European Media Freedom Act (versione 2.0): l’occhio orwelliano dell’UE sulla stampa

Serrati e affaticati nei meandri dei palazzi istituzionali di Bruxelles, i nostri deputati ritoccano silenziosamente le direttive tutelanti che essi stessi hanno scritto, in modo da renderle ancora più “sicure”. E così, su proposta francese, presto anche l’universo della stampa (parte della quale agisce come indiscutibile paggetto del potere ormai da tempo) potrà finire sotto la lente elettronica di Stato, addirittura con metodi degni del migliore James Bond. Tutto in nome di una sicurezza nazionale che, oltre a “fare tanto americano” nel nome, è sempre più in pericolo per via di alcuni soggetti che dicono di puntare a preservarla

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Cambiando il significato alle parole e capovolgendo il linguaggio ecco che, secondo taluni “burocrati” europei, l’ennesimo atto di controllo totalitaristico potrebbe esser fatto passare come un ulteriore eccellente traguardo, raggiunto in nome di un progressismo “dem” tutto rose e fiori. Il riferimento è all’evoluzione della vicenda sullo “European Media Freedom Act”, nome lusinghiero con cui l’Unione Europea auspica la potenziale legalizzazione dello spionaggio dei giornalisti – mediante trojan da installare nei loro smartphone – qualora il lavoro degli stessi dovesse essere considerato al pari di una minaccia per la “sicurezza nazionale” degli Stati comunitari (e pensiamo, solo per un attimo, se e come potrebbe mai svilupparsi un altro ipotetico “caso Assange“).

Le finestre di Overton e i virus che “tornano utili”

A renderlo noto tramite un comunicato stampa è stato un nucleo di giornalisti europei dell’International Federation of Journalists (IFJ) unitamente a varie associazioni civili, il quale denuncia come il lento percorso che ha portato a questa situazione sia iniziato con un progetto di legge, l’European Media Freedom Act appunto, presentato lo scorso 16 settembre dalla vicepresidente della CE Věra Jourová. Questa proposta, inizialmente annunciata come strumento per rafforzare l’indipendenza editoriale nonché monitorare la concentrazione dei media e proteggere i giornalisti dagli spyware, avrebbe subito una svolta inaspettata a metà aprile, durante una riunione riservata del Consiglio Europeo.

Durante questa sessione, infatti, sarebbe stato proprio il tema dei virus informatici a venire ampliato e ribaltato nell’utilità, essendo che la Francia avrebbe proposto l’inserimento di un “piccolo punto nell’articolo 4 dell’EMFA, tale da consentire l’uso di dispositivi informatici segreti di verifica e controllo qualora l’operato della stampa mettesse ipoteticamente in pericolo l’incolumità di un Paese e dei suoi rappresentanti. E questa revisione, ambigua e rischiosa, in fase d’approvazione ha ottenuto addirittura l’appoggio di diverse nazioni, tra cui Germania, Olanda, Grecia, Repubblica Ceca e Lussemburgo (o, meglio, dei loro deputati, pagati con i soldi dei cittadini – e degli stessi giornalisti – per legiferare su meccanismi di limitazione delle libertà di chi li ha eletti, pare).

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Garanzie di competenza alle istituzioni? La stampa si mobilita

Quest’apparentemente insignificante nota di modifica – in realtà, per molti, fondamentale -, aggiunta successivamente con modalità, se non altro, da definirsi “scaltre”, è ora parte della bozza di legge resa pubblica la scorsa settimana, alla lettura della quale si è scatenato lo sdegno e il dissenso di numerose associazioni giornalistiche e parlamentari, un po’ in tutta Europa. Tentando di smarcarsi dalle critiche, il Ministro della Cultura tedesco Claudia Roth (guarda caso, dei “Verdi”…) avrebbe giustificato la rielaborazione della normativa con il bisogno di “garantire che gli Stati non si vedano compromettere le proprie competenze in materia di sicurezza nazionale, come stabilito dal trattato UE”.

Ma una missiva congiunta di 60 giornalisti, recapitata agli “ambasciatori” incaricati di trattare con l’UE sui “ritocchi smussanti” – da applicare più o meno obbligatoriamente – alla norma, ha evidenziato che questa direttiva “pone gravi rischi ai principi democratici fondamentali dell’Unione europea, in particolare alla libertà di stampa, di espressione e alla protezione dei giornalisti”. Renate Schroeder, direttore della Federazione europea dei giornalisti (nonché uno dei firmatari della lettera), ha concentrato la propria preoccupazione essenzialmente sul quarto punto del provvedimento studiato: “[…]Mentre sosteniamo molte delle misure portate avanti dall’EMFA, rimane un rischio: il suo articolo 4. […]La bozza della Commissione non era perfetta ma, dopo gli ultimi negoziati, è stata ulteriormente degradata e questo è estremamente preoccupante”.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Adalberto Gianuario del 29 giugno 2023), Wikipedia, Inside story, International Federation of Journalists (IFJ), Agendadigitale.eu, sito istituzionale del Parlamento europeo, sito istituzionale della Commissione europea e del Consiglio d’Europa, Eunews, sito del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Politico, The Guardian, Osservatorio Balcani e Caucaso (OBC) Transeuropa, Ufficio dell’Alto Commissariato per  i Diritti Umani (OHCHR) delle Nazioni Unite, Euractiv, Le Monde, La presse spécialisée (FNPS), International Press Institute (IPI), European Partnership for Democracy (EPD), Un Bout des Médias, EDRi, EU Reporter, European Federation of Journalist (EFJ);

Account Twitter: Geoffroy Didier;

Profilo LinkedIN: Renate Schroeder;

Canali YouTube: European Commission, Un Bout des Médias.

Antonio Quarta

Redazione Il Corriere Nazionale

Corriere di Puglia e Lucania

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