna alla Corte di Cassazione) e, quindi, facilitare l’uniforme ed esatta interpretazione della legge di cui in futuro i giudici potrebbero tenere conto.

Per quello che qui ci interessa il ragionamento fatto è che in un periodo di emergenza sanitaria, economica e finanziaria qual è quello attuale, la rinegoziazione del contratto di locazione e, quindi, la sua conservazione, seppure a condizioni diverse, potrebbe in concreto rivelarsi una soluzione favorevole non solo al conduttore che versi in difficoltà a causa dell’impatto della pandemia sulla sua attività d’impresa, ma anche al locatore che, una volta ottenuta la risoluzione del contratto, potrebbe avere difficoltà a reperire sul mercato un altro imprenditore a cui concedere in godimento il proprio bene.

Per questo motivo l’indirizzo è quello di trovare un accordo o comunque soluzioni interpretative che consentano la prosecuzione del rapporto piuttosto che la risoluzione e quindi la definitiva rottura dello stesso.

Detto ciò si potrebbe quindi ricorrere ai principi generali in materiale contrattuale: art. 1175 e 1375 c.c. e art. 2 cost., quindi all’effettiva contemperazione degli interessi in gioco.

Il primo, l’art. 1175 c.c., afferma che il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza, il secondo, l’art. 1375 c.c. prevede che il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

Breve rassegna di pronunce giudiziarie dal 2020 al 2021 in tema di COVID-19 e contratto di locazione.

Uno dei primissimi provvedimenti giudiziari sugli effetti del Coronavirus nei contratti di locazione è stato la pronuncia adottata il 14 aprile 2020 dal Tribunale di Venezia in un procedimento cautelare ex articolo 700 c.p.c., attivato dal conduttore di un immobile a uso commerciale che aveva chiesto l’emissione di un provvedimento urgente per impedire al locatore l’escussione della fideiussione rilasciata a garanzia del pagamento dei canoni.

Nel caso di specie il giudicante ha ordinato alla banca di non pagare quanto richiesto dal beneficiario della fideiussione.

Dello stesso tenore è il provvedimento emanato dal Tribunale di Bologna il 12 maggio 2020, in cui il Giudice adito, anche in ragione dell’esistenza di trattative pendenti tra le parti, ha ordinato al locatore di un immobile ad uso commerciale di non mettere all’incasso gli assegni bancari, ricevuti dal conduttore a garanzia dei canoni non versati per i mesi di aprile-luglio 2020.

In seguito a tali pronunce, i Giudici hanno cercato di orientare le loro decisioni in un’ottica di conservazione del rapporto obbligatorio al fine di ricostituire l’equilibrio sinallagmatico inevitabilmente compromesso dall’evento pandemico, minando però dall’altro il principio dell’autonomia contrattuale.

Con ordinanza del 29 maggio 2020 emessa nell’ambito di un procedimento cautelare ex articolo 700 c.p.c. attivato dal conduttore di un ramo d’azienda, il Tribunale di Roma, nel rilevare che “non vi è alcuna norma di carattere generale che preveda una sospensione dell’obbligo di corrispondere i canoni di locazione” e attesa l’impossibilità di adottare una misura cautelare di mero differimento dei termini contrattuali di pagamento del canone di affitto, ha interpretato le disposizioni normative in un’ottica di ricostituzione dell’equilibrio contrattuale e di conservazione del rapporto obbligatorio.

Conseguentemente, secondo il Tribunale di Roma, trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull’obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex articolo 1464 Codice Civile una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione della resistente potrà tornare ad essere compiutamente eseguita.

Pertanto, il Giudice, pur invitando le parti a ricercare un accordo, interviene in concreto nel regolamento contrattuale e nella disciplina del rapporto obbligatorio, ritenendo equa una riduzione dell’importo del canone mensile del 70% per i mesi di sospensione dell’attività economica.

Infine, anche nella recentissima pronuncia del Tribunale di Foggia datata 27 aprile  2021, si fa  riferimento ad i principi generali di buona fede contrattuale. In questo caso il giudice, nel procedimento di sfratto per morosità, facendo applicazione dei principi generali che impongono di valutare la gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto, ha ritenuto di non convalidare lo sfratto per morosità intimato dal locatore, rigettando altresì la richiesta di emissione dell’ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 c.p.c..

Nello specifico, il conduttore ha provato di aver regolarmente adempiuto al proprio obbligo di corrispondere il canone di locazione, sino alla chiusura forzata dell’attività; di avere interesse a proseguire nel rapporto negoziale; di aver subito una notevole contrazione economica nel corso del 2020 e nei primi mesi del 2021; nonché di aver tentato di trovare un accordo con il locatore senza alcun esito.

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