Mini-manuale con tanto di esercizio pratico per guarire dal “mal di lavoro”. Secondo Grace Lordan, professore associato alla London School of Economics, licenziarsi è la scelta più sbagliata
AGI – Ci sono molti motivi per cui si può odiare il proprio lavoro: compiti ardui, eccessiva competitività, retribuzione scadente, opportunità di crescita limitate, precariato, salute, noia, conflittualità con i colleghi, pendolarismo. Si potrebbe proseguire all’infinito, senza citare poi i casi di mobbing (un lavoratore su 10 ammette di esserne stato vittima almeno una volta) o di chi si sente disimpegnato e non valorizzato (un lavoratore su 5). Ne scrive sul Financial Times Grace Lordan, professore associato alla London School of Economics, direttore fondatore della The Inclusion Initiative e autore di “Think Big”.
E prima di prendere alcuna decisione (licenziarsi in momento di forte stress psicologico molto raramente porta a scelte oculate) vale la pena di mettersi alla prova con un esercizio per tentare di guarire dal “mal di lavoro”.
“Per la prossima settimana tenete un diario su come trascorrete il vostro tempo mentre lavorate, giorno per giorno. Per ogni compito e riunione, annotate se provate gioia, indifferenza o infelicità – scrive il professore – se la verifica rivela che le mansioni settimanali sono per lo più piacevoli, la radice del problema non è la natura del lavoro che svolgete. Il problema è piuttosto legato alle condizioni del vostro lavoro. Potreste essere insoddisfatti della vostra retribuzione. Non date per scontato che il vostro manager si accorga delle vostre prestazioni eccellenti. Sono occupati. Chiedete invece l’aumento di stipendio che vi spetta”.
Il risultato più probabile della verifica dei compiti quotidiani è che si identifichino alcune occasioni in cui si è felici e altre in cui si è infelici. “Chiedetevi allora se avete la libertà di “fare il mestiere” nel vostro ruolo attuale, cioè di adattare la vostra settimana lavorativa in modo da ridurre il tempo dedicato ai compiti che non vi piacciono. Se avete un buon rapporto con il vostro capo, questa è una conversazione da fare direttamente” aggiunge poi .
In questo senso è stato recentemente introdotto da psicologi ed esperti di lavoro il concetto di “job crafting”, letteralmente “lavorazione del lavoro”, ovvero la possibilità di “personalizzare” il lavoro in modo che rispecchi di più le inclinazioni naturali, le abilità e gli interessi per trasformare gli incarichi quotidiani rendendoli più appaganti e, di conseguenza, meno stressanti.
Una cosa è certa, secondo Lordan: “nessuno risolverà il problema al posto vostro”. Quindi se la propria carriera è arrivata ad un binario morto, senza possibilità di recupero, “iniziate con la consapevolezza che ogni risultato nella vostra vita è il prodotto di sforzi e fortuna – prosegue – la “fortuna” è quasi sempre riconducibile a un collega o a un conoscente, un legame, non un amico stretto, che pensa che abbiate talento. Tenete presente che nessuno penserà che siete fantastici se non siete nel loro campo visivo”.
Invece di passare frustranti ore a scorrere compulsivamente annunci di lavoro “prendete caffè, organizzate pranzi e cene e andate a trovare i vostri contatti per chiedere idee e opportunità”. “Quando incontrate qualcuno che conoscete per lavoro, non è il momento di lamentarsi. Siate schietti. Chiedete ciò di cui avete bisogno” precisa poi. Se le vostre reti di contatti sono scarse, impegnatevi a sviluppare per sei mesi i vostri contatti online e offline, in modo da poter iniziare in modo proattivo ad avvicinarvi a un nuovo lavoro.
Otto strategie per chi odia il proprio lavoro
L’autore conclude poi il suo saggio con otto regole da tenere presente per chi soffre di “mal di lavoro”
1. Non licenziatevi senza una buona via di fuga
2. Spronatevi all’azione adottando il seguente mantra: sono io il responsabile della risoluzione del problema
3. Identificate la causa principale del perché odiate il vostro lavoro: verificate come impiegate il vostro tempo, prestando attenzione ai compiti che vi portano infelicità e a quelli che vi danno gioia
4. Se alla base della vostra insoddisfazione c’è la scarsa retribuzione, trovate il coraggio di chiedere un aumento. Il vostro manager potrebbe dirvi di no, ma anche questo vi darà un nuovo dato su cui lavorare
5. Impegnatevi per modificare il vostro lavoro, per renderlo più significativo e per ridurre i compiti che odiate al lavoro
6. Aumentate le mansioni che vi danno gioia, creando un nuovo lavoro e avviando una nuova attività secondaria
7. Se alla base c’è un problema interpersonale con i colleghi, lavorate più spesso da casa, mentre pianificate la vostra uscita
8. Investite nel perfezionamento e nello sviluppo della vostra rete di contatti: chiedete a conoscenti, ex colleghi e contatti suggerimenti, consigli e opportunità, anziché limitarvi a beneficiare della simpatia che vi offrono gli amici più stretti