Scontro assurdo ed autolesionistico sul Pnrr

Politica

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Non si spengono gli echi della polemica sull’intervista della Stampa al ministro Fitto, a margine di un convegno a Modena, in cui il ministro avrebbe detto che il Pnrr è da smantellare. Il ministro ha smentito di aver mai usato queste parole ( e questo non sarebbe una novità per il giornale diretto da Massimo Gianni, se si pensa al polverone scatenato sempre dalla Stampa, sulle presunte frasi dette dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovan battista Fazzolari, due mesi fa, risultate poi totalmente inventate). Ma la questione non è tanto su quello che avrebbe detto o meno il ministro al quotidiano torinese, che poco interessano se non ai puristi della critica tout court al governo Meloni. Quello che veramente adesso merita la massima attenzione da parte di tutti è il capire come riuscire a risolvere la matassa dei fondi del piano, che sembrano come incagliati, come spesso accade quando in Italia si tratta di spendere fondi pubblici.

L’obiettivo del governo è rispettare gli impegni del piano, onorando la scadenza del 2026, senza cioè vedere sfumare l’erogazione dei fondi da parte di Bruxelles. Ma lo stesso Fitto nei giorni scorsi ha ripetuto che alcuni progetti non sono realizzabili e che «non si può continuare ad avere decine di piccoli progetti che ci fanno perdere il senso di quello di cui ci occupiamo». Ma invece di apprezzare l’onestà intellettuale del ministro e cercare di fare squadra ( termine che spesso viene usato a sproposito ma che qui dovrebbe essere un imperativo categorico) si continua ad attaccare il governo e il ministro sulle loro presunte incapacità.

E’ indubbio che tutte queste polemiche non possono che nuocere alla delicatissima trattativa che proprio Fitto da mesi sta tessendo con la Commissione anche con risultati incoraggianti. Se siamo noi i primi a nutrire dubbi sulle nostre capacità, come possono pensare olandesi, austriaci, svedesi e tedeschi. Ecco perchè tutte queste polemiche non sono solo inutili ma anche autolesioniste. Ci sarà tutto il tempo poi per fare un bilancio delle colpe e dei meriti. Ma ora è il tempo della compattezza e della coesione sull’unico obiettivo comune che deve essere quello di mettere a terra i progetti per spendere quel fiume di denaro che sta arrivando dall’Europa.

E si che Raffaele Fitto, da sempre uomo moderato e aperto al confronto e al dialogo, ha in tutti i modi cercato di evitare polemiche pretestuose, che invece da mesi allignano nelle opposizioni, ma tutto questo è fino ad ora servito a poco e il suo impegno a riformulare un piano che in molte parti pare irrealizzabile, almeno nei tempi e nei modi previsti in occasione della sua approvazione, viene scambiato per una presa d’atto di impotenza o ancora peggio di incapacità.

Il problema è che spesso la polemica politica di basso cabotaggio, prevale sugli interessi generali e anche le parole usate qualche settimana fa dal presidente della repubblica a tal proposito si sono perse nel vuoto. Nessuno con un briciolo di onestà intellettuale, può negare che pensare di realizzare tutte le opere previste dal piano, in un paese che è riuscito a spendere solo il 34% dell’ultimo piano dei fondi di coesione ( che hanno tempi di realizzazione più lunghi) era già dall’inizio una impresa assai complicatissima ed occorreva una pianificazione mirata, come quella che sta cercando di portare avanti il governo.

Non si tratta allora di smantellare, come la Stampa sostiene vorrebbe fare Fitto, ma di reindirizzare l’utilizzo dei fondi europei verso destinazioni di spesa utili al Paese e gestibili rapidamente entro il 2026. Magari spostando la spesa sulle imprese che hanno tempi di utilizzo ben più rapidi e snelli, rispetto agli elefantiaci processi in capo agli enti locali. Basti pensare che fino ad ora gli unici fondi del PNRR che sono stati rapidamente spesi sono proprio quelli arrivati direttamente alle imprese ed alle famiglie per finanziare gli investimenti in macchinari ed impianti digitali con il programma transizione 4.0 e per il Superbonus.

Anche perchè bisogna fare i conti con gli aiuti di Stato di cui potrà godere la Germania in maniera ben più ampia rispetto a noi, per i noti problemi del nostro bilancio pubblico, come ha fatto notare lo stesso Fitto qualche giorno fa: “Incentivi che alla luce delle nuove regole sugli aiuti di Stato, ormai ammessi anche per il funzionamento delle imprese, servono a garantire la nostra competitività nei confronti di Paesi con forte capacità fiscale. La Germania ha messo sul piatto 200 miliardi. Noi non avremo spazio nemmeno con il piano RepowerEu in discussione, perché abbiamo preso tutta la quota a debito. Dunque dobbiamo rendere la nostra competitività industriale sostenibile. Altrimenti non reggiamo”.

Fitto ha quindi in mente di operare una scelta che dovrebbe essere ampiamente condivisa da tutti, altro che criticarlo e tacciarlo di incompetenza, e cioè proprio quella di far diventare soggetti attuatori le imprese – rapide nell’esecuzione ed efficaci nell’individuazione degli obiettivi – e sgravare gli enti locali da una marea di progetti che non porteranno mai ad aprire i relativi cantieri.

Insomma il ministro Fitto e il governo stanno cercando in tutti i modi di agire per tempo affinchè questa occasione non vada sprecata. E questo, ma forse qualcuno all’opposizione non lo ha ancora capito, non sarebbe un guaio solo per il governo, ma soprattutto sarebbe un disastro di credibilità e economico per tutto il paese

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