La quercia disse al mandorlo: Parlami di Dio….  E il mandorlo fiori

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Il sentimento religioso dei cristiani manifestato attraverso la fede è una tematica che ha affascinato i cultori della vita religiosa ed ha attratto con una punta di curiosità gli studiosi di storia dell’umanità.

TTa pietà cristiana ha percorso un cammino i cui albori risalgono all’inizio del cristianesimo e sono da ricercarsi nell’opera evangelica della predicazione degli apostoli e dei discepoli “inviati e sparsi” per il mondo nella diffusione del messaggio carismatico affidato dal Messia. Il fervore mistico del popolo, evolvendosi con il sorgere dei centri religiosi e l’affermarsi dell’autorevole figura ieratica dei ministri, rappresentanti del Dio vivente, o affievolendosi con il venir meno della loro presenza per il sopravvento delle vicende naturali sull’animo umano, è durato consapevolmente nel tempo; dal secolo XVI, anzi, è stato maggiormente considerato dalla Chiesa, curando la crescita tra i fedeli, favorendone l’unione in associazioni e aggregazioni.

Risale a quel periodo storico la nascita delle Confraternite, compagnie di laici intenti a perseguire una vita morale e religiosa più consona ai dettami evangelici e disposti ad esercitare azioni dirette al sollievo del prossimo; la comparsa delle Misericordie, congreghe di persone buone e generose, dedite soprattutto all’assistenza di malati e viandanti, oltre che al soccorso di mendicanti e sventurati; la presenza delle Opere pie, istituzioni sorte con scopi religiosi nella formazione spirituale degli appartenenti e con finalità specificamente popolari di assistenza e beneficenza. In ognuna delle suddette forme associative sono principalmente presenti il fine spirituale e la formazione religiosa degli appartenenti. Dopo il Concilio di Trento svoltosi dal 1545 al 1563 la Chiesa, per avvalorare i principi dottrinali della Controriforma affermati dall’alto consesso tridentino e per ostacolare il dilagare delle eresie protestanti ad opera di Martin Lutero e seguaci, assecondò volentieri tali sodalizi religiosi.

Essi confacevano alla divulgazione della fede cattolica e ad una maggior consapevolezza dei cristiani verso i loro doveri spirituali, determinando anche un apporto coadiuvante l’azione pastorale degli ecclesiastici carente specialmente nei borghi e nei paesi. Pur se tra gli atti di notai che rogavano a Bitetto verso la fine del precedente secolo XV si hanno tracce di misteriori riferimenti ad una confraternita sorta sotto la protezione di Sancta Maria de Confratribus, le più remote congregazioni laicali, delle quali è documentata l’esistenza, sorsero sul finire del Cinquecento: quella del Santissimo e quella degli Affratati o Sacro Monte della Pietà. Mentre la Congrega del Santissimo era composta da agricoltori e “bracciali’, la Congrega della Pietà era, in un primo tempo, costituita da due rami, quello degli ecclesiastici e quello dei laici i quali, nell’anno 1636, si distaccarono dando vita ad una nuova, la Congregazione del Purgatorio, le cui norme furono direttamente impostate dal vescovo Sigismondo Tadei di Bitetto, cittadina che per sette secoli circa, in un lasso di tempo compreso tra il secolo XI e il secolo XVIII, è stata sede vescovile, nella quale si sono avvicendati quarantadue vescovi e un dardinale, Giovanni Salviati.

La Congregazione del Purgatorio era composta di galantuomini: persone probe e oneste, di indole serena, di illibata condotta, di buoni costumi e tutte native del luogo. Essendo uniformata anch’essa alle caratteristiche delle congregazioni laicali, nelle Regole del tempo si legge che il fine spirituale da tenere a base della vita degli associati era la loro formazione religiosa, la promozione del bene, l’invocazione della liberazione di tutte le anime dal Purgatorio, particolarmente quelle dei confratelli e dei benefattori; tra i fini di culto avevano a cuore la celebrazione dell’Ottavario dei morti nel mese di novembre e nella seconda settimana di maggio quella del Settenario alla Divina Maestà affinché liberasse “la città da  terremoti ed alri fagelli’, funzione questa che nella metà del 1700, consenziente il vescovo Angelo Maria Marculli, venne anticipata alla seconda settimana del mese di marzo e sostituita dal Settenario in onore della Vergine Addolorata, divenuta protettrice di Bitetto, per propiziare la buona riuscita dei prodotti dei campi nella fioritura di primavera, ad iniziare “dalla semina sino agli alberi dell’ulivo e del mandorlo, considerato che la nostra è una cittadina le cui radici affondano nella civiltà agro-contadina. Motivo esterno, ritenuto prodigioso, è il ricordo dei mandorli gelati dal freddo intenso nella notte del 13 marzo 1947 e, dopo ferventi preghiere, d’incanto rifioriti a seguito dell’intervento miracoloso della Vergine Addolorata.

E questo un avvenimento che la tradizione popolare ricorda essere avvenuto il giorno seguente, 14 marzo: pur non comprovato da attestati scientifici e non avvalorato da effettuate ricerche documentali, lo rievoca rivestendolo di un ‘aura miracolosa; il Settenario rappresenta, infatti, per il popolo bitettese, giorni di fede e di amore che ogni anno si rinnovano nella devozione a Colei “che tutto può A ricordo di tale avvenimento nel 1960, l’arciprete Francesco Occhiogrosso istitui la tradizione di benedire, il giorno 14 marzo, i ramoscelli fioriti di mandorlo portati in chiesa dai fanciulli e dai fedeli. Il Settenario dell’Addolorata, nel corso dei secoli, si è sempre svolto con cadenza primaverile nella settimana del mese di marzo che comprende i giorni 13 e 14. È un rito dotato ormai del fascino del tempo, essendo rimaste immutate le sue componenti, quali il canto iniziale “Stava Maria dolente” ; le cui mistiche ed accorate note, una volta apprese sin da piccoli, rimangono indelebili nella mente e radicate nel cuore, la rievocazione giomo per giorno, dei sette dolori di Maria attraverso “la predica” del quaresimalista, sacerdote che, dotato di facondia e di avvincente oratoria, svolgeva una serie di prediche durante tutto il corso della quaresima, la funzione della benedizione eucaristica svolta in forma solenne dall’arciprete circondato dai sacerdoti del Capitolo e da ministranti, impartita, oltre che dall’altare, dal sagrato esterno della cattedrale intenzionalmente a tutta la campagna in fiore.

Lo svolgimento del Settenario dell’Addolorata al tempo d’oggi, pur con qualche modifica come la celebrazione del rito eucaristico con omelia in sostituzione della funzione serale di benedizione preceduta dalla predica quaresimale, comporta e determina giorni di intima spiritualità, senza segni di solennità esterne, nei quali il cammino di fede s’intreccia a quello della speranza, nella carità di Cristo e nella clemenza materna della Vergine Maria. La sua celebrazione, sin dalla sua istituzione e col consenso vescovile, venne curata dalla Congregazione del Purgatorio, in seguito trasformatasi in Opera Pia, la quale si assunse anche l’onore di custodire la sacra effigie dell’Addolorata nella sua cappella, sormontata dall’enorme cupola “michelangiolesca” dall’inconfondibile manto di piastrelle verdi e gialle, in cui la medesima Opera Pia ha sempre celebrato le sue funzioni.

Marcario Giacomo

Editorialista de Il Corriere Nazionale

N.B. Spunti e riflessioni trattai da scritti e pubblicazioni del dott Fedele De Marco, sorico  dell’Opera Pia Purgatorio  di Bitetto

ph ortodacoltivare.it

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