di Giuseppe Nuzzo (www.condominiocaffe.it)
Il fatto. La proprietaria di un appartamento al secondo piano e sottotetto dell’edificio cita in giudizio il Condominio chiedendo il risarcimento dei danni subiti dal suo immobile, consistenti in macchie, efflorescenze e muffe, tutte riconducibili – secondo la consulenza tecnica preventiva – al pessimo stato manutentivo della copertura condominiale dell’edificio.
Le richieste della condomina. La proprietaria chiede circa 8700 euro, pari al costo dei lavori necessari a riparare i danni nell’appartamento.
Chiede inoltre euro 21600, somma corrispondenti al costo delle opere da eseguire sulle parti comuni (a carico del Condominio), necessarie per eliminare le cause delle infiltrazioni
Chiede infine altri 15mila euro a titolo di danni non patrimoniali, per il mancato pieno godimento del diritto di proprietà della proprie abitazione.
Mancata custodia. La vicenda va inquadrata nell’ambito dell’art. 2051 c.c. che disciplina la responsabilità del danno cagionato da cose in custodia.
Sappiamo che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo. Perché possa configurarsi è sufficiente che sussista il collegamento causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato. Non assume invece alcun rilievo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza.
Il Condominio è il custode delle parti comuni e, in quanto tale,risponde dei danni derivanti dalle stesse parti comuni a terzi: “il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde in base all’art. 2051 c.c.dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano causalmente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo” (Cass. civ., n. 7044/2020).
Caso fortuito. Tale responsabilità è esclusa dunque solo dalla prova del caso fortuito, da intendersi “come un fattore estraneo alla sfera soggettiva del custode medesimo che attiene al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità e che può essere integrato anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato”.
Prova che deve essere fornita dal custode.
Infatti, il danneggiato ha “solo” l’onere di provare, “oltre al rapporto di custodia, il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del danno, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza” (Cass. civ. n.11526/2017).
La decisione del caso. Ciò premesso, il Tribunale di Prato, con la sentenza n. 286 del 20 giugno 2020, ha riconosciuto la responsabilità del Condominio per le infiltrazioni in questione.
Tuttavia ha accolto solo la domanda di risarcimento di euro 8.700, per il costo dei lavori di ripristino necessari all’eliminazione dei danni accertati nell’appartamento (comprensivo anche dei costi per la riparazione del mobilio e dei tappeti).
Respinte invece le altre richieste.
Danni non patrimoniali. Rigettata in particolare la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali per carenza di prove.
La condomina – osserva il giudice – si è limitata ad affermare, in maniera del tutto generica, che le ripetute infiltrazioni nel corso degli anni hanno fortemente limitato il diritto di godimento del diritto di proprietà della propria abitazione e che tale lesione abbia ecceduto in maniera apprezzabile la soglia di offensività oltre la quale è ritenuta meritevole di tutela il pregiudizio patito.
Tali generiche affermazioni e allegazioni sono rimaste tali nel corso del giudizio. La condomina non ha fornito alcuna prova a sostegno. Tal affermazioni non possono fondare il risarcimento del danno non patrimoniale richiesto.
I danni vanno provati. Nel nostro ordinamento il risarcimento non scatta automaticamente. Il danno non può in alcun modo ritenersi esistente per il solo fatto del verificarsi dell’evento lesivo (nel caso di specie le infiltrazioni). Sono risarcibili solo le conseguenze dannose effettivamente derivanti dall’evento medesimo. E tali conseguenze devono essere provate dal danneggiato, non semplicemente affermate.
Giuseppe Nuzzo (www.condominiocaffe.it)